22 Maggio 2024 - 16:22:16

di Redazione

In Italia la biodiversità è sempre più rischio, minacciata soprattutto da crisi climatica, inquinamento, catture accidentali e azioni antropiche.

A preoccupare, in particolare, è lo stato di salute di avifauna e anfibi, a cui Legambiente, dedica quest’anno uno speciale all’interno del suo report Biodiversità a rischio 2024Dal Fratino – a rischio estinzione e la cui presenza nelle spiagge italiane è calata di oltre il 50% negli ultimi 10 anni (se ne stimavano 1550 – 1900 coppie fino al 2010 e solo circa 600 coppie nell’ultimo Atlante Nazionale degli uccelli nidificanti in Italia ed.2022) a causa della pulizia meccanica delle spiagge e dell’incremento di specie predatrici come ratti, gatti, cani, cornacchie e gabbiani reali – alla berta maggiore e minore e al gabbiano corso che soffrono a causa del depauperamento degli stock ittici, del bycatch (catture accidentali) e del disturbo alle colonie in nidificazione.

Ritardi Italia e pericolo bycatch e plastica: a pesare su questa fotografia, scattata dal report di Legambiente, sono anche i ritardi dell’Italia sia nell’istituire nuove aree protette e zone di tutela integrale al 2030 sia nel frenare le varie minacce a partire dal bycacth, ossia la cattura accidentale delle specie durante l’attività di pesca. L’Italia ad oggi, denuncia Legambiente, ha fatto ben poco per fronteggiare il fenomeno del bycacth come conferma la lettera di messa in mora che la Commissione Europea ha aperto contro l’Italia per non aver attuato le misure previste dalle Direttive “Uccelli” (79/409/CEE), “Habitat” (92/43/CEE) e “Ambiente Marino” (MSFD-2008/56/CE), specialmente rispetto alla protezione degli uccelli marini sempre più minacciati dal bycatch e dall’inquinamento da plastica in mare.

Nelle acque europee, si stima che più di 200.000 uccelli marini muoiano ogni anno a causa del bycatch, e i palangari e le reti fisse sono i principali responsabili di queste catture. (Studio BirdLife Europe & Central Asia). L’altro pericolo è rappresentato dalla plastica in mare e dalle microplastiche. Una nuova malattia tipica dell’avifauna marina è la “plasticosi”, una fibrosi nel tratto gastrointestinale, indotta dall’ingestione continua e abbondante di plastica, che provoca lesioni ed inspessimenti dei tessuti con effetti gravi sulla crescita, la digestione e la sopravvivenza degli animali.

Per questo Legambiente torna a chiedere oggi una maggiore tutela della biodiversità, a partire da avifauna e anfibi preziosi termometri dello stato di salute di mare e zone umide, l’istituzione di più aree protette e più interventi in Italia e in Europa.


“Frenare la perdita di biodiversità – dichiara Silvia Tauro, presidente di Legambiente Abruzzo è uno dei principali impegni da affrontare su scala globale a partire dal continente europeo. In particolare, nella prossima legislatura, l’Europa confermi gli obiettivi del green deal e della Strategia per la biodiversità, di cui la tutela del 30% della superficie terrestre e marina e la protezione rigorosa di almeno il 10% di queste superfici, è uno dei pilastri. Serve una decisa inversione di tendenza politica e strumenti operativi e nuove norme capaci di accompagnare i territori verso la transizione ecologica, nel creare più aree protette e nel valorizzare al meglio quelle esistenti: emblematica in questo senso l’esperienza dell’Abruzzo, che con il suo 36,6 % di aree protette (quasi 15 punti percentuali in più della media nazionale e 11.4 rispetto al mezzogiorno), continua ad essere ancora oggi la Regione Verde d’Europa, generatrice dell’idea di Ape – Appennino Parco d’Europa, ma deve continuare ad impegnarsi per cercare soluzioni politiche e strumenti per  far convivere il suo enorme capitale naturale con le comunità, organizzando la coesistenza e lo scambio tra uomo e natura, leggendo le diverse esigenze territoriali e lavorando in modo da garantire non solo la conservazione degli ecosistemi ma anche lo sviluppo sostenibile della regione.”

