Disturbi alimentari: Pezzopane, “Comune intervenga su Governo”
22 Gennaio 2024 - 09:01:45
di Redazione
“Il governo ha eliminato il fondo specifico di 25 milioni di € istituito nel 2021 dedicato alla cura dei disturbi alimentari, un atto di grave cinismo che condanniamo ed insieme chiediamo di ripristinarlo subito e semmai di aumentarlo, perché persone e famiglie che vivono questa condizione sono disperate ed arrivano segnali di giusta protesta che non possono rimanere inascoltate”.
Lo scrive la consigliera comunale Stefania Pezzopane che ha presentato un odg a sua prima firma e sottoscritto da tutte le consigliere e consiglieri di opposizione, Stefano Albano, Stefano Palumbo, Paolo Romano, Simona Giannangeli, Lorenzo Rotellini, Elia Serpetti, Emanuela Iorio, Alessandro Tomassoni, Massimo Scimia, Enrico Verini, Gianni Padovani, che impegna il sindaco e l’amministrazione comunale ad esprimersi formalmente nei confronti del Governo e della Regione affinché si provveda nel più breve tempo possibile al rifinanziamento del Fondo per il contrasto dei Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione e all’emanazione dei decreti attuativi necessari per l’inserimento dei disturbi alimentari nel Livelli Essenziali di Assistenza (Lea).
“Anche L’Aquila vive questi problemi e la notizia della soppressione del fondo ha gettato tante e tanti nello sconforto – prosegue – I disturbi del comportamento alimentare o e dell’alimentazione e della nutrizione sono un gigantesco contenitore al cui interno si collocano manifestazioni e patologie differenti tutte quante accomunate da una grande sofferenza psicofisica e da un rapporto conflittuale e faticoso con il cibo, che è ovviamente la spia di dinamiche psicologiche estremamente complesse; se non trattati in tempo e con metodi adeguati, i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione possono diventare una condizione permanente e compromettere seriamente la salute e, nei casi gravi, portare alla morte. Purtroppo questi disturbi rappresentano un importante problema di salute pubblica, visto che per l’anoressia e per la bulimia, negli ultimi decenni, c’è stato un progressivo abbassamento dell’età di insorgenza, tanto che sono sempre più frequenti diagnosi in età preadolescenziale e nell’infanzia; secondo i dati dalla survey nazionale del Ministero della salute 2019-2023, che incrocia fonti diverse, Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO), accessi ai centri specializzati e alla specialistica ambulatoriale, al pronto soccorso e le esenzioni, sono oltre 3 milioni le persone in Italia in cura per anoressia, bulimia e binge eating”.
In particolare, nel 2019 i casi di disturbi alimentari (anoressia, bulimia e binge eating) intercettati sono stati 680.569, balzati a 879.560 nel 2020, a 1.230.468 nel 2021 e a 1.450.567 nel 2022; anche i dati Rencam regionali (Registro nominativo cause di morte) sono purtroppo molto alti, il dato Rencam del 2023 rileva complessivamente quasi 4mila decessi con diagnosi correlate ai Disturbi della Alimentazione e della nutrizione, con una variabilità più alta nelle regioni dove sono scarse o addirittura assenti le strutture di cura e con una età media di 35 anni, che significa che una alta percentuale di questo numero ha una età inferiore a 25 anni; si tratta di dati sottostimati e incompleti visto che molte persone oggi non arrivano alla presa in carico e alle cure necessarie a causa di una grave carenza di strutture presenti sul territorio nazionale; si tratta di un’epidemia nascosta che si fronteggia con una rete di cura del Servizio sanitario nazionale che retrocede, a fronte del galoppante aumento dei casi.
