19 Agosto 2024 - 10:34:53

di Redazione

Lo studio dell’associazione di comuni Autonomie locali italiane Abruzzo (Ali) che ha elaborato i dati dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani sull’autonomia differenziata calandoli sull’Abruzzo, ha suscitato molte reazioni e polemiche.

Dallo studio emerge infatti che l’autonomia differenziata non sarebbe sostenibile per l’Abruzzo alle condizioni attuali.

Se le Regioni del Centro-Nord trattenessero per intero le proprie entrate fiscali, come aveva chiesto il Veneto nel 2017, per l’Abruzzo verrebbero a mancare 3,8 miliardi di euro ogni anno in spesa pubblica, una enormità che metterebbe in ginocchio comuni, servizi sanitari, scolastici, socio assistenziali, di trasporto e molte altre voci.

Sulla base dei residui fiscali, ovvero della differenza tra entrate e uscite fiscali, facendo riferimento agli ultimi dati disponibili del 2019, l’Abruzzo ha una spesa primaria, ovvero una spesa delle amministrazioni pubbliche, che pesa per il 56,4% del Pil regionale. Sempre l’Abruzzo però raccoglie entrate fiscali pari al 44,8% del Pil, questo vuol dire che la spesa per beni e servizi pubblici, spesa sociale, investimenti etc è maggiore dell’11,5% (ovvero 3,8 miliardi) rispetto a quanto la regione stessa è in grado di generare in termini di entrate fiscali.  

Alessandro Paglia, direttore di ALI Abruzzo, afferma: “Abbiamo davanti a noi due alternative, o lo stato si farà carico di cancellare da un anno all’altro l’11,5% del pil regionale, qualora decida di accettare la proposta veneta del 2017, oppure se vorrà evitare una catastrofe economica e sociale dovrà trovare le risorse per garantire i famosi LEP, i livelli essenziali di prestazione, con fondi che dovranno comunque venire dalla fiscalità generale. In altre parole un cane che si morde la coda, facciamo uscire i soldi dalla porta per poi farli rientrare dalla finestra, non se ne comprende davvero il senso. Anche qualora si volessero scegliere delle strade intermedie il calcolo è presto fatto, il Pil del Mezzogiorno rappresenta il 22% di quello nazionale contro il 78% delle regioni del Centro-Nord, questo vuol dire che ogni euro trattenuto grazie all’autonomia differenziata si moltiplica in 3,5 euro in meno per il sud”.

Il presidente Uncem Abruzzo, Lorenzo Berardinetti al riguardo sottolinea: “Lo studio Ali sui potenziali effetti dell’autonomia differenziata dipinge un quadro estremamente preoccupante per l’Abruzzo. I dati sono chiari: la nostra regione rischierebbe di perdere 3,8 miliardi di euro, una somma che oggi è fondamentale per garantire servizi essenziali come la sanità, l’assistenza sociale e il trasporto pubblico. È impensabile che, in un contesto di autonomie differenziate, lo Stato possa coprire il deficit di tutte le regioni con difficoltà finanziarie, poiché si parla di cifre che superano i 100 miliardi a livello nazionale”.

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“L’autonomia differenziata, così come pensata dal governo, rischia di rompere l’equilibrio di solidarietà che ha finora permesso a regioni come la nostra di mantenere un livello accettabile di servizi pubblici”, ha continuato Berardinetti, “se questi 3,8 miliardi venissero meno, l’Abruzzo sarebbe costretto a tagliare drasticamente servizi fondamentali, con conseguenze drammatiche per la qualità della vita dei nostri cittadini, in particolare delle fasce più deboli della popolazione. Non possiamo permettere che questo accada. L’Abruzzo e molte altre regioni d’Italia non possono e non devono essere abbandonate”.

Sulla questione è intervenuto anche Daniele Marinelli, segretario regionale del PD Abruzzo:

“L’Abruzzo incamera ogni anno 14,8 miliardi grazie alle entrate fiscali e ne spende 18,6 per i servizi
che fornisce. La differenza – pari a 3,8 miliardi – è attualmente coperta grazie ai fondi statali che garantiscono la perequazione tra le Regioni italiane. Qualora venisse attuata l’autonomia differenziata voluta dal governo Meloni, questi 3,8 miliardi dovrebbero essere compensati in altro modo, poiché lo Stato non potrebbe accollarsi i circa 100 miliardi necessari alla perequazione di tutte le Regioni che presentano un deficit. E allora verrebbero tagliati pesantemente molti servizi, tra i quali la sanità, l’assistenza sociale e il trasporto pubblico”.

“E’ il quadro drammatico che emerge da un’indagine effettuata da ALI – Autonomie locali italiane in
base ai dati dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani. Per questo motivo invitiamo le cittadine e i cittadini a sottoscrivere il referendum per l’abrogazione dell’autonomia differenziata: la raccolta delle firme è già a buon punto ma occorre arrivare ad un numero importante per far capire al governo delle destre che le italiane e gli italiani non vogliono questo provvedimento, che getta nel caos molti territori (non solo al sud) per compiacere la Lega di Salvini”.

L’autonomia differenziata non sarebbe sostenibile per l’Abruzzo alle condizioni attuali. Se le Regioni del Centro-Nord trattenessero per intero le proprie entrate fiscali, come aveva chiesto il Veneto nel 2017, per l’Abruzzo verrebbero a mancare 3,8 miliardi di euro ogni anno in spesa pubblica, una enormità che metterebbe in ginocchio comuni, servizi sanitari, scolastici, socio assistenziali, di trasporto e molte altre voci.

È il risultato di un’analisi condotta dall’associazione di comuni Autonomie locali italiane – Abruzzo (ALI Abruzzo). 

Sulla base dei residui fiscali, ovvero della differenza tra entrate e uscite fiscali, facendo riferimento agli ultimi dati disponibili del 2019, l’Abruzzo ha una spesa primaria, ovvero una spesa delle amministrazioni pubbliche, che pesa per il 56,4% del Pil regionale. Sempre l’Abruzzo però raccoglie entrate fiscali pari al 44,8% del Pil, questo vuol dire che la spesa per beni e servizi pubblici, spesa sociale, investimenti etc è maggiore dell’11,5% (ovvero 3,8 miliardi) rispetto a quanto la regione stessa è in grado di generare in termini di entrate fiscali.  

Alessandro Paglia, direttore di ALI Abruzzo, dichiara: “Abbiamo davanti a noi due alternative, o lo stato si farà carico di cancellare da un anno all’altro l’11,5% del pil regionale, qualora decida di accettare la proposta veneta del 2017, oppure se vorrà evitare una catastrofe economica e sociale dovrà trovare le risorse per garantire i famosi LEP, i livelli essenziali di prestazione, con fondi che dovranno comunque venire dalla fiscalità generale. In altre parole un cane che si morde la coda, facciamo uscire i soldi dalla porta per poi farli rientrare dalla finestra, non se ne comprende davvero il senso. Anche qualora si volessero scegliere delle strade intermedie il calcolo è presto fatto, il Pil del Mezzogiorno rappresenta il 22% di quello nazionale contro il 78% delle regioni del Centro-Nord, questo vuol dire che ogni euro trattenuto grazie all’autonomia differenziata si moltiplica in 3,5 euro in meno per il sud”.