08 Marzo 2024 - 09:17:09

di Redazione

Le abruzzesi, nelle fasce di età adulta e soprattutto anziana, hanno una maggiore aspettativa di vita (85 anni contro 80) di cui solo 59 anni in buona salute (uomini: 62 anni): tale circostanza determina conseguenze sulla tenuta del sistema sociale dal momento che proprio alle donne è affidato il lavoro di cura.

Sono i dati che scaturiscono da uno studio del Cresa che, in occasione della giornata dell’8marzo, ha pubblicato sul proprio sito il video “Le abruzzesi in numeri”.

Dai dati si osserva inoltre, nell’ambito della popolazione straniera, un maggior peso delle donne (53 contro 47 uomini) spesso chiamate a far fronte alle necessità familiari. L’incidenza sul totale della popolazione residente è tuttavia maggiore per gli uomini (7 contro 6).

Se si esclude la sedentarietà, le donne sono più attente degli uomini a condurre una vita sana con minor diffusione di fumo, alcol, sovrappeso e maggiore attenzione all’adozione di un’adeguata alimentazione.

Tra le donne si registrano più bassi tassi di mortalità per le principali malattie, ma una maggiore diffusione di forme di disagio psicologico.

Rispetto agli uomini le donne sono molto più istruite: 70 donne e 66 uomini su 100 sono almeno diplomati, quasi 70 contro 50 passano dalla scuola secondaria all’università e tale divario si amplia al crescere del livello di istruzione (laurea o titolo terziario popolazione 30-34 anni: 38 contro 17). Resta, tuttavia, più alta l’incidenza delle giovani che non lavorano e non studiano (23 contro 19), probabilmente per il perdurare di una cultura che continua ad assegnare alle donne i ruoli unicamente familiari di mogli e madri.

Sotto il profilo delle competenze si registra una maggior adeguatezza femminile delle competenze alfabetiche, ma non anche matematiche e digitali.

Critica la situazione del lavoro: assai più basso il tasso di occupazione (51% contro 72%), quasi doppia la mancata partecipazione (23% contro 12%), maggiore il tasso di disoccupazione (9% contro 7%), meno diffusa la trasformazione dei contratti instabili in stabili (20% contro 30%), più ampia la quota di lavoratrici con bassa paga (13% e 9%), sovraistruite (30% e 29%) e, soprattutto, costrette al part-time involontario (23% e 7%). Infine poche le donne occupate con figli in età prescolare rispetto a quelle senza figli (78%) a riprova del fatto che, in carenza di strutture dedicate, le donne devono spesso svolgere lavori domestici rinunciando alla vita professionale.

Buona la capacità imprenditoriale: il 26% delle attività regionali è femminile, elevata la presenza in agricoltura (35%), e nei servizi non commerciali (31%). Importante il peso delle donne iscritte nel Registro Imprese come soci (44%), carica che non implica necessariamente lo svolgimento di attività gestionali e la cui diffusione appare legata alla necessità di accedere alle agevolazioni previste per l’imprenditoria femminile.

La carrellata si conclude con alcuni dati sulle abruzzesi e l’innovazione.

Rispetto all’universo maschile, c’è una maggiore incidenza delle lavoratrici della conoscenza (25% contro 14%), competenti sotto il profilo digitale (52% contro 49%). Si continua invece a pagare un elevato prezzo al divario di genere, dimostrando le laureate una minore mobilità rispetto ai loro colleghi uomini (-15% contro -17%).

Le giornate retribuite alle lavoratrici sono l’88% di quelle degli uomini, la loro retribuzione media è il 66%, l’importo medio delle pensioni corrisposte alle donne è il 76%, le pensionate con reddito di basso importo il 112%, la percezione di insicurezza dell’occupazione il 117%.

“Ne emerge il quadro di una realtà femminile dotata di elevatissimo potenziale che, nonostante i suoi numerosi sforzi di dispiegare le ali, si scontra con difficoltà oggettive, non riuscendo ancora a spiccare il volo”, commenta il Cresa.