02 Luglio 2024 - 10:03:05
di Redazione
“Consentire la costruzione della centrale di compressione Snam sulla necropoli scoperta a Case Pente sarebbe una scelta folle. Significherebbe cancellare per sempre, sotto una enorme colata di cemento, una preziosa testimonianza che rappresenta la storia e l’identità dell’antico popolo dei Peligni; quel popolo che nel 91-88 avanti Cristo, insieme ad altri popoli italici, combatté contro Roma ed elesse come capitale Corfinio, dove nacque il nome Italia”.
Lo scrivono in una nota i comitati cittadini per l’ambiente che hanno chiesto formalmente alla Soprintendenza archeologica di L’Aquila-Teramo di tutelare non solo l’antica costruzione rinvenuta nell’area Snam, ma anche la necropoli, dove sono state trovate un centinaio di tombe, e le altre emergenze finora scoperte durante gli scavi di archeologia preventiva: una seconda costruzione e una muratura sul tracciato del metanodotto. I Comitati hanno anche chiesto alla Soprintendenza un
incontro urgente al fine di conoscere quali provvedimenti intende adottare.
“Dalla risposta data al Gruppo di Intervento Giuridico non è chiaro quale sia l’orientamento da parte della
Soprintendenza – specificano i comitati – La tesi secondo cui, una volta tolti i resti umani e i corredi funerari dalle tombe, resterebbero solo delle buche su cui è possibile costruire, è semplicemente assurda. In primo luogo perché, anche se si tratta di tombe a fossa, quel sito rappresenta un luogo sacro destinato dai nostri antenati all’inumazione dei loro cari, e non è un caso, forse, che il Cimitero di Sulmona sia situato a soli 300 metri di distanza. In secondo luogo perché è probabile che la necropoli si estenda anche oltre il sito Snam. In terzo luogo, soprattutto, perché la necropoli, insieme alle altre emergenze archeologiche rinvenute, costituisce un unicum che non può essere smembrato in vari pezzi ma va tutelato nel suo complesso. Un unicum su cui c’è ancora tanto da indagare e che nel 2008 indusse giustamente la Soprintendenza archeologica a respingere il progetto della Lafarge (che nell’area intendeva aprire una cava) con la motivazione che Case Pente rappresenta un complesso archeologico tra i più importanti e inediti dell’area peligna, che cela i resti di un insediamento vasto e articolato, con tracce della viabilità, dell’abitato, della necropoli”.
“Pertanto, aggiungeva la Soprintendenza, ‘la tutela di tale contesto storico impone la non alterabilità dello stato di fatto’ – precisano – E, a testimonianza del valore storico di Case Pente e della zona circostante venivano citate le preesistenze archeologiche rinvenute nel corso del tempo: le sepolture di epoca italica e romana scoperte durante i lavori della strada per Campo di Giove, l’iscrizione in pietra “dei callitani” conservata presso il Museo Archeologico di Sulmona, il sarcofago di età romana contenente le spoglie di Numisina, i resti della chiesetta rupestre di S.Angelo in Vetulis. Va aggiunto che in quest’area quasi certamente esisteva un antico abitato dal quale, percorrendo la strada che passa lungo il vallone Grascito, si raggiungeva il santuario di Ocriticum (Cansano) nei cui pressi è stata da poco realizzata una apposita fermata ferroviaria per consentire la visita da parte dei viaggiatori del treno storico “Ferrovia dei Parchi” Qualora la Soprintendenza e il Ministero dovessero dare il via libera alla costruzione dell’inutile eco-mostro della Snam sull’area della necropoli si compirebbe uno scempio di inaudita gravità. Il valore archeologico dell’intera area verrebbe irreparabilmente distrutto e perduto per sempre. Proprio per quanto sosteneva nel 2008 la Soprintendenza la necropoli non può essere vista isolatamente; essa va necessariamente considerata come parte integrante di quel contesto storico che ad oggi solo in parte è venuto alla luce e che richiede di essere ulteriormente indagato per fare di Case Pente un grande sito archeologico da valorizzare ai fini culturali e turistici e da consegnare alle generazioni future. Con la costruzione della centrale il valore unitario dell’area verrebbe irrimediabilmente stravolto. Anche Toto, che già ci aveva provato nel 2009, potrebbe tornare alla carica con il suo devastante progetto (cava e cementificio) e anche altre industrie impattanti potrebbero chiedere di insediarsi a Case Pente. Le istituzioni e le forze politiche del territorio non hanno nulla da dire in proposito?”