02 Luglio 2024 - 10:22:27
di Redazione
“Oltre gli slogan e i posizionamenti politici è necessario analizzare nel dettaglio l’impatto che l’autonomia differenziata approvata dal Parlamento avrà in una regione come l’Abruzzo. La nuova legge stabilisce che alle regioni può essere concessa maggiore autonomia sulla base di una contrattazione tra le singole regioni e il governo centrale. Le materie interessate coinvolgono la quasi totalità della spesa pubblica per servizi alle persone”.
Lo scrive in una nota Alessandro Paglia, direttore ALI Abruzzo, Autonomie Locali d’Abruzzo.
“Sanità, trasporti, protezione civile, la previdenza complementare e integrativa, il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, ma anche l’istruzione, la tutela dell’ambiente, le grandi reti di trasporto o gli interventi nel campo della cultura – aggiunge – La lista è molto lunga e la domanda da porsi è essenziale: se alle regioni più ricche vengono lasciate le risorse per gestire un elenco così corposo di materie, e se la spesa come stabilito rimane invariata, le regioni meno ricche, tra cui l’Abruzzo, non rischiano di vedere ridotte le proprie possibilità, visto che ci saranno meno risorse per riequilibrare?”.
“Il nodo centrale è questo – precisa – Siamo già in uno stato di sofferenza sul fronte sanitario e dei diritti sociali. Nel 2023 oltre 31mila abruzzesi hanno dovuto curarsi fuori regione, senza contare quelli che hanno rinunciato perché impossibilitati a muoversi o perché non in grado di pagare una visita privata. Eppure, nonostante la situazione di difficoltà sia evidente, andiamo incontro a un ulteriore peggioramento. I fautori della legge fanno leva sul fatto che i LEP garantiranno dei livelli di prestazione omogenei. Si tratta di standard minimi di prestazione che devono essere garantiti dallo Stato, ma giova ricordare che a marzo 2023 il ministro Calderoli ha nominato il ‘Comitato per l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali’ (CLEP), composto da 61 esperti presieduti dall’ex giudice della Corte Costituzionale Sabino Cassese”.
“La conclusione del lavoro di questo comitato, riassunta in 140 pagine, sottolinea le difficoltà incontrate nel definire con precisione che cosa siano i LEP: ‘La scarsa chiarezza, talvolta anche semplicemente linguistica, la frammentarietà degli interventi legislativi […] determinano la difficoltà di operare una definizione completa, materia per materia, ambito per ambito, di ciascun livello essenziale delle prestazioni’, scrive Cassese, ‘l’attività svolta può dunque definirsi come un’esplorazione in terre incognite’”.
“Al di là dell’indeterminatezza di tutto ciò rimane il nodo politico: non è possibile per noi idealmente e culturalmente accettare per legge una secessione dei ricchi. La Costituzione recita “la Repubblica promuove…”, non l’Abruzzo e il Veneto promuovono. Come associazione di comuni, che richiama nel suo stesso nome il tema dell’autonomia, non possiamo ignorare le storture e i rischi che derivano da questo approccio. Autonomia significa riconoscere le specificità territoriali, per applicare ricette diverse a territori diversi, ognuno dei quali ha le sue peculiarità ma con l’obiettivo ultimo di garantire gli stessi livelli di prestazioni e di servizi a tutti. Questo le sindache e i sindaci lo sanno bene, perché sono a contatto con la quotidianità delle persone. Non è un caso che rappresentino uno dei livelli istituzionali che gode di maggior riconoscimento. Nell’attuale declinazione invece assistiamo esattamente al contrario, a un disegno che crea cittadini di serie a e di serie b. Istituzionalizza il peccato originale, ovvero la penitenza di avere meno diritti per l’unica colpa di essere nati in una regione meno ricca. Autonomia non significa creare 20 piccole patrie e chiudersi nella propria dimensione locale, quando le sfide e la competizione sono ormai di portata internazionale”, sottolinea.
“Per tutti questi motivi i comuni sono pronti a fare la loro parte, si metteranno a disposizione per la raccolta delle firme necessarie a proporre il referendum abrogativo, presso i propri uffici, coordinandosi con i tanti comitati territoriali che stanno nascendo e chiamando i cittadini alla mobilitazione, per lasciare decidere ai territori il proprio destino, nel più autentico spirito della vocazione autonomista”, conclude.