17 Giugno 2024 - 11:18:23
di Martina Colabianchi
L’Abruzzo è a rischio di desertificazione entro il 2100 a causa di potenziali siccità prolungate, sia meteorologiche che idrologiche, con evidenti conseguenze sull’agricoltura e sulla produzione di energia da idroelettrico che è ancora la prima fonte rinnovabile in Regione.
E’ quanto emerge, in occasione della Giornata Mondiale per la lotta alla desertificazione, da una ricerca dell’Università D’Annunzio che ha analizzato le portate dei fiumi, le precipitazioni e le temperature a partire dal 1985, per determinare le variazioni passate ed avere una base per studiare i cambiamenti che ci si aspetta per il futuro, fino al 2100.
Anche lo studio della Community Valore acqua per l’Italia di The European House – Ambrosetti non fotografa una situazione rosea per l’Abruzzo, collocando la regione tra le dodici ad altro stress idrico insieme a Basilicata, Calabria, Sicilia, Puglia, Campania, Lazio, Marche, Umbria, Toscana, Molise e Sardegna.
Gli esperti – riporta la Community Valore acqua – stimano che entro il 2030 lo stress idrico si intensificherà ulteriormente in alcune Regioni italiane, con un incremento dell’8,7% in Liguria, del 6,1% in Friuli-Venezia Giulia e del 5,7% nelle Marche.
A livello europeo, la penisola si colloca come quarto Paese dell’Ue per stress idrico, con un indice di 3,3 su 5. Solo Belgio (4,4), Grecia (4,3) e Spagna (3,9) presentano valori peggiori.
Due settori in particolare sono maggiormente colpiti dal riscaldamento globale e dalla siccità: l’agricoltura e l’idroelettrico. L’agricoltura italiana, sottolinea l’analisi, sta affrontando una crescente scarsità d’acqua che mette a rischio la produzione alimentare e la sostenibilità delle attività agricole. La produzione di miele si è ridotta del 70%, del 63% quella delle pere e del 60% le ciliegie. L’idroelettrico sta soffrendo a causa della riduzione delle risorse idriche, compromettendo la capacità del Paese di soddisfare la domanda energetica attraverso fonti pulite.
Il 2022 è stato un anno nero. Le precipitazioni totali sono drasticamente diminuite, e il manto nevoso ha registrato un deficit del 60% rispetto alla media del decennio 2010-2021. A causa delle elevate temperature, solo il 13,5% delle piogge ha contribuito alla ricarica delle falde acquifere.
Questo fenomeno desta ulteriore preoccupazione, poiché si prevede che la risorsa idrica rinnovabile si ridurrà ulteriormente del 40% entro il 2100, con picchi di riduzione del 90% nel mezzogiorno d’Italia.
La quantità d’acqua persa nel 2022 – rileva il Libro bianco della Community Valore acqua – è pari a quella necessaria per irrigare circa 641.000 ettari di terreno, un’area corrispondente all’intera superficie agricola del Lazio. Inoltre, equivale all’acqua consumata annualmente da oltre 14 milioni di persone, ovvero gli abitanti di Lombardia e Piemonte, e alla quantità utilizzata dalla produzione di 82.000 imprese manifatturiere, il tessuto industriale di regioni come Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna.
“La situazione idrica in Italia – spiega Valerio De Molli, managing partner e Ceo di The European House – Ambrosetti – richiede un’azione immediata e concertata. È necessario un impegno concreto da parte di tutti gli attori coinvolti” ed “è importante modernizzare e rendere più efficienti le nostre infrastrutture idriche, per ottimizzare la raccolta e lo stoccaggio dell’acqua, attivando il 20% dei volumi potenzialmente sfruttabili già presenti nelle grandi dighe italiane“.