15 Marzo 2024 - 12:11:43
di Redazione
“L’incipit di Anna Karenina non mi ha mai convinto: non credo che tutte le famiglie felici si assomiglino, perché ci sono tanti tipi di felicità collettiva, nelle famiglie come nelle comunità. La felicità degli aquilani nella affollatissima conferenza stampa di stasera che celebrava il titolo appena acquisito di Capitale Italiana della Cultura era una felicità speciale, nella quale si rispecchiavano le tante ansie, le tante sofferenze di questi quindici lunghissimi anni”.
Lo ha scritto ieri sulla sua pagina Facebook il professor Pier Luigi Sacco, coordinatore scientifico della candidatura dell’Aquila a Capitale italiana della Cultura 2026, a margine della affollata conferenza stampa a palazzo Margherita.
Il giorno dopo la proclamazione dell’Aquila a Capitale italiana della Cultura 2026 e il grande entusiasmo per l’importante obiettivo raggiunto, si parte con il lavoro di preparazione per il quale la città avrà un anno e mezzo di tempo.
“L’Aquila è pronta ad iniziare un nuovo ciclo, malgrado tante testate giornalistiche nazionali (anche RaiNews che mi ha intervistato stasera!) continuino a voler ritornare sul terremoto, sulle macerie, sulle gru – ha proseguito – Quel che è successo non si dimentica (e come si potrebbe) ma è arrivato il momento di parlare d’altro, di guardare avanti. Perché L’Aquila è molto altro. E’ una città di 70000 abitanti con due università, centri di ricerca nazionali, un conservatorio, un’accademia di belle arti, due musei nazionali, un teatro stabile, una istituzione sinfonica, e un impressionante tessuto associativo culturale. E’ una città della cultura e della conoscenza, immersa nella natura, a misura d’uomo”.
“E’ delle eccezionali potenzialità di una piccola grande città come questa che bisogna parlare, come laboratorio di futuro non soltanto per il Cratere ma per tutte le aree interne del nostro Paese. L’Aquila non ha mai cercato questo titolo come un risarcimento. Lo ha cercato perché è pronta a ripartire – ha concluso – La felicità di cui parliamo, quindi, non è quella di un ‘semplice’ titolo, per quanto atteso e desiderato. E’ la felicità di tornare a pensare di avere un futuro per le generazioni di oggi e per quelle che verranno. E’ una felicità che ne contiene molte altre. E’ molto, molto di più”.