Dopo la pandemia 38 strutture specializzate non sono state mai riaperte – denuncia Pezzopane – Nel 2019 erano 164, nella rilevazione dell’istituto superiore di Sanità del 2022 sono 126 strutture sparse su tutto il territorio nazionale, di cui molte erogano un servizio parziale. Di queste, 63 centri sono al Nord (20 in Emilia-Romagna), 23 al Centro Italia e 40 tra Sud e Isole. Tra le 126 strutture 112 sono pubbliche (appartenenti al Servizio sanitario nazionale – Ssn) e 14 appartenenti al settore del privato accreditato e comunque solo il 48 per cento del totale dei centri ha dichiarato di prendere in carico i minori fino a 14 anni; mentre la fascia pediatrica della popolazione, in costante aumento di casi vede solo pochissimi reparti dedicati in tutta Italia.
“Una mancanza di presa in carico immediata genera casi gravi già dalla preadolescenza – aggiunge –
secondo il numero verde nazionale Sos Disturbi Alimentari nei suoi 12 anni di attività le richieste di aiuto sono aumentate prima progressivamente e poi nell’ultimo anno vertiginosamente. Sono oltre 3 milioni i pazienti in cura (3.678.362 per l’esattezza, di cui 1,4 milioni di nuovi casi solo nel 2022). La metà soffre di anoressia, il 20,2 per cento di obesità, il 19,9 per cento di bulimia nervosa e l’1,9 per cento di Arfid, il disturbo evitante-restrittivo dell’assunzione di cibo, l’ultimo inserito nelle tabelle sanitarie, dieci anni fa;
sempre al numero verde, è stato accertato che sono in maggioranza le donne (87 per cento) a utilizzarlo. Il 51 per cento delle persone che si rivolge al servizio di counseling gratuito e anonimo della Presidenza del Consiglio, in precedenza, non aveva mai chiesto aiuto. Per molti è il primo difficile passo, l’unico sollievo dalla solitudine della propria condizione di sofferenza. Il 47 per cento delle chiamate arriva da parte dei genitori, il 44 per cento dagli interessati. Nel 9 per cento dei casi sono amici e partner a cercare conforto e a richiedere il primo accesso virtuale all’offerta di cura”.
“La scarsa presenza di centri specializzati e la loro non omogenea collocazione sul territorio nazionale non permette una reale, adeguata e tempestiva presa in carico di questi giovani e delle loro famiglie – sottolinea – la mancanza di strutture adeguate fa sì che molto spesso le famiglie vengano lasciate sole ad affrontare le prime fasi di questo dramma, innescando di fatto un peregrinare in cerca di luoghi di cura per l’Italia e solo successivamente, quando la situazione il più delle volte è ormai compromessa si arriva ad una presa in carico della persona e del suo nucleo familiare. Attualmente i posti letti a disposizione per gli eventuali ricoveri sono nel complesso in Italia, tenendo conto degli ospedali, delle comunità e dei centri diurni, solo circa 900 e di questi l’85 per cento è collocato al Nord Italia e, di certo, non può rispondere ai bisogni di cura di circa tre milioni e mezzo di italiani affetti da anoressia, bulimia e dipendenze da cibo. Si tratta di un numero infinitesimale rispetto ai reali bisogni effettivi e, molte volte, vista la giovane età delle persone coinvolte e in relazione alla gravità del quadro clinico si ricorre al ricovero presso i reparti di pediatria e medicina generale e purtroppo ormai sempre più spesso ai reparti di psichiatria; la metà delle regioni non ha una rete completa di assistenza, che dovrebbe prevedere quattro livelli: ambulatori specializzati nei disturbi alimentari, che assorbono il 60 per cento della richiesta, servizi semiresidenziali (centri diurni dove le persone possono fare i propri pasti), servizi residenziali extraospedalieri h24 che dovrebbero garantire una presa in carico della persona dai 3 ai 5 mesi, e infine i servizi ospedalieri che prevedono il ricovero salvavita per chi rifiuta le cure, e la nutrizione artificiale; nel 2018 il Ministero della salute, su forte sollecitazione delle associazioni dei familiari e degli operatori sanitari, che necessitano di strumenti pratici in una tematica in cui ancora oggi, purtroppo, esiste una estrema disomogeneità di cura e trattamento sull’intero territorio nazionale, ha elaborato un documento inerente l’istituzione di un vero e proprio «codice lilla» al momento dell’accettazione al pronto soccorso di persone con disturbi della nutrizione dell’alimentazione. Il documento offre indicazioni operative in un’ottica multidisciplinare anche tenuto conto del fatto che l’accesso al pronto soccorso può rappresentare un’occasione per intercettare una persona che soffre di disturbi della nutrizione e dell’alimentazione e avviarlo così verso un percorso terapeutico; ad oggi ancora non c’è traccia di applicazione del Codice Lilla così come era stato pensato e voluto. La sperequazione tra l’offerta assistenziale e la domanda di cura è stata la grande artefice dell’importante numero di morti che in questi anni si sono verificati a causa dei disturbi alimentari”.