Il rapporto evidenzia come proprio i parchi e le aree protette debbano investire ancora di più in buone pratiche ambientali e diventare i primi territori dove si realizza la neutralità climatica. Devono essere i territori privilegiati della transizione ecologica per garantire una più efficace tutela della biodiversità, dove investire per aumentare i processi di economia circolare per ridurre il consumo di materia e consumo di risorse naturali. Le aree protette devono promuovere l’uso di energie rinnovabili e la mobilità sostenibile per azzerare le emissioni nei loro territori, fermare il consumo di suolo e aumentare fino al 100% le produzione biologiche in agricoltura e allevamento,  utilizzare le risorse boschive secondo criteri di gestione forestale sostenibile per certificare le foreste, promuovere il turismo attivo e sostenibile per garantire che la fruizione sia pienamente integrata nell’azione di tutela delle specie e del territorio.

Centrale anche a revisione della legge 394/91, e ancora prima nella nostra regione della legge regionale 38/96,  che Legambiente ha convintamente sostenuto e difeso e che ha contribuito a garantire la tenuta fisica e sociale dei piccoli comuni, e che, oggi, deve essere aggiornata con il contributo di tutti: la legge quadro sulle aree protette, che in questo momento manca d’integrazione con le direttive comunitarie, deve puntare a  rafforzare la governance e l’autonomia degli enti gestori, migliorare l’iter per istituire nuove aree protette  e necessita di strumenti volontari di partecipazione dei cittadini, delle comunità locali e del sistema della ricerca. Inoltre è necessario garantire  l’integrazione tra le politiche nazionali e quelle regionali e un programma nazionale di finanziamento unitario per tutte le aree protette.

“L’Italia – commenta Donatella Pavone,  direttrice di Legambiente Abruzzo- è un Paese ricco di biodiversità ma anche di contraddizioni che frenano le politiche di conservazione della natura. Per questo è fondamentale un cambio di passo e un’azione decisa, a livello nazionale ed europeo, per raggiungere gli obiettivi al 2030 su clima e biodiversità e su cui non il nostro Paese non può tirarsi indietro. Negli ultimi decenni la stessa Europa ha realizzato una imponente azione di tutela della natura supportata da norme avanzate e strumenti finanziari, come i LIFE, con risorse significative che non può essere dimenticata, anche se negli ultimi tempi non sono mancate azioni contrarie come il rinvio del voto finale sulla legge per il ripristino della natura (Nature Restoration Law) e il declassamento della tutela del lupo.   È fondamentale che si apra una nuova stagione italiana ed europea per la tutela della biodiversità e per la conservazione della natura”

 Le  12  proposte di Legambiente per proteggere la biodiversità:

 1) Applicare la Strategia nazionale per la biodiversità al 2030, stabilendo un timing preciso e risorse finanziarie adeguate a creare nuove aree protette, ridurre il degrado e migliorare la capacità degli ecosistemi naturali di assorbire CO2;

2) Recuperare i ritardi nelle politiche europee e superare le procedure d’infrazione. E’ urgente migliorare l’integrazione delle aree protette con la Rete Natura 2000 e completare l’applicazione della Direttiva Habitat, approvando, in particolare, i piani di gestione e le misure di conservazione per tutte le zone di protezione speciale e le zone speciali di conservazione e definendo i soggetti gestori per tutti i siti;

3)  Contrastare il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità. Bisogna porre un freno al degrado in atto degli ecosistemi naturali, affrontando le cause di perdita di biodiversità, ripristinando la natura attraverso infrastrutture verdi e blu e azioni di adattamento e mitigazione basate su soluzioni naturali (Nature Based Solution – NBS);

4) Adottare la legge europea sul rispristino della natura. Il nostro Paese deve togliere il blocco politico che impedisce l’approvazione della Nature Restoration Law, perché la norma proposta dal parlamento UE è un elemento chiave della Strategia per la biodiversità e permetterà di pianificare e finanziare interventi per il ripristino degli ecosistemi terrestri e marini degradati.

5) Aggiornare le norme per la protezione della natura. La legge quadro sulle aree protette L.394/91 deve essere aggiornata per favorire il raggiungimento degli obiettivi nazionali su clima e biodiversità al 2030.

6) Sostenere l’economia della natura. Servono più risorse ordinarie per la gestione del capitale naturale, mentre non è più possibile finanziare opere potenzialmente dannose per l’ambiente e la biodiversità. E’ necessario applicare il criterio DNSH (Do No Significant Harm) per tutti gli interventi infrastrutturali previsti, e tagliare i sussidi statali potenzialmente dannosi per la biodiversità, favorire un sistema di riconoscimento dei servizi ecosistemici a vantaggio delle comunità locali e per la tutela dei beni comuni. Occorre perciò destinare fondi adeguati alla tutela e il monitoraggio della biodiversità, a favore dei centri e le strutture qualificate per il recupero della fauna selvatica a rischio e per promuovere la bioeconomia circolare attraverso regimi semplificati e agevolazioni fiscali per le giovani imprese che investono in green jobs.

