Sintesi della conferenza stampa del vicepresidente del Consiglio Regionale Blasioli sulle inefficienze del sistema sanitario regionale
15 Maggio 2024 - 16:12:38
illustrarvi un caso emblematico di malasanità che da quasi un anno ormai
sta interessando una famiglia della Provincia di Pescara. Parliamo nello
specifico di un uomo di 54 anni appena compiuti, che lo scorso 20 giugno
ha subito un arresto cardiaco e da allora permane in stato di coma a
fronte di un servizio sanitario regionale che non sembra in grado di
garantirgli il conseguente e previsto percorso riabilitativo, né un
adeguato ricovero.
Terremo riservate le generalità. Nei giorni scorsi mi ha contattato sua
moglie, che dalla scorsa estate, barcamenandosi con enormi difficoltà
tra attività lavorativa e cura dei figli, sta continuando ad assisterlo
macinando chilometri su chilometri e scontrandosi con un sistema che non
perde occasione per dimostrare le sue criticità e lentezze, lasciando
spesso soli – come in questo caso – i familiari dei pazienti
nell’affannosa ricerca di soluzioni e accomodamenti che invece
spetterebbero loro di diritto.
Partiamo dal principio, ovvero dal giugno 2023, quando il paziente in
questione, a causa di un arresto cardiaco, entra in coma e viene
ricoverato in rianimazione all’ospedale di Chieti.
L’iter a quel punto prevede l’inizio di un percorso in un centro per la
riabilitazione intensiva specializzata. Nella nostra Regione esistono
solo pochissime strutture adibite allo scopo e adeguate alle condizioni
cliniche del paziente. Strutture che tuttavia non hanno disponibilità,
così il paziente il 21 settembre 2023 su indicazione della Asl, è
costretto a recarsi fuori regione, precisamente a Fontanellato, a pochi
chilometri da Parma, nel Centro Cardinal Ferrari, dietro ampia
assicurazione, da parte della stessa Asl e anche dell’assessore Verì –
contattata personalmente dalla moglie dell’uomo – di un agevole rientro
in Abruzzo una volta terminata questa prima e specifica fase del
percorso riabilitativo.
Per circa due mesi, quindi, con enormi disagi e spese ingenti, la moglie
lo raggiunge settimanalmente a Parma per seguire gli sviluppi del
percorso specifico, che prosegue senza intoppi anche per merito
dell’efficienza della clinica emiliana. Poi quando a metà novembre
arriva il momento di rientrare in Abruzzo, si scopre che il
trasferimento, diversamente da quanto prospettato dall’assessore Verì e
dalla Asl, è tutto fuorché una formalità.
Ancora una volta, infatti, le strutture abruzzesi non sono in grado di
ospitarlo, per cui la moglie è costretta ad attivarsi personalmente.
Dopo alcune peripezie la signora riesce infine a trovare disponibilità
nel centro di riabilitazione ad alta intensità “Madonna del Monte” a
Bolognano. Nel giro di qualche settimana però le condizioni del marito
si complicano, insorgono iperventilazione, setticemia e covid, al punto
che il 20 dicembre 2023 viene trasferito d’urgenza al Pronto Soccorso
dell’ospedale di Pescara e da qui in prognosi riservata viene spostato
nel reparto di Malattie infettive dov’è tutt’ora ricoverato.
Considerata la gravità del quadro clinico, la necessità di assistenza
continua e il ricordo delle cure di primo livello offerte in precedenza
dalla clinica emiliana, anche una volta stabilizzate le condizioni la
signora ha preferito non riportare il marito nella struttura di
Bolognano lasciata all’insorgere delle infezioni. Tuttavia, a fronte
della rinnovata indisponibilità delle altre strutture, il paziente è
rimasto praticamente parcheggiato nel reparto di malattie infettive
Covid di Pescara senza avere la possibilità di proseguire e portare a
termine il percorso riabilitativo avviato a Parma, finendo anzi per
vanificare quanto fatto a suo tempo.
Solo nei giorni scorsi, dopo 4 mesi e a seguito di reiterate lamentele
prima presso il reparto e poi presso la direzione sanitaria, il paziente
ha finalmente potuto riprendere la riabilitazione, con un modus operandi
però totalmente differente rispetto a quello della clinica emiliana,
dato che l’ospedale di Pescara non è dotato di molte delle attrezzature
che un percorso riabilitativo valido richiederebbe. Parliamo nello
specifico di attrezzature per il recupero della postura, la ginnastica
passiva, sollevatori e altri apparecchi per poter lavare accuratamente
il paziente. Senza contare che a Pescara i trattamenti vengono svolti
solo un paio di volte a settimana.
Nella giornata di ieri infine è arrivato l’avviso di trasferimento al
centro Santo Stefano di Pesaro – Villa Fastiggi. L’ennesima tappa di una
via crucis iniziata 6 mesi fa e che comporterà nuovamente spostamenti
onerosi per la moglie del paziente. Possibile che ad un anno di distanza
dall’arresto cardiaco nessuna struttura abruzzese idonea abbia potuto
prendere in carico questo paziente? E al termine del nuovo ricovero dove
verrà trasferito?
Ci chiediamo inoltre perché per il paziente non sia mai stato
prospettato il ricovero nel centro regionale del risveglio e di
riabilitazione dal coma di Popoli, inaugurato nel dicembre 2022 alla
presenza del Ministro Schillaci. La struttura non è adatta alle
necessità riabilitative del paziente? Oppure mancano i posti letto,
visto che ne sono operativi solo 6 dei 12 previsti?
La signora ha il merito di non essersi mai arresa, ha continuato
strenuamente a rivendicare i propri diritti anche quando i medici a
febbraio le hanno fatto intendere che non ci fosse più nulla da fare,
che il soggetto non fosse più riabilitante e ormai in fase di
decerebrazione.
È inconcepibile che un padre di famiglia cinquantenne possa essere
privato della possibilità di recuperare anche solo una parte degli
aspetti funzionali del proprio organismo a causa di inefficienze
organizzative e di carenze nella programmazione da parte della Regione
Abruzzo.
La signora desidera restare accanto al proprio coniuge, ma non ha la
possibilità di ospitarlo nella propria abitazione, dato che non può
contare su familiari e rischierebbe di perdere il lavoro. Per cui la sua
richiesta, di cui mi faccio portavoce, è quella di reperire in Abruzzo
una struttura in grado di garantire un processo riabilitativo adeguato
che consenta alla moglie di stare vicino al proprio marito ogni giorno e
mantenere il suo lavoro.
Questa storia denota le tante difficoltà organizzative e gestionali
della sanità abruzzese e richiama ancora una volta la necessità di
strutture capaci di prendersi cura di persone colpite da patologie
importanti. Una situazione che speriamo, anche a seguito della nostra
denuncia e al coraggio di chi l’ha portata alla luce, possa trovare
presto una svolta positiva e prossima, garantendo al paziente il diritto
a ricevere tutti i trattamenti necessari e restituendo ai familiari, che
da un anno vedono stravolta la loro esistenza, un po’ di fiducia nel
sistema sanitario regionale.