13 Ottobre 2023 - 16:54:11

di Martina Colabianchi

L’ex sindaco di Sulmona, Bruno Di Masci, è stato assolto dall’accusa di diffamazione nei confronti dell’ex consigliera Roberta Salvati. All’origine dell’accusa, un insulto sessista rivoltole da Di Masci durante un comizio all’interno di un esercizio commerciale.

Dalla sentenza è scaturita, ovviamente, l’indignazione della stessa Salvati e non solo. A far scalpore, oltre alle presunte motivazioni, espresse dall’ex sindaco, dietro l’utilizzo dell’epiteto sessista, anche il fatto che ad assolverlo sia stata una Giudice.

Dopo aver avanzato denuncia-querela per le offese ricevute da Di Masci, che mi additava come “quella zoccola della Salvati” dinanzi a molteplici persone riunite all’interno di un esercizio commerciale del centro di Sulmona, ho provveduto a costituirmi parte civile nel processo, con l’ingenuo auspicio di veder riconosciuta la lesione arrecata alla mia reputazione personale“, spiega Salvati in una nota.

Ebbene, – continua – con la pronuncia resa dal Giudice di Pace di Sulmona l’imputato é stato addirittura assolto per insussistenza del fatto contestatogli. In attesa che la Dott.ssa Gianna Cipriani renda le motivazioni della pronuncia spiegando le ragioni giuridiche di tutta questa indulgenza, per cui l’utilizzo dell’appellativo di “z……” non integrerebbe i presupposti del reato di diffamazione, non posso esimermi dal fare alcune considerazioni personali“.

“Ritengo, infatti, che l’impegno politico non dovrebbe mai giustificare l’uso di un linguaggio offensivo nei confronti dell’avversario, indipendentemente dal genere di appartenenza. L’uso di parole offensive e denigranti non ha nulla a che fare con la politica, costituendo, per contro, un vile tentativo di ledere l’onorabilità e la dignità di un individuo. Nel caso di specie, Di Masci si è difeso sostenendo che l’appellativo a me riservato é da lui spesso utilizzato, come ha affermato nel processo, e che doveva essere inteso in senso politico, avendo la sottoscritta più volte mutato schieramento. Per di più ha sostenuto che questo linguaggio, a Sulmona, sarebbe di uso comune”.

Sarà interessante comprendere – prosegue l’ex consigliera – se il Giudice di Pace farà proprio l’assunto di Di Masci, considerato che è agli atti del processo la prova che la sottoscritta, all’epoca delle offese, non aveva attuato alcun passaggio politico, cosa che, in ogni caso, avrebbe potuto, al più, giustificare l’appellativo di “voltagabbana”, ma non certo quello di “z……” che evidentemente evoca ben altre attitudini personali e non ha nulla a che fare con la politica! Nulla!“.

Lo sconcerto per la pronuncia resa si accresce se si considera che proviene da un Giudice donna. Invero, se da una parte le donne proseguono storiche lotte sociali per l’affermazione -ad ogni livello- dei principi di parità ed uguaglianza, è ormai dilagante il fenomeno della violenza di genere, tanto da imporre al legislatore la previsione di leggi sempre più severe e tutele più stringenti. E non è forse violenza verbale riferirsi ad una donna con simili espressioni? Come può la comunità politica sulmonese accettare di essere svilita fino a questo punto? Cosa ci dice questa sentenza? Ci dice che una donna impegnata in politica, da oggi, potrà essere insultata con termini sessisti e denigratori senza conseguenze, il che è grottesco, oltreché inaccettabile“.

La politica dovrebbe essere uno spazio in cui le persone sono giudicate ed anche criticate per le loro idee, il loro impegno e la loro capacità, ma ciò deve avvenire nel rispetto dell’altrui personalità. Continuerò la mia battaglia nelle sedi opportune, perché questo verdetto inaccettabile rappresenta un ulteriore affronto non solo alla mia onorabilità, di donna e madre, ma anche all’onorabilità di tante altre donne in qualsiasi ruolo e posizione sociale“, conclude.

Sostegno a Roberta Salvati arriva dal segretario regionale della Lega, Luigi D’Eramo, che commenta: “Il confronto politico non deve mai prescindere dal rispetto reciproco, aldilà della diversità di vedute. Che un giudice, peraltro donna, definisca un epiteto che ha una chiara connotazione come una metafora riferita alla sfera politica ci lascia quantomeno perplessi. La nostra solidarietà alla collega Roberta Salvati, offesa di nuovo da una sentenza che condona offese di genere e sessiste“.