24 Luglio 2024 - 17:40:24

di Redazione

“Abbiamo atteso qualche giorno prima di proporre una riflessione in merito agli episodi di
microcriminalità che hanno interessato il centro storico aquilano nelle ultime settimane, molti dei
quali riguardano, purtroppo, minorenni. Abbiamo preferito attendere per non contribuire ad
alimentare polveroni social e mediatici con parole affrettate. Ad oggi, sentiamo però la necessità di
contribuire alla discussione cittadina in merito a questi episodi e, per quanto nelle nostre
possibilità, di proporre azioni politiche”.

Lo scrivono in una nota Francesco Cerasoli e Fabrizio Giustizieri di Sinistra Italiana L’Aquila che affrontano alcune tematiche nello specifico.

“Per quanto riguarda i CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria) in cui vengono collocati i
migranti distribuiti sul territorio a seguito delle procedure gestite dalla Prefettura, gli ospiti di
tali centri sono protagonisti di reati con una frequenza estremamente bassa (inferiore allo
0.1%). Inoltre, nei CAS che riescono a reperire le risorse necessarie (visto che quelle
assegnate da Stato e Regione non sono minimamente sufficienti) a fornire percorsi di
formazione individualizzati, la stragrande maggioranza degli ospiti trova sbocchi lavorativi
che consente loro di vivere un’esistenza dignitosa e spesso di mettere da parte qualcosa
da inviare alle proprie famiglie nei Paesi di origine, il che li tiene lontani dai circuiti criminali”.

“Problemi maggiori si riscontrano per i minorenni non accompagnati, spesso protagonisti
degli ultimi episodi violenti in centro. Molti di questi minorenni sono inseriti in comunità con
limiti ragionevoli in materia di risorse e personale, che non sempre consentono di garantire
un percorso di inclusione nel contesto cittadino. Percorso di inclusione che dovrebbe
comprendere, accanto all’insegnamento della lingua italiana, un piano formativo che aiuti i
ragazzi sia a recuperare eventuali gap conoscitivi che ostacolano il relazionarsi con i pari al
di fuori del proprio gruppo di appartenenza (ricordiamo che molti di questi minorenni
provengono da regioni in cui il tasso di scolarizzazione è molto basso e l’istruzione, anche
primaria, rappresenta un lusso che molte famiglie non possono permettersi), sia a
sviluppare le proprie potenzialità in modo da fornire loro una prospettiva di futuro, senza la
quale prevale il solo istinto di sopravvivenza. Accanto a ciò, fondamentale sarebbe
prevedere, in tutte le comunità che accolgono minorenni, percorsi di educazione
all’affettività (che andrebbero implementati anche nei normali programmi scolastici) e al
(ri)conoscere le proprie emozioni. Per far tutto ciò, però, la politica deve sostenere
concretamente le comunità e non considerarle meri parcheggi in cui far stazionare i minori
in un vuoto di stimoli e prospettive”
, aggiungono.

“In tanti casi – proseguono – gli episodi violenti sono legati allo spaccio di sostanze stupefacenti. I
minorenni non accompagnati vengono spesso reclutati, per una ventina di euro al giorno,
nei circuiti che gestiscono il traffico di droga a livello regionale, molto attivi ad esempio nella
marsica, per poi essere indirizzati verso il capoluogo dove, evidentemente, la domanda di
stupefacenti è molto più elevata di quanto la città voglia ammettere a sé stessa. È
importante quindi vedere il fenomeno da entrambe le facce della medaglia: oltre a
promuovere (e pubblicizzare in pompa magna) le opportune operazioni di polizia per
contrastare lo spaccio, la politica cittadina, regionale e nazionale dovrebbe interrogarsi su
come arginare i fattori che favoriscono il ricorso agli stupefacenti, tra cui il disagio
psicologico dilagante e ritmi di lavoro e di vita insostenibili”.

