31 Gennaio 2024 - 12:03:31
di Martina Colabianchi
Torino, 1985, inizia il maxi processo alla Mafia Catanese, 242 imputati, il presidente della corte d’Assise è Elvio Fassone, tra gli imputati, Salvatore (un nome di fantasia) che sarà condannato all’ergastolo.
L’incontro di due storie vere, completamente diverse l’una dell’altra e opposte che trovano un punto di unione, da qui nasce “Fine Pena Ora” che sarà in scena allo Spazio Nobelperlapace domenica 4 febbraio ore 18, all’interno della 16ª Rassegna Strade.
Lo spettacolo è la trasposizione teatrale dal libro omonimo del giudice Fassone che racconta la corrispondenza epistolare durata 34 anni tra lo stesso presidente della Corte, ed ex componente del Consiglio Superiore della Magistratura e uno degli imputati, storia realmente accaduta dove l’autore ricostruisce il quarantennale rapporto con quell’uomo che ha condannato senza abbandonare.
“Questa storia ci insegna che un punto di incontro esiste sempre, anche tra mondi distanti e impossibili. Il filo del dialogo esiste sempre. Questa è in fondo la vera ragione per cui ho creduto così tanto in questo lavoro – spiega Simone Schinocca, regista dello spettacolo -. Focus centrale dell’adattamento è il racconto dell’incontro umano tra il Presidente e Salvatore. Due mondi apparentemente inconciliabili, opposti e contrapposti che in 34 anni di corrispondenza diventano punto di riferimento l’uno per l’altro”.
Oltre alla messa in scena del libro, la drammaturgia dello spettacolo è frutto di una serie di interviste a Fassone, dove l’autore ha raccontato l’evoluzione della sua amicizia con Salvatore negli anni successivi la pubblicazione del libro
Tutto nasce da come il giudice Fassone gestisce il processo, alla fine di ogni udienza incontra gli imputati per le necessità della vita e Salvatore chiede di poter andare a visitare la madre. Il giudice lo concede e decide che all’imputato vengano tolte le manette al momento dell’incontro. Questo atto di fiducia, di rispetto della dignità, crea un primo legame e da lì inizia un rapporto umano.
Tre attori in scena, Salvatore D’Onofrio, Costanza Maria Frola e Giuseppe Nitti. Il pubblico viene proiettato nella cella di Salvatore (interpretato da Salvatore D’Onofrio), ormai cinquantacinquenne che ha già scontato oltre trent’anni della sua pena e che sente di non riuscire più a sostenere una vita in carcere senza possibilità di uscita.
Come si può placare una condanna del genere? Con delle lettere e un’amicizia inaspettata.
Fassone accompagna l’ergastolano in tutte le vicende della sua vita, nei suoi cambiamenti, lo accompagna nel suo dolore, mostrandogli anche la strada per la speranza. Lo spettacolo parla alle nostre vite e diventa messaggio universale, perché uno spazio di umanità, di possibilità e di speranza è sempre possibile, anche quando tutto sembra dirci il contrario.