25 Marzo 2024 - 10:31:46

di Redazione

Sono una mamma aquilana, con una bambina di due anni affetta da una malattia genetica rara. Lei, come tanti altri bambini e bambine della mia città, ha bisogno di terapie costanti e sinergiche tra loro: fisioterapia, terapia della neuropsicomotricitá, logopedia, terapia occupazionale, ecc. dovrebbe essere seguita da un’equipe che faccia lavoro di squadra per ottenere risultati; tutto ciò dovrebbe essere garantito dalla mia sanità, come lo è in tante città italiane, ma, in realtà, qui a L’Aquila non è così”.

E’ l’appello accorato di una madre aquilana all’ amministrazione comunale e ai vertici della Asl.

“Ho deciso di combattere per i diritti di mia figlia – afferma – Sono costretta ad andare a Roma, a Firenze, o in generale in strutture private, per far fare a mia figlia di due anni le terapie più adatte, perché qui non c’è  personale, ne tantomeno strutture adatte per tutti; siamo in lista d’attesa, come tanti altri,  ma se aspettassi di essere chiamata perderei solo tempo , tempo prezioso che nessuno ridarà a mia figlia. Non ci dimentichiamo che non tutti possono andare fuori, o pagare strutture, quindi tutto questo va a discapito di tutti i bambini che hanno una reale e tempestiva necessità di fare terapia. Devo dire: doppiamente sfortunati per avere, non solo una malattia difficile, rara, ma anche per vivere a L’Aquila!”.


“È arrivato il momento di agire e di fare qualcosa – aggiunge – Se questi bambini fossero i vostri figli come vi sentireste, sapendo  di non fare abbastanza? Di non riuscire ad avere qualcosa che è un vostro diritto? Vi sentireste tremendamente in colpa, pur non avendo nessuna colpa…allora in colpa sentitevi voi e fate qualche cosa! Ogni genitore farebbe i salti mortali per i propri figli, ma purtroppo in queste situazioni c’è bisogno di assistenza, che in questa città purtroppo non c’è! Le competenze professionali in verità  ci sarebbero, se solo fossero messe in grado di operare, ed operare insieme!  Esistono anche tanti bravi terapisti in attesa di occupazione, ma dopo 15 anni dal terremoto del 6 aprile, le strutture dove possono operare sono poche e scollegate tra loro, appollaiate su casette o bungalow di legno. Una qua, una alla parte opposta! I nostri bimbi spostati come pacchi postali, vittime ancora di più per un lavoro scollegato e senza sinergia! Non esiste un centro unico, dove le competenze dialoghino insieme sulle terapie da proporre ad ogni singolo bambino! Solo vivendo certe realtà ci si rende conto di quanto abbiamo bisogno dell’aiuto del prossimo. Il loro prossimo siete voi”.