In media in Italia per disturbi alimentari muoiono circa 3000 ragazzi, nel 2020 a causa nella pandemia da COVID-19 i morti sono stati circa 5000.
“L’incremento drammatico è dovuto di certo all’aumento della prevalenza della malattia causa Covid, ma anche a causa del fatto che l’esile tessuto assistenziale presente sul territorio non ha retto l’emergenza sanitaria – prosegue – Un primo passo per tentare di invertire la tendenza caratterizzata da pochi strumenti e molta solitudine vissuta dalle famiglie, dai pazienti e dagli operatori del settore ed iniziare ad immaginare una cura diffusa sul territorio, inclusiva e innovativa con l’obiettivo di ridurre drasticamente la mortalità di tale patologia è stata l’approvazione di un emendamento alla legge di bilancio 2022 (legge 30 dicembre 2021 n. 234) che inserisce le prestazioni relative ai disturbi della nutrizione dell’alimentazione all’interno dei livelli essenziali di assistenza (Lea) al di fuori del capitolo della «salute mentale» con un budget autonomo ampliando la possibilità di erogare prestazioni e servizi. In attesa dell’aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza la Legge di bilancio 30 dicembre 2021, n. 234 ha previsto l’istituzione, presso il Ministero della Salute, di un Fondo per il contrasto dei Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione con dotazione di 25 milioni di euro per gli anni 2022 e 2023 che ha consentito il finanziamento di Piani di intervento regionali e provinciali volti al miglioramento dell’assistenza alle persone con disturbi dell’alimentazione e della nutrizione, sia in termini di efficacia clinica che di adeguamento organizzativo, garantendo quanto già raccomandato in letteratura dalle Linee Guida, dalle raccomandazioni espresse dalla Comunità scientifica a livello nazionale ed internazionale e dai documenti di indirizzo del Ministero della Salute. Inoltre, grazie alla medesima legge di bilancio i disturbi alimentari verranno riconosciuti in una categoria a sé stante nei Lea (Livelli essenziali di assistenza), con un budget autonomo da quello destinato alla cura delle patologie psichiatriche: questo consentirà finalmente di erogare prestazioni e servizi gratuiti (o dietro pagamento di un ticket) attraverso il Ssn; dopo l’inserimento nei Lea sarebbe altresì opportuno includere il «Disturbo da alimentazione incontrollata» (Binge Eating Disorder) nell’elenco delle patologie croniche invalidanti per le quali è prevista l’esenzione”.
“L’ultima legge di bilancio, approvata nel dicembre 2023, ha azzerato le disponibilità finanziarie del suddetto Fondo per il contrasto dei Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione, mettendo in discussione l’intera struttura di assistenza e prevenzione costituitasi grazie alle risorse messe a disposizione del Fondo stesso. Inoltre non sono ancora stati emanati i decreti attuativi per inserire ufficialmente i disturbi alimentare dei Lea (Livelli essenziali di assistenza)”, conclude.