19 Febbraio 2024 - 12:21:01

di Martina Colabianchi

Mentre l’ennesima invernata avara di neve si incarica di dimostrare quanto poco fondate siano le speranze di rilanciare un settore, come quello dello sci, ormai condannato a sopravvivere solo grazie allo spreco di fondi pubblici, le Associazioni scriventi tornano a portare all’attenzione della stampa il caso del cosiddetto “stadio del fondo” ai Piani di Pezza. Non vorremmo, infatti, che il silenzio su questa vicenda possa preludere a una sorta di “condono”, favorito dal periodo elettorale in cui sia la Regione che il Comune di Rocca di Mezzo sono coinvolte“.

Così le associazioni ambientaliste Altura Abruzzo, CAI Abruzzo, Dalla parte dell’Orso, FederTrek, Forum Ambientalista, Forum H2O, Italia Nostra Abruzzo, LIPU Abruzzo, Pro Natura, Salviamo l’Orso, Gruppo di Intervento Giuridico e Stazione Ornitologica Abruzzo, tornano sulla complessa questione ambientale relativa al cosiddetto Stadio del Fondo ai Piani di Pezza. I lavori, lo ricordiamo, prevedono la realizzazione di una infrastruttura finalizzata a uno stadio di sci da fondo con funzione di campo scuola o di riscaldamento per gli atleti, insieme ad altri lavori annessi. 

Le associazioni, da sempre contrarie all’opera, ricordano all’interno del comunicato che “quando, intorno alla metà di luglio 2023, iniziarono i lavori di scavo nel cantiere, poi sospesi il 26 dello stesso mese, all’iter procedurale del progetto, e quindi alla sua legittimità formale, mancavano i seguenti adempimenti, per quello che è a nostra conoscenza:

  • la titolarità dell’area da parte del Comune di Rocca di Mezzo, dato che la zona dei Piani interessata dai lavori è soggetta a uso civico e oltretutto nel patrimonio della frazione di Rovere;
  • la variante al Programma di Fabbricazione richiesta dalla Provincia in sede di Conferenza dii Servizi e la conseguente Valutazione Ambientale Strategica;
  • la verifica di assoggettabilità a VIA richiesta dalla legge, redatta a quanto sembra dai tecnici incaricati, ma non ufficializzata;
  • la “validazione” del progetto ai sensi dell’art. 26 del D.lgs 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) (documento richiesto con istanza di “accesso agli atti” dal Segretario nazionale di Italia Nostra in data 17 novembre 2023 e non fornito fino ad ora dal Comune, quindi presumibilmente assente);
  • la delibera di approvazione da parte del Consiglio comunale del progetto esecutivo e, con tutta probabilità, anche la precedente delibera di approvazione del progetto preliminare (anch’esse assenti in atti);
  • la delibera di approvazione della VIncA da parte del Comune di Rocca di Mezzo (e tantomeno la sua trasmissione al competente Ufficio Regionale);
  • e… conseguentemente, la concessione ai portatori di interesse dei 30 giorni necessari per le osservazioni di rito sulla VIncA”.

L’impegno maggiore del Comune di Rocca di Mezzo – proseguono – si è indirizzato in via prioritaria a cercare di risolvere le carenze della procedura VIncA, a motivo delle quali erano stati sospesi i lavori. Dopo una prima fase di gestione in proprio, comprensiva dei tempi per le osservazioni, il 12 ottobre dello scorso anno il Comune, “vista la situazione dovuta all’incompleta procedura V.Inc.A.” e dando seguito ad un esplicito invito della Regione datato 3 agosto, decise di attivare apposita istanza presso quest’ultima, rinunciando alla subdelega “solo per la pratica in oggetto”. Ma sempre sulla base, aggiungiamo noi, di uno studio di incidenza solo ed esclusivamente compilatorio. Tale superficialità di analisi è quindi rimasta, nonostante le controdeduzioni di rito alle nostre osservazioni, tanto che il Comitato CCR-VIA della Regione, nel suo parere del primo febbraio, ha esplicitamente richiesto di integrare tale studio con i risultati dei citati, ma non pubblicati, monitoraggi floro-faunistici (se realmente effettuati)“.

Sul problema della titolarità dell’area il Comune di Rocca di Mezzo ha cercato una soluzione firmando una convenzione con la precedente dirigenza dell’ASBUC di Rovere in base alla quale, insieme alla parziale soluzione di altre pendenze in materia, il Comune avrebbe ottenuto in concessione l’area per trent’anni in cambio del pagamento di un canone annuale. Peccato, per il Comune, che la precedente Amministrazione di Rovere era in regime di “prorogatio” e non avrebbe quindi potuto approvare nulla che non fosse di ordinaria amministrazione. Pertanto la nuova dirigenza dell’ASBUC ha respinto tale accordo, riportando il problema ai suoi termini iniziali“.

Sulla mancata redazione di una specifica variante al Programma di Fabbricazione, e della conseguente VAS, richiesta dalla Provincia, – continuano ancora le associazioni – l’Area tecnica del Comune, basandosi forse su una onerosa consulenza giuridica da 35.000 euro da parte di uno studio legale romano (determina 794/2023), ne ha affermato la legittimità in applicazione dell’art. 19 del testo Unico sugli Espropri (D.P.R. 327/2001). Il quale articolo afferma che “L’approvazione del progetto preliminare o definitivo da parte del consiglio comunale, costituisce adozione della variante allo strumento urbanistico” “.

Prima logica osservazione: è tutto da dimostrare che una norma finalizzata a facilitare opere pubbliche per le quali siano necessarie operazioni preliminari di esproprio, sia applicabile anche in un caso come questo, in cui sono addirittura coinvolti beni soggetti a uso civico. Seconda osservazione: quando questo fosse possibile, si tratterebbe comunque della sola “adozione”, andrebbe quindi rispettato anche il comma 4 del richiamato art. 19, il quale stabilisce che la delibera di approvazione venga spedita insieme alla relativa documentazione all’Ente competente (nel nostro caso la Provincia) per il parere di rito entro 90 giorni. Dopo i quali la variante dovrebbe essere approvata dal Consiglio Comunale“.

Inoltro alla Provincia e definitiva approvazione della “variante” che non ci sono mai stati – proseguono -. Tanto è vero che in data 18 luglio la Provincia, in sede di Conferenza di Servizi e dopo aver esaminato solo il progetto preliminare, richiedeva la redazione della variante al Programma di Fabbricazione. Cosa che non sarebbe certo avvenuta se si fosse applicata la procedura di cui alla normativa che ora viene strumentalmente citata. Senza contare che a tutt’oggi, come detto in premessa, non c’è traccia né dell’approvazione del progetto preliminare, né del progetto definitivo“.

Nulla è stato risolto, e molte delle carenze segnalate appaiono del tutto irrisolvibili. Per molto meno, lavori così caratterizzati si usa ordinariamente qualificarli come “abusivi”. Come si fa, pertanto, a voler ancora portare avanti un progetto così scoperto dal punto di vista procedurale e legale?“, concludono.