Movimento Nonviolento Sulmona: "Matteotti obiettore di coscienza alla guerra"
10 Giugno 2024 - 11:34:30
A cento anni dal suo assassinio per mano del regime fascista, i cui
eredi sono oggi al governo, è doveroso ricordare che Giacomo Matteotti è
stato uno strenuo oppositore della guerra; non solo della campagna di
Libia ma soprattutto del primo conflitto mondiale. Una coerenza con i
suoi ideali pacifisti che egli pagò con il confino, dopo essere stato
denunciato e condannato per disfattismo e sedizione. Scontò la condanna
dapprima nel Veronese e poi in Sicilia, lontano dal fronte, fino al
1919.
La visione socialista ed internazionalista di Matteotti non ammetteva la
concezione della patria, in nome della quale venivano dichiarate le
guerre e venivano inviate al macello le classi lavoratrici, nell’una e
nell’altra parte del fronte. Del rapporto tra patria e classe egli
scrive in un articolo pubblicato sul settimanale del Polesine “La
lotta”: “Noi non neghiamo l’esistenza della patria ma essa non è la
nostra idealità; un’altra e più alta assai è la nostra aspirazione. E
quando a paladini della patria si ergono i clerico-moderati, i
nazionalisti, i militaristi, cioè tutti coloro che necessariamente si
contrappongono all’idealità socialista, e si servono anzi a tale scopo
dello straccetto patriottico, allora noi insorgiamo anche contro la
patria”.
Giacomo Matteotti nella sua breve vita fu sempre guidato dalla bussola
dell’internazionalismo, dell’emancipazione dei lavoratori e della difesa
della libertà di pensiero. Piero Gobetti così descrive il suo impegno
antimilitarista: “Conviene mettere a confronto l’esempio di Matteotti
pacifista con la condotta tipica del pacifismo italiano, pavidi e
servili per non essere presi di mira, nascosti e silenziosi nei comandi
o negli impieghi, emuli dei nazionalisti nel rifugiarsi nei bassi
servizi. Matteotti non disertava, non si nascondeva, accettava la logica
del suo sovversivismo, le conseguenze dell’eresia e dell’impopolarità:
era contro la guerra un combattente generoso”.
Quando in Europa è già scoppiata la guerra e anche l’Italia si appresta
a partecipare a quella che il Papa dell’epoca, Benedetto XV, definirà l’
”inutile strage”, Matteotti mostra tutto il suo turbamento per
l’incapacità del movimento socialista di opporsi al massacro. Su “La
lotta” egli scrive: “Doveva finire così. Cioè doveva cominciare così: la
povera bestia doveva andare al mattatoio gridando gioiosa (…). I cultori
dell’ordine hanno in questi giorni esaltata la piazza (…). I professori
in palandrana hanno esaltato il monello che rompeva le vetrine. Il
teppista diventa eroe (…). Troppo debole è stato il proletariato
italiano (..). Prepariamoci ormai a veder dilagare la menzogna:
prepariamoci a leggere vittorie sopra vittorie; i socialisti sotto
bavaglio della censura e alla mercè di ogni revolver di sbirro non
esiteranno più. Orsù, lavoratori, che fare? Levatevi il cappello, passa
la patria, e ormai più non ci sono socialisti; passa la rovina, passa la
guerra, e voi date ancora la vostra carne martoriata”. E qualche tempo
dopo, sempre sullo stesso giornale, egli scrive profeticamente: “Noi non
auguriamo e non desideriamo la vittoria di nessuno. Chiunque dei due
raggruppamenti dovesse vincere vi sarà un popolo vinto che preparerà la
rivincita per domani e quindi nuove guerre”. E fu così: la guerra
1914-18 partorì i regimi fascista e nazista e questi scatenarono la
seconda guerra mondiale.
Quanto attuale è oggi l’esempio di Matteotti! Mentre nel pianeta,
insieme ad altre, divampano le fiamme di due terribili guerre, e mentre
in Europa è tornato a spirare con forza il vento bellicista, i popoli
appaiono impotenti rispetto alla follia dei Capi di Stato che, con le
loro politiche interventiste, stanno trascinando l’umanità verso un
nuovo micidiale, e totale, conflitto mondiale.