7) Migliorare la conoscenza della biodiversità. Garantire una efficace conservazione del capitale naturale e coinvolgere maggiormente ricercatori e scienziati nella gestione della natura. Creare presso il MASE un fondo di rotazione accessibile anche alle Ong per finanziare progetti di ricerca applicata, di divulgazione scientifica, conoscenza e educazione alla biodiversità. Strutturare la rete degli Osservatori della biodiversità anche nelle aree protette favorire la circolazione delle informazioni e l’accesso alle banche dati di monitoraggio e prevedere per ogni area protetta un Comitato scientifico di supporto.

8) Ridurre i rischi per la natura e le aree protette. Bisogna contrastare con maggiore decisione i rischi naturali (incendi, eventi estremi, parassiti, etc.) e adottare Piani e/o Strategie di adattamento redatti a diverse scale (nazionale, regionale) e per le singole specie e/o habitat o tipologie di aree protette terrestri e marine. Occorre porre un freno alle azioni illecite e migliorare la sorveglianza garantendo norme efficaci e risorse adeguate contro il traffico illegale, le ecomafie, il bracconaggio e le specie invasive.

9) Rafforzare la tutela della biodiversità marina. Attuare la Strategia Marina e rafforzare la protezione degli ecosistemi marino-costieri, migliorare la governance e la tutela del mare con l’individuazione obbligatoria di zone e introdurre nuove aree di restrizione di pesca (Fisheries Restricted Area, FRA). Ridurre gli impatti causati dall’inquinamento di origine antropica. Rafforzare la tutela della fauna marina attraverso la riduzione della pressione sugli stock ittici e mitigando le catture accidentali. Adottare i provvedimenti per la tutela delle zone di Alto mare e tutelare l’ecosistema marino, arginando la pesca a strascico soprattutto nelle aree protette, favorendo invece le pratiche sostenibili di pesca. Garantire la sorveglianza per arginare il fenomeno della pesca illegale. Sostenere la piccola pesca artigianale e le filiere ittiche plastic free, valorizzare le produzioni certificate e la blueconomy, coinvolgere i pescatori nella prevenzione dell’inquinamento e nel recupero della fauna marina in difficoltà.

10)  Valorizzare l’agrobiodiversità negli ecosistemi naturali. Favorire nelle aree protette produzioni agricole e allevamento devono 100% biologiche e la certificazione e gestione sostenibile delle foreste. Adottare misure concrete contro il consumo di suolo, l’erosione genetica e la perdita di fertilità degli habitat agricoli. Promuovere l’agroecologia e rafforzare la collaborazione con gli altri attori territoriali (GAL, biodistretti, distretti del cibo, comunità del cibo) e valorizzare le produzioni biologiche nelle aree protette.

11) Migliorare la biodiversità forestale e combattere i rischi connessi agli incendi boschivi. Incrementare i boschi con popolamenti maturi e senescenti (foreste primarie o vetuste) che hanno un alto valore ecologico per la biodiversità e aumentare il livello di naturalità dei sistemi forestali creando aree rifugio per le specie a rischio. Destinare a riserva integrale il 10% dei territori forestali protetti e creare hot-spot di biodiversità. Promuovere un piano nazionale di messa a dimora di alberi nelle aree urbane, periurbane e costruite foreste urbane per ridurre l’impatto climatico e migliorare il benessere dei cittadini. Ridurre i rischi naturali e quelli degli incendi boschivi aggravati dalla crisi climatica e dalla desertificazione.

12) Proteggere gli ecosistemi acquatici e migliorare lo stato dei corpi idrici superficiali. Migliorare del 50% lo stato di conservazione di specie e habitat acquatici riducendo l’inquinamento di origine antropica, l’uso di fertilizzanti e pesticidi in agricoltura, e la presenza di specie di fauna ittica alloctone e controllare le captazioni idriche il deflusso ecologico dei corpi idrici. Garantire una gestione integrata delle risorse idriche e degli ecosistemi acquatici migliorando gli obiettivi di conservazione dei siti Natura 2000, aumentare le aree umide protette e le zone Ramsar e rafforzare la pianificazione, a scala di bacino e locale, anche attraverso strumenti di partecipazione come i contratti di lago, di fiume, di foce.