15 Maggio 2024 - 16:31:44
di Beatrice Tomassi
Si susseguono specialmente negli ultimi giorni le notizie che riguardano la documentazione relativa al processo del Vajont. Al centro del dibattito c’è una semplice domanda: dove conservare gli atti?
Il “colossale” processo (così fu definito) prese il via a L’Aquila nel 1968 e, secondo le normative vigenti, il fascicolo che ne scaturì fu depositato proprio all’Archivio di Stato dell’Aquila.
Facendo un salto in avanti, nel dicembre 2009, dunque dopo il terremoto del capoluogo d’Abruzzo, la Direzione generale per gli Archivi autorizzò il temporaneo deposito degli atti a Belluno, con lo scopo di consentirne la completa digitalizzazione.
La questione è tornata alla ribalta quando i deputati Rachele Scarpa e Piero Fassino hanno presentato un’interrogazione per chiedere di rendere definitivo il trasferimento dei documenti all’Archivio di Belluno.
A 60 anni dalla tragedia il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con poche parole ha espresso la sua posizione: “E’ doveroso che i documenti processuali rimangano qui [dove il disastro si è consumato]”.
Poi la notizia che i veneti non avrebbero voluto sentire: la documentazione dovrebbe restare a Belluno solo in forma digitale, mentre quella originale dovrebbe essere riportata all’archivio di Stato dell’Aquila.
Non ci sta il presidente del Veneto, Luca Zaia, che ha affermato come “il Veneto si faccia garante per la conservazione e per un grande progetto di divulgazione degli atti processuali del Vajont”, annunciando poi la volontà di parlarne direttamente con il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano.
A stretto giro, il sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi ha dichiarato come “tale archivio rimarrà per sempre a Belluno, dove già si trova. All’Aquila, che fu sede del processo, verranno consegnate le riproduzioni digitali”.
Dunque, ad ora, sembrerebbe che i documenti non faranno ritorno a L’Aquila.
Non è volontà di questo articolo prendere parti, quanto piuttosto invitare ad una riflessione sul tema del ricordo, tanto caro alla città dell’Aquila: la memoria, per essere e mantenersi viva, ha bisogno anche di riferimenti materiali?