01 Marzo 2024 - 12:13:43
di Giustino Masciocco
E’ veramente incredibile come, le forze politiche, attraverso i mass media, riescano a condizionare, da un momento all’altro, l’andamento delle campagne elettorali, passando da uno svogliato impegno, a una questione di vita o di morte: “Qui o si conquista l’Abruzzo, oppure si muore” è lo slogan di queste ore, degli schieramenti in campo.
Che cosa è successo di tanto clamoroso, per dare vita a questo elettrochock politico che è riuscito a rianimare uno spento e incolore procedere dei riti riguardanti la ricerca del consenso?
Una settimana fa, una donna forte e determinata, Alessandra Todde, dopo aver declinato l’offerta di personalità politiche nazionali di chiudere la propria campagna elettorale sull’isola, è stata acclamata, dal popolo sardo, come governatrice della regione Sardegna, a dispetto di tutte le previsioni che la davano perdente insieme alla sua coalizione composta di dieci liste tra le quali vi erano il PD, il M5S, Alleanza sinistra e verdi, e altre autonomiste.
Effettivamente, in Sardegna, la somma dei voti riportata dal centro sinistra (coalizione che ancora non esiste, però la chiamiamo così per semplicità) che sosteneva Alessandra Todde, è stata pari al 42,6% ben lontano dal 48,8% delle destre che appoggiavano Paolo Truzzu, quindi soltanto lo scarto dei voti in favore di Alessandra Todde, tra quelli concessi ai candidati presidenti, ha fatto la differenza.
Immediatamente, si è acceso un dibattito politico nazionale, con le opposizioni che, all’improvviso, si sono rese conto che la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni era stata battuta dentro le urne in una elezione regionale. La maggioranza che sostiene il governo, invece, ha costatato che, la rendita politica non si mantiene per eredità, ma bisogna conquistarla ogni giorno, in ogni elezione, siano esse amministrative che politiche. In più, vi è anche il sospetto che, un partito dell’attuale maggioranza che governa il paese, abbia approfittato della possibilità di non votare il proprio candidato presidente, facilitando la vittoria di Alessandra Todde.
Noi all’Aquila, conosciamo bene le conseguenze di un voto disgiunto, nel 2017, tale procedura, cambiò il destino dell’amministrazione cittadina. Questo strumento di libertà, o di condizionamento, nella scelta del candidato presidente della regione, nelle elezioni del 10 marzo prossimo, non sarà possibile utilizzarlo sulle nostre schede elettorali perché la legge elettorale vigente non ci permette il voto disgiunto, quindi i candidati Presidenti non potranno andare mai sotto il numero di voti che prendono le varie liste in loro appoggio.
In un attimo, l’attenzione in campagna elettorale, non riguarda più il merito di come si è governato per cinque anni, le proposte di governo per i prossimi cinque anni, la situazione della sanità in regione, le differenze di sviluppo tra le aree interne e la costa. Non si parla più dei problemi che affliggono una regione cerniera tra il nord e il sud del paese, come d’incanto, sul ring delle elezioni, salgono i big nazionali dei vari partiti, di destra e di sinistra, e la contesa non si fa più sui problemi abruzzesi ma sulla politica nazionale, in vista delle elezioni europee.
Le destre cercano la rivincita dopo la sconfitta subita in Sardegna, le opposizioni, al contrario, cercano di confermare l’inattesa vittoria, con un’altra conquista di una regione, l’Abruzzo, governata dalla coalizione che guida il paese. Quindi la posta in gioco non è più solo il risultato di una elezione locale, ma si carica di significato politico ulteriore.
Ecco perché, Marco Marsilio, governatore uscente, uomo da sempre vicino a Giorgia Meloni, con una riconferma alla guida dell’Emiciclo, potrebbe aiutare la sua leader a mettere a tacere le polemiche, nella coalizione di governo, riguardanti l’imposizione del candidato perdente in Sardegna, Paolo Truzzu, aspramente contestato dalla Lega di Salvini.
La certezza di vittoria nella regione Abruzzo, di qualche settimana fa, sbandierata in ogni dove, dai candidati delle destre, lascia lo spazio a qualche timore, altrimenti non si capirebbe l’occupazione della premier Giorgia Meloni, di Matteo Salvini e di Antonio Tajani, di tutti gli spazi per i comizi di chiusura della campagna elettorale. Speriamo soltanto che si parli dei problemi dell’Abruzzo e non delle “supercazzole” , come ricorderete, termine coniato dal conte “Mascetti”.
Nell’altro campo, Luciano D’Amico, appoggiato da tutti i partiti che oggi sono all’opposizione del governo nazionale (evento più unico che raro, non sappiamo se replicabile oppure no), potrebbe sfruttare il clima che si è creato dopo le elezioni sarde, portando a votare una parte di coloro che, non avendo più fiducia su una eventuale vittoria, si sono rifugiati nell’astensionismo.
La mobilitazione di queste ore, la vittoria in Sardegna e le polemiche sull’uso dei manganelli di Pisa, episodio censurato anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, potrebbe portare, rapidamente, il candidato Luciano D’Amico ad una incollatura dal suo avversario, sperando, nell’ultima settimana di campagna elettorale, di un possibile, sorprendente, sorpasso.
In fondo si tratta di un ballottaggio, non ci sono terzi incomodi, o si vota lo schieramento di governo , oppure quello delle opposizioni, non ci possono essere “franchi tiratori”, i due presidenti candidati, non possono andare sotto il totale dei voti riportati delle liste in loro appoggio.
Intanto, per i prossimi dieci giorni, le strade della nostra regione, saranno attraversate da centinaia di macchine blu con i lampeggianti e sirene spiegate, per portare il “verbo” della Nazione. Speriamo che dai finestrini riescano a vedere di cosa abbiamo bisogno per tornare ad avere qualche possibilità di sviluppo.
Per finire una curiosità, sarà vero che decine e decine di politici nazionali, stanno dichiarando di avere origini abruzzesi? Cosa non si fa per un voto.