"Mi difendono le mie sorelle non la polizia" Il collettivo Fuorigenere esprime solidarietà alla ragazza indagata.
18 Agosto 2023 - 17:25:42
Vogliamo esprimere la nostra solidarietà con chi ha deciso di
manifestare su un muro della città il suo dissenso alle politiche di
sicurezza messe in atto dall’amministrazione Biondi.
Riteniamo esagerata l’azione della polizia e della DIGOS, salutata dal
sindaco come segno della grande efficienza delle forze dell’ordine nel
contrasto di ciò che minaccia la tranquillità della città. Viene da
chiedersi quale sia il tipo di città che si sta proponendo e a quale
costo si ottenga questa “tranquillità”, oltre ai milioni di euro di
fondi pubblici spesi per mettere telecamere ovunque, guardando tutto, ma
osservando nulla.
Come già fatto notare di recente anche da altri collettivi che tengono
viva la zona dell’ex o.p. di Collemaggio, le misure di sicurezza messe
in atto dall’amministrazione, come telecamere e daspo, non fanno altro
che spostare la criminalità un po’ più in là: si nasconde sotto il
tappeto tutto ciò che non si vuol vedere, creando emarginazione e
ulteriore disagio e quindi, di fatto, peggiorando il problema.
Siamo pertanto d’accordo con le scritte che sono comparse in città:
anche per noi la sicurezza non si riduce all’installazione di telecamere
in città o al maggiore dispiegamento di agenti di polizia.
Non è un controllo autoritario e violento a fare la sicurezza di un
luogo, ma un tessuto sociale sano: una cittadinanza attiva, consapevole
e solidale e un’azione congiunta tra cittadinə e istituzioni che si
esprime nel rispetto delle diversità, nel rifiuto di ogni forma di
violenza, discriminazione e sopraffazione.
Come collettivo femminista, sappiamo benissimo cosa significano le
parole scritte su quei muri, sappiamo che l’affetto e la vicinanza delle
nostre sorelle, amiche e compagne ci proteggono e ci rendono meno solə.
Una rete capillare e permanente di movimenti, collettivi transfemministi
e centri antiviolenza ci tutela perché trasforma lo spazio pubblico,
attraverso pratiche sociali di contrasto alla violenza di genere e
quindi di resistenza. Questo ci rende più forti, non solo in quanto
singolə ma come comunità.
Sicurezza vuol dire anche strade ben illuminate e spazi pubblici
fruibili in tutta la città, non solo in specifiche vie del centro
dedicate principalmente alla passeggiata dei turisti. Il sindaco
dovrebbe occuparsi con altrettanta solerzia delle zone meno turistiche
del centro, così come delle periferie e frazioni della città che
chiedono spazi pubblici piacevoli, percorsi per pedoni e biciclette,
parchi e biblioteche: tutti servizi necessari per vivere la propria
città e non soltanto abitarla.
Ci chiediamo perché mentre si punta il dito, usando spesso un linguaggio
violento, contro una giovane che cerca di esprimere lo scontento di
tantə altrə che non si riconoscono più in una città e in un centro
storico ridotti ad una vetrina commerciale, si fa invece spallucce
davanti alla privatizzazione di spazi pubblici quali la scalinata
antistante la Basilica di San Bernardino o la facciata della Basilica di
Collemaggio, (che sono “beni comuni” e non “del Comune”) ? Perchè questi
luoghi vengono utilizzati per concerti a pagamento ( finanziati con i
soldi pubblici della ricostruzione), non accessibili a tuttə, e oscurati
da teli per evitare ai cosiddetti “furbetti” di godere di un po’ di
“cultura gratis” (!)?
Cosa definisce a questo punto il concetto di “vandalismo”? Chi sta
davvero danneggiando la città ed il suo tessuto sociale, culturale e
anche estetico? Una scritta su un muro o lo sfruttamento del territorio
e dello spazio pubblico per fini unicamente commerciali?
Sappiamo che spesso i muri bianchi nascondono il dissenso, come in
questo caso.
La questione è politica: in nome del decoro, strumento vile dietro al
quale si tenta di nascondere la realtà di una città con una sanità al
collasso, afflitta dalla disoccupazione e da una marginalità e un
disagio crescenti, si vuole punire chi osa criticare programmi e azioni
dell’amministrazione comunale. Questa si chiama REPRESSIONE, e noi la
rifiutiamo