16 Febbraio 2024 - 10:55:19

di Redazione

Una drastica riduzione di personale che porterà al licenziamento di 10 donne su 12 dipendenti della Rc Solution, una piccola azienda metalmeccanica con sede al Tecnopolo d’Abruzzo che produce cavi, connettori, componentistica elettronica e, tra i suoi clienti, vanta anche aziende controllate dallo Stato.

A denunciare la difficile situazione delle 10 lavoratrici, questa mattina, davanti ai cancelli del Tecnopolo, sindacati e lavoratori dell’azienda.

I licenziamenti sono stati annunciati con comunicazione ufficiale lo scorso 15 dicembre, quando la Rc Solution ha confermato la sua volontà di voler procedere a una drastica riduzione del personale nello stabilimento aquilano.

“A dicembre abbiamo avuto questa sorpresa del licenziamento collettivo, sono state fatte tutte le fasi sindacali e amministrative anche con l’ufficio Crisi aziendali della Regione che ha chiesto di provare ad aprire una cassa integrazione straordinaria, cosa che l’azienda non ha voluto fare dicendo che non ci sono i presupposti – ha detto Giampaolo Biondi della Fim Cisl – Non c’è nessun margine, l’unica cosa che ci aspettiamo sono solo i licenziamenti, con le conseguenti vertenze che si apriranno nei confronti dell’azienda. Il problema è anche a livello economico perché ancora non vengono pagate le retribuzioni delle mensilità di novembre, dicembre e gennaio, quindi parliamo di 3 mesi senza stipendio, considerando inoltre che le mensilità di settembre e ottobre sono state pagate a metà gennaio. Le lavoratrici hanno passato il Natale senza un centesimo in tasca. I vertici dell’azienda che sono stati chiari nel dire che la parte produttiva per loro non è più interessante ma lo è solo una parte di vendita del materiale per cui le due persone che rimarrebbero, se rimarranno, avrebbero solo una parte di vendita e pochissima produzione”. 

I sindacati hanno sottolineato, inoltre, che le lavoratrici a partire dal 2018, per volere dell’azienda, “hanno dovuto sottostare a una riduzione dell’orario di lavoro con conseguente impatto sul salario, sui contributi previdenziali e anche sull’indennità di Naspi che percepiranno da licenziate”.

“Un impatto negativo ovviamente da un punto di vista retributivo ma chiaramente anche dal punto di vista contributivo– ha sottolineato Elvira De Santis di Fiom Cgil – Con uno stipendio più basso vengono versati meno contributi ovviamente. Ci riempiamo spesso la bocca di occupazione giovanile e femminile  che va tutelata, e invece qui abbiamo 10 donne giovani che si ritrovano senza lavoro. Bisogna tenere presente che questa azienda che butta fuori 10 lavoratrici ha tra i suoi clienti aziende partecipate dallo Stato. Inoltre, solo due dipendenti come potrebbero portare avanti la produzione?”.