Aldo Capitini, fondatore del Movimento Nonviolento, considerava Giacomo
Matteotti uno dei suoi ispiratori. Non a caso la prima marcia specifica
del Movimento, nell’aprile del 1965, si concluse davanti al cippo di
Matteotti, sul Lungotevere Arnaldo da Brescia a Roma. Cosa fare oggi?
“Ciò che serve sono atti, personali e collettivi, di dissociazione, di
obiezione, di diserzione, di non collaborazione in alcun modo con la
guerra e la sua preparazione”, dice Mao Valpiana, presidente del
Movimento Nonviolento, che aggiunge: “è questa la proposta concreta che
abbiamo lanciato con la Campagna Obiezione alla guerra a sostegno degli
obiettori di coscienza, disertori e renitenti alla leva di Russia,
Bielorussia, Ucraina, Israele e Palestina. Sosteniamo le spese legali
per i processi, o l’assistenza in carcere, o il mantenimento di coloro
che fuggono dal proprio Paese e vanno in esilio. La richiesta politica
che facciamo alle istituzioni europee è riconoscere lo status di
rifugiati politici ai ragazzi dei Paesi in guerra che non vogliono
imbracciare le armi ma non viene riconosciuto loro questo diritto umano
fondamentale nei Paesi di origine”.
Oggi Matteotti non starebbe certamente dalla parte dei capi di certa
“sinistra” che, indossati gli elmetti, fanno a gara con le componenti
più guerrafondaie nel sostenere un conflitto senza fine del Bene contro
il Male. La pace è diventata una parola tabù. Papa Francesco non è
ascoltato da nessuno e i pacifisti sono considerati quinte colonne del
nemico. In tempi bui come quelli che stiamo vivendo non dobbiamo
dimenticare il monito di Bertolt Brecht: “Chi sta in alto dice: si va
verso la gloria; chi sta in basso dice: si va verso la fossa. E chi
parla del nemico è lui stesso il nemico”.
Sulmona, 10 giugno 2024.
eredi sono oggi al governo, è doveroso ricordare che Giacomo Matteotti è
stato uno strenuo oppositore della guerra; non solo della campagna di
Libia ma soprattutto del primo conflitto mondiale. Una coerenza con i
suoi ideali pacifisti che egli pagò con il confino, dopo essere stato
denunciato e condannato per disfattismo e sedizione. Scontò la condanna
dapprima nel Veronese e poi in Sicilia, lontano dal fronte, fino al
1919.
La visione socialista ed internazionalista di Matteotti non ammetteva la
concezione della patria, in nome della quale venivano dichiarate le
guerre e venivano inviate al macello le classi lavoratrici, nell’una e
nell’altra parte del fronte. Del rapporto tra patria e classe egli
scrive in un articolo pubblicato sul settimanale del Polesine “La
lotta”: “Noi non neghiamo l’esistenza della patria ma essa non è la
nostra idealità; un’altra e più alta assai è la nostra aspirazione. E
quando a paladini della patria si ergono i clerico-moderati, i
nazionalisti, i militaristi, cioè tutti coloro che necessariamente si
contrappongono all’idealità socialista, e si servono anzi a tale scopo
dello straccetto patriottico, allora noi insorgiamo anche contro la
patria”.
Giacomo Matteotti nella sua breve vita fu sempre guidato dalla bussola
dell’internazionalismo, dell’emancipazione dei lavoratori e della difesa
della libertà di pensiero. Piero Gobetti così descrive il suo impegno
antimilitarista: “Conviene mettere a confronto l’esempio di Matteotti
pacifista con la condotta tipica del pacifismo italiano, pavidi e
servili per non essere presi di mira, nascosti e silenziosi nei comandi
o negli impieghi, emuli dei nazionalisti nel rifugiarsi nei bassi
servizi. Matteotti non disertava, non si nascondeva, accettava la logica
del suo sovversivismo, le conseguenze dell’eresia e dell’impopolarità:
era contro la guerra un combattente generoso”.
