24 Luglio 2024 - 18:36:07
di Redazione
“Le risorse stanziate per il credito d’imposta a favore delle imprese localizzate nella Zes unica si confermano del tutto insufficienti a promuovere gli investimenti in beni strumentali, impianti e attrezzature nelle regioni del Mezzogiorno realizzati tra il 1° gennaio e il 15 novembre 2024”.
La denuncia arriva da Cna nazionale.
“L’Agenzia delle Entrate, infatti, sulla base delle risorse disponibili, ha fissato al 17,6668% la percentuale di credito di imposta effettivamente fruibile, che riduce drasticamente il beneficio fiscale: in Abruzzo passa dal 15% al 2,65%, in Puglia dal 50% all’8,83%, in Sicilia dal 60% al 10,60%. Valori che non consentono di incentivare investimenti produttivi nelle aree del Mezzogiorno, già penalizzate dall’esclusione degli investimenti di importo inferiore a 200 mila euro, in prevalenza realizzati da micro e piccole imprese.
Chiediamo una maggiore focalizzazione su artigiani e micro e piccole imprese, che costituiscono la quasi totalità del sistema produttivo, specialmente nelle regioni meridionali. Invece, con la fine del credito d’imposta, non esistono più agevolazioni per le imprese di quest’area. Potenziare l’economia delle regioni del Mezzogiorno e ridurre il divario tra nord e sud rimangono priorità imprescindibili per accrescere la competitività del Paese e consolidare il ruolo dell’Italia nell’Unione europea”.
“Arrivati al dunque, cioè al momento di fare i conti, si scopre che le coperture per il credito d’imposta a favore delle imprese che investono nella Zes unica sono del tutto insufficienti”.
Così Giulio Sottanelli, deputato abruzzese di Azione, che aggiunge: “Noi lo avevamo detto tempo fa, ora però i conti li ha fatti l’Agenzia delle Entrate, rapportando il totale dei crediti d’imposta richiesti, pari a 9,5 miliardi di euro, ai soli 1.670 milioni disponibili. Risultato: la percentuale del credito d’imposta spettante alle imprese che ne hanno fatto domanda per gli investimenti effettuati è pari ad appena il 17,6668% dell’importo del credito richiesto. Un piccolo imprenditore che ha deciso di investire in Abruzzo credendo di avere diritto a benefici per il 35% sugli investimenti effettuati si ritroverà la brutta sorpresa di un assai più modesto 5,9%. Tutto questo, ovviamente, crea tensione finanziaria alle imprese che avevano tutt’altra idea al momento della stesura del piano economico fatto prima dell’investimento. Una beffa terribile per chi fa impresa e un danno per lo stesso Abruzzo e per tutto il Mezzogiorno, visto che così sarà molto più difficile attrarre investitori. Resta una domanda: perché smantellare le 8 vecchie Zes, che avevano cominciato a funzionare bene, e varare una Zes estesa a tutto il Mezzogiorno senza prevedere le risorse necessarie? Imprenditori e investitori aspettano una risposta”.
Il capogruppo Pd in Consiglio regionale Silvio Paolucci sull’argomento ha commentato in una nota:
“Com’era facile prevedere la Zes unica già penalizza la nostra regione. È andata peggio di quanto ci aspettavamo e abbiamo denunciato, perché con gli ultimi ricalcoli del riparto del credito imposta da parte dell’Agenzia delle entrate il credito d’imposta avrà percentuali ridicole per chi lo richiede. Le istanze presentate dal 12 giugno 2024 al 12 luglio 2024 ammontano a circa 9 miliardi e mezzo, ma le risorse messe a disposizione dal Governo sono 1.670.000 milioni di euro, così la percentuale del credito d’imposta effettivamente fruibile da ciascun beneficiario si attesta sul 17,6668% dell’importo del credito richiesto, la metà di quella annunciata. Ci chiediamo se l’assessora Magnacca che tanto elogiava la Zes unica legge bene le carte prima di dichiararla un successo e prendere in giro gli abruzzesi. In pratica, una piccola o media impresa che avrebbe potuto avere il 35% con il riparto delle richieste, con la ZES Unica sarà all’incirca il 6% dell’investimento presentato, chiaramente per il già realizzato, perché per il resto del progetto, valido fino al 15 novembre 2024 sarà praticamente impossibile accedere al credito d’imposta. Per non parlare delle grandi imprese che si ritroveranno con una percentuale pari a circa il 3 per cento del progetto presentato. Marsilio e la neo assessora alle Attività produttive Tiziana Magnacca pensano di risolvere i problemi con i comunicati stampa mentre le bugie hanno le gambe corte: l’Abruzzo nella Zes unica non conta più nulla, chi governa deve risolvere i problemi della comunità, non prenderla in giro. È il minimo sindacale anche per non fare brutte figure, come l’ultima inanellata sul PIL: siamo l’ultima regione per il differenziale del Prodotto interno lordo pre e post Covid analizzato dalla CGIA di Mestre, ma tutto resta fermo. Delle due l’una: o non lo hanno capito, oppure dello sviluppo reale dell’Abruzzo al centrodestra non importa nulla”.
