16 Ottobre 2023 - 12:16:30

di Tommaso Cotellessa

Negli ultimi mesi, a seguito dei numerosi episodi di cronaca, in città si parla spesso del tema della sicurezza, la politica locale si sbraccia, si scontra o si nasconde, talvolta fomentando e talvolta negando le preoccupazione e le inquietudini generate dal crescente fermento legato alla violenza in città.

In questo contesto, spesso la narrazione viene quasi a prevalere sui fatti, si rischia di badare più alle interpretazioni, alla voglia di affermarsi di partiti e di esponenti politici desiderosi di tirare fuori dal cilindro la soluzione vincente che raccolga più consenso possibile, che alle esperienze vissute dai cittadini e ai loro effettivi timori. Si badi bene, quando parliamo del desiderio risolutivo proveniente dalla politica, facciamo riferimento non solo ad una pratica doverosa, ma auspicabile in sempre maggior numero, il fatto che qui vogliamo sottolineare è però un altro.

Nella situazione attuale infatti si potrebbe correre il rischio di accapigliarsi sulle svariate soluzioni possibili distogliendo l’attenzione dai problemi e dalle criticità fattuali.

Per tentare di riavvicinarsi proprio a tale problematica abbiamo deciso di dare spazio alla segnalazione di una nostra lettrice. Ciò che scriviamo lungi dal voler diffondere terrore o dal voler cavalcare narrazioni enfatizzanti, ma vuole piuttosto tentare di rispondere alla necessità di raccontare la condizione, in questo caso di una ragazza, di chi vive una città che si è sempre percepita come il placido capoluogo immerso nell’appennino e invece si ritrova più o meno consapevolmente tra le paure e i timori legati ad un oscillante senso di sicurezza.

I fatti che raccontiamo, come già detto ci sono stati riferiti da una lettrice che ha preferito rimanere anonima, e risalgono alla sera di venerdì scorso.

La ragazza che ha segnalato l’episodio era uscita con due amiche. Le tre ragazze attorno alle 22:30 si trovavano lungo via della Genca per raggiungere i luoghi più frequentati delle serate aquilane. Ricordiamoci che parliamo di una via centrale, a due passi dalla Fontana Luminosa, in un giorno della settimana in cui il centro si riempie di persone di tutte le età.

Le tre ragazze nell’imboccare la salita che incrocia via Garibaldi sono state avvicinate da due auto con all’interno alcuni ragazzi. D’improvviso una delle auto le ha accostate e uno dei ragazzi presenti all’interno dell’abitacolo ha preso ad urlare e dopo aver abbassato il finestrino, stendendo il braccio, ha tentato di palpare una delle ragazze. Prontamente lei, scossa dal gesto, si è allontanata ammonendo l’uomo, il quale è sceso dal veicolo avvicinandosi alle tre giovani.

Le tre ragazze hanno preso a correre impaurite fino a quando, giunte a metà della strada, hanno cominciato a scorgere le luci blu di una volante della polizia appostata nei pressi di piazza S. Maria Paganica.

Nel vedere in lontananza il presidio degli agenti il ragazzo, dopo aver seguito per alcuni metri le tre, ha desistito tornando dai suoi compagni appostati nelle auto.

Quello che vi abbiamo raccontato è un episodio che, verrebbe da dire per fortuna, potrebbe apparire di secondo piano, una storia che come direbbe il cantautore “non merita nemmeno due colonne sul giornale“. Ma non dimentichiamo che possiamo permetterci il lusso di annoverare quanto accaduto come un raccontino da ultime pagine solamente perché l’esito, per buona sorte delle ragazze, è stato positivo ma non possiamo sapere quale sarebbe potuto essere l’epilogo dei fatti se il ragazzo non fosse stato intimorito dal presidio delle forze dell’ordine.

Inoltre non possiamo negare i timori e le preoccupazioni che possono scaturire in un qualsiasi individuo in seguito ad episodi di questo genere, in particolar modo in una giovane ragazza.

Episodi come questo possono avvenire ogni sera, e di certo moltissimi sono quelli non raccontati che rischiano di rimare sommersi o nascosti. Non è il momento né del terrore, né della ricerca alla coccarda per miglior vigilantes, ma è piuttosto il momento del realismo e dei fatti. Un realismo scevro di secondi fini ma volto a rispondere ad una condizione esistente e tutt’altro che trascurabile.