Giustizia, ANF: macchina malata, pericolo di un sempre maggiore distacco dai cittadini

27 Gennaio 2024 - 18:18:49

“La macchina della giustizia è in questo momento malata e le terapie
attualmente in atto non stanno funzionando”. Il che si traduce in “un
sempre maggiore distacco dei cittadini dalla Giustizia”, rassegnati a
non vederla più come una risoluzione dei loro problemi. E’ il grido
d’allarme lanciato da Giampaolo Di Marco, segretario generale
dell’Associazione Nazionale Forense, in occasione dell’inaugurazione
dell’anno giudiziario presso la Corte d’Appello de L’Aquila.

Di Marco ricorda che proprio pochi giorni fa le Sezioni Unite della
Suprema Corte di Cassazione hanno ricordato che l’esercizio della
giurisdizione non può svolgersi “senza la reciproca e continua
collaborazione tra avvocati e magistrati, che si deve fondare sul
principio di lealtà”. Ed è in questo senso che il segretario generale
lancia un appello a tutte le professionalità della giustizia:
“L’Avvocatura ha sempre offerto la propria disponibilità a lavorare
assieme su obiettivi comuni”, disponibilità che “è stata spesso raccolta
dagli altri attori del sistema Giustizia, ma talvolta si sono perse
delle occasioni importanti”.

Il primo tema “sul quale tutti i professionisti del diritto potrebbero
confrontarsi è quello dell’accesso alla Giustizia, che negli ultimi anni
vediamo sempre più compresso. Dalla fine della crisi pandemica in avanti
assistiamo, anche visivamente, ad una desertificazione dei Tribunali e
ad un sempre maggiore distacco dei cittadini dalla Giustizia”, constata
Di Marco. “Negli ultimi decenni la risposta politica alla lentezza dei
processi è sempre stata nel senso di scoraggiare l’accesso alla
giustizia, con nuove condizioni di procedibilità, sanzioni processuali,
formalismi previsti a pena di decadenza”.

A questo “si aggiunge una sempre maggior tendenza ad una
cartolarizzazione dell’amministrazione Giustizia, ad una perdita di
importanza dell’udienza come momento centrale per la risoluzione delle
controversie, persino ad una rinuncia ad utilizzare gli spazi degli
uffici giudiziari come luoghi di confronto pubblico”. Il “frutto
avvelenato di queste politiche è la perdita di centralità sociale della
Giustizia, il fatto che i cittadini si rassegnino a non considerarla più
uno strumento utile alla risoluzione dei loro problemi”.

Di Marco tende una mano ai magistrati: “L’aumento delle forme di
partecipazione degli avvocati nei consigli giudiziari e nelle
valutazioni di professionalità è un arricchimento culturale per tutti,
nell’ottica di rendere più partecipate le procedure di valutazione”. E
“l’utilizzo di sistemi di misurazione oggettivi delle performance è un
importante elemento di trasparenza. Non dobbiamo avere paura dei
numeri”. L’Associazione Nazionale Forense “crede indispensabile
consentire all’Avvocatura una maggiore partecipazione all’attività
organizzativa degli uffici giudiziari, dando seguito alle esperienze di
buone prassi già esistenti in diversi Tribunali, con l’istituzione di
cabine di regia per l’organizzazione dell’esercizio della
giurisdizione”.

Di Marco riflette anche sui sistemi di intelligenza artificiale, che
“potranno certamente essere utilizzati come strumenti a supporto
dell’attività legale”. Occorre però, “che la fase decisionale, così come
l’esercizio delle funzioni difensive restino ad esclusivo appannaggio di
giudici e avvocati umani, che potranno beneficiare di strumenti evoluti,
ma solo in funzione di supporto e comunque sempre in modo trasparente e
mai con modalità sostitutive”.

Un ultimo passaggio ANF lo dedica proprio all’Abruzzo: “Desertificare la
legalità in alcuni territori significa dimezzare la capacità di
resilienza di quelle realtà locali a fenomeni criminali ormai evidenti
che solo una Giustizia efficiente e prossima, insieme ad un recuperato
senso del bene comune da parte dei cittadini, può impedire di radicarsi.
Occorre che i progetti di legge in corso di esame trovino la massima
condivisione dando prova di un vero interesse ad una Giustizia abruzzese
modello anche per altre realtà del Paese”, conclude Di Marco.
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