Sulla Zes è intervenuto anche l’onorevole Luciano D’Alfonso.
“L’Agenzia delle Entrate, secondo quanto disposto dal governo con legge n. 162 del 2023, ha fissato al 17,6668% la percentuale del credito di imposta destinato alle imprese che effettuano investimenti nel periodo 1 gennaio – 15 novembre 2024 per l’acquisto di beni strumentali destinati a strutture produttive situate nella ZES unica”.
“Tale percentuale è stata calcolata considerando l’ammontare dei bonus richiesti con le domande
presentate tra il 12 giugno e il 12 luglio scorsi, pari a 9 miliardi 452 milioni di euro, rispetto ai fondi
messi a disposizione dal governo, ovvero 1 miliardo 670 milioni. Si tratta di una somma assolutamente insufficiente, che vanifica lo slancio contenuto in una misura che era stata concepita nel giugno 2017 dal governo Gentiloni per incentivare gli investimenti nel Mezzogiorno. Inoltre il divieto di cumulo con altri incentivi – ad esempio i contratti di sviluppo – è un ulteriore freno all’efficacia del provvedimento. Di fatto, il vantaggio è appena superiore al 10% per le pmi e del 6,8% per le grandi aziende”.
“Si è voluto dare una mancetta a tutti, compromettendo fin quasi a cancellare l’effetto positivo della
ridotta fiscalità. E’ l’ennesima prova dell’incapacità e dell’assenza di visione di questo esecutivo,
che si riempie la bocca di slogan ma fa poco o nulla per la crescita del tessuto produttivo nazionale.
Ridateci la ZES regionalizzata, che si è voluto unificare per danneggiare le Regioni del sud a guida
centrosinistra. Gli interessi di parte devono venire dopo gli interessi generali. La ZES deve
funzionare come ambito territoriale ottimale, non come una maxi-tovaglia sulla quale spargere
poche briciole. Ridateci Miccio: almeno lui era dedicato a misurare i problemi e le ambizioni abruzzesi senza gigantismi ritardatori. La ZES regionalizzata garantiva appropriatezza di istruttoria e
consapevolezza conoscitiva. Adesso sembrano tornati i tempi del Commissariato agli usi civici di
Foggia, grazie al quale nulla si decideva”.
“Una truffa” per l’onorevole Camillo D’Alessandro.
“Mentre il Governo vara l’autonomia differenziata, che significa decentramento al limite della rottura Paese, guarda caso lo stesso Governo sulle Zes ha fatt esattamente io contrario, accentrando le Zes territoriali in una sola nazionale. Risultato? Non ci sono più le risorse, nodi al pettine, investimenti bloccati. Lo avevamo urlato, nel silenzio assordante di Regione e Confindustria, che solo ora tocca la verità delle nostre denunce. Saltano milioni di Euro, e gli imprenditori che si sono fidati dello Stato, confidando nel creduto di imposta, ed hanno investito si troveranno tutto sulle proprie spalle, ora rischiano di non farcela. Una truffa.”
“Viene sottovalutato un altro dato. Con la Zes unica, oltre al credito di imposta, è stato cancellato l’abbattimento dell’Ires per dieci anni a favore di chi investiva nel sud nelle aree Zes. Non so se ci si rende conto, che era una spinta incredibile per realizzare ed attrarre investimenti. Servirebbe un governo regionale che faccia vertenza a Roma, ma purtroppo abbiamo un tappetino silente che consente ogni abuso contro i nostri interessi.cL’Arap e Regione dovrebbero subito mappare lo stato dell’arte. Quanti sono gli investimenti che non troveranno copertura con il credito di imposta previsto ( che dal 35% rischia di attestarsi sul2,65%). Quanti investimenti si bloccanl e quanti non si faranno più. Quale impatto avrà su PIL regionale ed occupazione. Ho la sensazione che il combinato disposto delle diverse situazioni assomiglia ad una bomba che sta per esplodere “.