Sempre per quanto riguarda i minorenni non accompagnati, è importante ricordare come
alcuni di loro sviluppino, durante il viaggio per arrivare in Italia o una volta arrivati qui,
tossicodipendenze per cui avrebbero necessità di supporto dagli appositi servizi del
Sistema Sanitario Nazionale, come il Servizi per le Dipendenze patologiche (SerD); tuttavia,
nonostante le numerose segnalazioni delle comunità che ospitano questi ragazzi, la cronica
mancanza di risorse delle ASL abruzzesi impedisce nella maggioranza dei casi il loro
inserimento in percorsi riabilitativi. Ulteriore difficoltà è quella del reperimento di tutori da parte del Tribunale per i minorenni, operazione che richiede a volte anche uno o due anni, anche a
causa della gratuità di tale ruolo”,
aggiungono.

“Il contesto normativo, sia nazionale che europeo, non favorisce in alcuna maniera
l’integrazione. Basti pensare al famoso Trattato di Dublino, che blocca i migranti in un limbo
burocratico nel Paese di approdo; trattato la cui necessaria riforma, lo ricordiamo, vide
l’inazione quando non il totale ostruzionismo da parte degli europarlamentari della Lega e
di altri gruppi sovranisti come il partito “Fidesz” dell’attuale premier ungherese Orbán.
Peraltro, anche nel caso di migranti i cui reiterati comportamenti illeciti permettono di
inquadrarli come “socialmente pericolosi”, e quindi passibili di rimpatrio in tempi celeri, la
mancanza di accordi bilaterali con tanti dei Paesi di provenienza impedisce di fatto il
rimpatrio stesso. L’Italia attualmente ha infatti accordi bilaterali con Tunisia, Albania,
Marocco, Egitto e Nigeria, ma per quanto di nostra conoscenza solo quello con la Tunisia
ad oggi è entrato in funzione effettivamente. Ciò fa sì che questi soggetti particolarmente
problematici vengano o del tutto abbandonati a se stessi o affidati nuovamente ai CAS e
alle comunità per minorenni, provocando non pochi problemi di convivenza anche con gli
altri ospit
i -sottolineano – In ultimo, l’utilizzo indiscriminato della carcerazione (che, ricordiamo, nella Costituzione italiana è vista come “extrema ratio” e sempre nell’ottica della rieducazione del/della
detenuto/a) al primo reato, anche di minore entità, non fa altro che favorire la recidiva,
soprattutto nei minorenni, e ciò è dimostrato da molteplici studi, non solo nel contesto
italiano”.

“Soluzioni facili non esistono di certo”, precisano ancora prima di proporre alcune soluzioni. Noi ci permettiamo di proporre però
“Aprire una discussione seria sul fenomeno in consiglio comunale e in consiglio regionale,
invitando rappresentanti delle Prefetture abruzzesi, delle forze di polizia, delle ASL, della
magistratura e delle realtà associative e cooperativistiche che operano nell’ambito
dell’accoglienza dei migranti, per trovare soluzioni concertate ed efficaci, al di là della mera
propaganda; rendere trasparenti i dati: si potrebbe ad esempio realizzate una piattaforma web, a livello
comunale così come a livello regionale, in cui mostrare quante e quali strutture sono
presenti sul territorio per l’accoglienza dei migranti, quanti ospiti ciascuna di esse ha
attualmente in carico, di quante risorse e di quanto personale dispongono, quali percorsi di
formazioni sono previsti per gli ospiti. In tal modo anche la cittadinanza potrebbe verificare
se le risorse stanziate sono sufficienti e se sono adoperate in modo tale da favorire percorsi
di inclusione, riducendo così il rischio di inserimento in contesti criminali. Ci auguriamo che su un tema così complesso, attuale e delicato si instauri un dibattito serio. La politica deve tornare a ripensare le città, e la società nel suo complesso, in modo che siano a misura di persona, non solo a misura di consumatore”.