08 Settembre 2023 - 18:43:13

di Martina Colabianchi

Difendere la denominazione del nostro vitigno significa tutelare le specificità della nostra regione in termini di biodiversità e peculiarità delle colture. Si tratta di un patrimonio unico che non siamo disposti a dissipare dopo decenni di impegni, sacrifici e dedizione da parte delle aziende agricole abruzzesi che sul vitigno a bacca nera hanno creduto e investito da tempo immemore, generazione dopo generazione“.

Così il vicepresidente della Regione Abruzzo con delega all’Agricoltura, Emanuele Imprudente, sull’utilizzo esclusivo del termine Montepulciano per le etichette dei vini abruzzesi, messo a rischio da un decreto ministeriale in corso di approvazione. In particolare, a suscitare lo scalpore anche del mondo vitivinicolo abruzzese, che ha sottoscritto un documento di indirizzo in contrapposizione con il decreto, è l’articolo 16 del DM “Etichettatura“, che introdurrebbe una liberalizzazione dell’uso dei vitigni in etichetta, senza alcuna eccezione.

Sebbene i principi portanti del decreto siano condivisibili – spiega Imprudente – l’utilizzo indiscriminato dei nomi dei vitigni nelle etichette dei vini DOC rischia di arrecare un danno economico assai rilevante ai viticoltori abruzzesi. Sono soddisfatto – continua – della grande unità di intenti mostrata da tutti gli attori del mondo vitivinicolo regionale nel redigere un documento ampiamente condiviso che ci consentirà di avere maggiore forza sui tavoli di concertazione nazionali. Insieme, istituzioni e Aziende agricole all’unisono – conclude il vicepresidente – faremo valere le nostre ragioni per difendere il legame indissolubile fra il vitigno Montepulciano ed il suo territorio, l’Abruzzo“.

Lo stesso Imprudente rappresenterà i produttori abruzzesi in sede di Conferenza Stato-Regioni, con l’obiettivo di ottenere il mantenimento del nome “Montepulcianoper i soli vini provenienti dalle DOC della regione Abruzzo. Per le denominazioni di altre regioni, al Masaf verrà richiesto il reinserimento del sinonimo “cordisco” per indicare il vitigno “montepulciano” nel Registro Nazionale Varietà delle Viti, già presente nel 1988 e poi scomparso misteriosamente nella trasformazione dello stesso da cartaceo ad informatico, al fine di tutelare la denominazione di origine protetta “Montepulciano d’Abruzzo” e per essa il termine-nome di vitigno “Montepulciano” da usi impropri dello stesso.

È bene sottolineare – continua Imprudente – che il settore vitivinicolo rappresenta il comparto agroalimentare di maggiore importanza per la nostra regione, interessando oltre 15 mila aziende viticole ed una superficie superiore ai 32 mila ettari, esclusivamente in coltura specializzata. La produzione di vino – spiega – mediamente si attesta sui 3,2-3,4 milioni di ettolitri/anno, ponendo l’Abruzzo tra le prime cinque regioni per importanza a livello nazionale. Saremo, dunque, al fianco del mondo produttivo – conclude il vicepresidente – per portare avanti con convinzione questa battaglia volta a salvaguardare il lavoro e il sacrificio dei nostri viticoltori“.

Non è accettabile che i produttori di vino che non siano abruzzesi possano utilizzare nelle loro etichette il la nostra denominazione “Montepulciano”. Ciò arrecherebbe un grave danno al nostro tessuto economico, turistico e della biodiversità. Per questo motivo sosteniamo con forza la battaglia del nostro vicepresidente della Giunta Regionale per modificare l’inciso del decreto ministeriale, in corso di approvazione, che liberalizza per tutto il territorio nazionale l’uso di una caratteristica tipica dei vini abruzzesi“. Così i consiglieri regionali teatino della Lega, Fabrizio Montepara e Sabrina Bocchino caldeggiano la posizione di Emanuele Imprudente.

Sosteniamo con forza la battaglia del nostro vicepresidente della Giunta Regionale per tutelare la denominazione Montepulciano, messa a rischio da decreto ministeriale in corso di approvazione – aggiungono i consiglieri regionali teramani della Lega, Simona Cardinali e Federica Rompicapo. Liberalizzare l’utilizzo di una precisa peculiarità di una cultura tutta abruzzese, senza alcuna eccezione anche da altri produttori non autoctoni, arrecherebbe un grave danno al tessuto economico, turistico e della biodiversità del nostro territorio“.