20 Marzo 2024 - 17:14:37
di Vanni Biordi
Il purgatorio-Centro unico prenotazioni del San Salvatore, novello girone dantesco, si manifesta in tutta la sua beffarda crudeltà all’Aquila, dove una cinquantina di cittadini, muniti di regolare ticket di prenotazione, si sono visti sbattere le porte in faccia alle 19 in punto di un lunedì sera di marzo, al termine dell’orario di lavoro degli sportelli. Un’odissea kafkiana
Scene di frustrazione e proteste accese hanno colorato l’ennesimo capitolo di un fastidioso problema che si ripete con cadenza regolare. Code interminabili, attese snervanti, beffa finale per chi, pur avendo rispettato le regole, si ritrova con le impegnative intonse e l’amara promessa di un nuovo calvario da affrontare. Certo, gli operatori hanno il sacrosanto diritto di terminare il proprio turno di lavoro, ma è altrettanto sacrosanto il diritto dei pazienti di ricevere un servizio efficiente e dignitoso. Non si tratta di una mera contrapposizione di diritti, ma di un delicato equilibrio che va trovato, nell’ottica di una “cultura della salute” che dovrebbe essere alla base di ogni sistema sanitario degno di questo nome.
Eppure, le soluzioni esistono. Sistemi di prenotazione diffusi e capillari, carta dei servizi per un patto chiaro tra Asl e assistiti, accessi online completi e funzionali. Sono tutte proposte che hanno già dimostrato la loro efficacia in altri contesti.
Il nodo dei costi, naturalmente, non è da sottovalutare. Ma anche qui, la sinergia con entità come edicole, piccoli negozi, tabaccai e persino parrocchie, ci verrebbe da pensare, potrebbe rivelarsi una chiave di volta, abbattendo i costi e garantendo al contempo un servizio capillare e accessibile a tutti.
L’Aquila, capoluogo italiano della Cultura 2026, dovrebbe essere innovativo e promuovere una cultura della salute che metta al centro il benessere del cittadino. Eppure, la beffa del centro unico di prenotazione rappresenta una ferita profonda a questa ambizione.
Alle istituzioni competenti, dunque, va rivolto un appello accorato. Non lasciate che i cittadini dell’Aquila continuino a scontare la loro pena in questo girone dantesco. È tempo di cambiare rotta, di mettere in campo soluzioni concrete e di dare finalmente concretezza a quella “cultura della salute” che dovrebbe essere il faro di ogni società civile.