Quando in Europa è già scoppiata la guerra e anche l’Italia si appresta
a partecipare a quella che il Papa dell’epoca, Benedetto XV, definirà l’
”inutile strage”, Matteotti mostra tutto il suo turbamento per
l’incapacità del movimento socialista di opporsi al massacro. Su “La
lotta” egli scrive: “Doveva finire così. Cioè doveva cominciare così: la
povera bestia doveva andare al mattatoio gridando gioiosa (…). I cultori
dell’ordine hanno in questi giorni esaltata la piazza (…). I professori
in palandrana hanno esaltato il monello che rompeva le vetrine. Il
teppista diventa eroe (…). Troppo debole è stato il proletariato
italiano (..). Prepariamoci ormai a veder dilagare la menzogna:
prepariamoci a leggere vittorie sopra vittorie; i socialisti sotto
bavaglio della censura e alla mercè di ogni revolver di sbirro non
esiteranno più. Orsù, lavoratori, che fare? Levatevi il cappello, passa
la patria, e ormai più non ci sono socialisti; passa la rovina, passa la
guerra, e voi date ancora la vostra carne martoriata”. E qualche tempo
dopo, sempre sullo stesso giornale, egli scrive profeticamente: “Noi non
auguriamo e non desideriamo la vittoria di nessuno. Chiunque dei due
raggruppamenti dovesse vincere vi sarà un popolo vinto che preparerà la
rivincita per domani e quindi nuove guerre”. E fu così: la guerra
1914-18 partorì i regimi fascista e nazista e questi scatenarono la
seconda guerra mondiale.
Quanto attuale è oggi l’esempio di Matteotti! Mentre nel pianeta,
insieme ad altre, divampano le fiamme di due terribili guerre, e mentre
in Europa è tornato a spirare con forza il vento bellicista, i popoli
appaiono impotenti rispetto alla follia dei Capi di Stato che, con le
loro politiche interventiste, stanno trascinando l’umanità verso un
nuovo micidiale, e totale, conflitto mondiale.
Aldo Capitini, fondatore del Movimento Nonviolento, considerava Giacomo
Matteotti uno dei suoi ispiratori. Non a caso la prima marcia specifica
del Movimento, nell’aprile del 1965, si concluse davanti al cippo di
Matteotti, sul Lungotevere Arnaldo da Brescia a Roma. Cosa fare oggi?
“Ciò che serve sono atti, personali e collettivi, di dissociazione, di
obiezione, di diserzione, di non collaborazione in alcun modo con la
guerra e la sua preparazione”, dice Mao Valpiana, presidente del
Movimento Nonviolento, che aggiunge: “è questa la proposta concreta che
abbiamo lanciato con la Campagna Obiezione alla guerra a sostegno degli
obiettori di coscienza, disertori e renitenti alla leva di Russia,
Bielorussia, Ucraina, Israele e Palestina. Sosteniamo le spese legali
per i processi, o l’assistenza in carcere, o il mantenimento di coloro
che fuggono dal proprio Paese e vanno in esilio. La richiesta politica
che facciamo alle istituzioni europee è riconoscere lo status di
rifugiati politici ai ragazzi dei Paesi in guerra che non vogliono
imbracciare le armi ma non viene riconosciuto loro questo diritto umano
fondamentale nei Paesi di origine”.
Oggi Matteotti non starebbe certamente dalla parte dei capi di certa
“sinistra” che, indossati gli elmetti, fanno a gara con le componenti
più guerrafondaie nel sostenere un conflitto senza fine del Bene contro
il Male. La pace è diventata una parola tabù. Papa Francesco non è
ascoltato da nessuno e i pacifisti sono considerati quinte colonne del
nemico. In tempi bui come quelli che stiamo vivendo non dobbiamo
dimenticare il monito di Bertolt Brecht: “Chi sta in alto dice: si va
verso la gloria; chi sta in basso dice: si va verso la fossa. E chi
parla del nemico è lui stesso il nemico”.
Sulmona, 10 giugno 2024.
Mario Pizzola
Movimento Nonviolento Sulmona