20 Gennaio 2024 - 11:40:35
di Martina Colabianchi
“La sentenza con cui il Tar Lazio ha respinto il ricorso del Comune di Sulmona sul metanodotto Sulmona Foligno è illogica e totalmente non condivisibile. Il Tar, infatti, sostiene la tesi secondo cui la Valutazione di Impatto Ambientale per il metanodotto e per la centrale Snam di Sulmona è “eterna”, in aperto contrasto con una sentenza del Consiglio di Stato (n.3937 del 2020) la quale ha sancito che per tutti i progetti, compresi quelli presentati prima del 2008, come quello della Snam, vale la scadenza di cinque anni. Se l’opera non viene realizzata entro questo termine la VIA va ripetuta. E questo è proprio il caso del progetto della Snam, perché sono passati ben tredici anni dalla emanazione della VIA!“.
Così, in una nota, i Comitati cittadini per l’ambiente e il Coordinamento No Hub del Gas. Questi chiedevano che venisse rifatta la Valutazione di Impatto Ambientale, come ha stabilito una sentenza del Consiglio di Stato del 2020 la quale ha sancito che la durata della VIA deve essere di 5 anni per tutte le opere, anche quelle presentate prima del 2008, come nel caso del progetto Snam. La VIA della centrale e quella dei tre tronchi in cui la Snam ha suddiviso il metanodotto risalirebbero a quasi 13 anni fa.
Citano, a tal proposito, il Consiglio di Stato: “…si rivela del tutto illogico e contrario al sistema delineato negli anni dal legislatore, anche sulla base del principio di massima precauzione in materia ambientale, ritenere che i provvedimenti VIA antecedenti all’entrata in vigore del d.lgs n. 4 del 2008 possano avere efficacia sine die, sebbene i relativi progetti non siano stati ancora realizzati, mentre provvedimenti molto più recenti abbiano una durata limitata nel tempo (…). In altri termini, il Collegio ritiene che un provvedimento VIA, in qualunque momento adottato, a maggior ragione se adottato in epoca remota, debba ontologicamente avere una efficacia temporale limitata e non essere ritenuto avere efficacia sine die, per cui, non essendo l’efficacia temporale individuata nel decreto 844 del 2010, può presumersi che la stessa debba intendersi di cinque anni e che, in ogni caso, a distanza di molti anni, in un contesto necessariamente mutato, sia venuto meno”.
“Come ognuno può constatare, si tratta di argomentazioni di una chiarezza cristallina – proseguono -. Nel caso Snam il contesto in cui, il 7 marzo 2011, fu emanato il decreto VIA è mutato radicalmente: il cambiamento climatico, i cui effetti disastrosi sono sotto gli occhi di tutti, ci impone di abbandonare rapidamente l’uso dei combustibili fossili; la presenza dell’Orso bruno marsicano, nell’area di Case Pente, all’epoca non era ancora stata accertata dal Parco Nazionale della Maiella; i terremoti, e recentemente anche le alluvioni, hanno continuato a colpire tragicamente i territori dell’Appennino attraversati dal gasdotto ma il “principio di massima precauzione”, giustamente richiamato dal Consiglio di Stato, non è mai stato preso in considerazione dalla Snam“.
“Auspichiamo, pertanto, – continua ancora la nota – che il Comune di Sulmona non si fermi davanti a questa sentenza iniqua ma proponga ricorso al Consiglio di Stato. Ricordiamo, inoltre, che al Tar Abruzzo pende ancora un ricorso del Comune contro la Regione in relazione ai lavori della centrale“.
“Ciò che sorprende maggiormente è l’insistenza della Snam per un’opera anacronistica e del tutto inutile. Il progetto relativo al metanodotto Linea Adriatica e alla centrale di Sulmona risale a 20 anni fa, quando si pensava che il consumo di metano in Italia dovesse superare i 100 miliardi di metri cubi. Ma così non è stato. Dopo un picco massimo di 86,3 miliardi di mc nel 2005, è iniziata una irreversibile discesa fino ad arrivare ai giorni nostri a circa 60/62 miliardi di metri cubi, che è l’obiettivo che l’Italia ha stabilito di raggiungere nel 2030! E tutte le previsioni ci dicono che nei prossimi anni i consumi di gas scenderanno ancora”.
“In un Paese come il nostro, che ha un estremo bisogno di investire nella sanità, nell’istruzione, nei servizi sociali, nella messa in sicurezza del territorio, sperperare 2 miliardi e 500 milioni per un’opera dannosa e che non serve assolutamente a nulla è un vero e proprio crimine economico“, concludono.