10 Settembre 2024 - 10:08:41

di Tommaso Cotellessa

Non si si arrestano gli affondi delle associazioni ambientaliste abruzzesi contro la delibera regionale n. 509 dell’8 agosto 2024, che prevede l’abbattimento di 469 cervi nella regione.

Il duro attacco oggi viene lanciato dal WWF Abruzzo che ,insieme a organizzazioni come ALTURA, ENPA, Salviamo l’Orso e LIPU Abruzzo, ha inviato una nota al Consiglio regionale, al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e all’ISPRA, evidenziando numerose incongruenze e criticità presenti nello studio condotto dalla società D.R.E.Am., alla base della controversa decisione.

Secondo le associazioni, i dati forniti dalla relazione tecnica sono incompleti e inaffidabili, non giustificando in modo adeguato la necessità di un intervento così drastico. Le lacune riguardano soprattutto il numero di cervi presenti sul territorio, l’effettivo legame tra la loro presenza e i danni all’agricoltura, così come l’impatto sui rischi stradali. Il sospetto, denunciano gli ambientalisti, è che il provvedimento sia un pretesto per favorire i cacciatori, più che una vera misura per limitare i danni alle colture e ridurre gli incidenti con la fauna selvatica.

Uno dei punti più critici sottolineati dalle associazioni è la scelta di affidare i monitoraggi sulla popolazione dei cervi agli Ambiti Territoriali di Caccia (ATC), ovvero agli stessi soggetti che si occupano della caccia di selezione. Un chiaro conflitto d’interessi, secondo gli esperti, che evidenziano come i monitoraggi dovrebbero essere svolti da enti terzi con competenze scientifiche comprovate, garantendo l’imparzialità dei dati raccolti.

Nella stessa Relazione della D.R.E.Am. si ammette la variabilità delle osservazioni raccolte dal 2018, legata alla mancanza di uniformità nella raccolta e archiviazione dei dati. Perfino i dati degli ultimi tre anni vengono definiti solo “probabilmente” rappresentativi della realtà, con errori dovuti a una copertura territoriale insufficiente e una raccolta non omogenea, che compromette una corretta valutazione della dinamica della popolazione di cervi.

Le associazioni pongono l’accento anche sull’incoerenza tra la distribuzione dei cervi e i danni all’agricoltura riportati dalla Relazione. Non emerge un chiaro nesso causale tra il numero di cervi e i danni alle coltivazioni, il che fa ipotizzare che il problema sia circoscritto a poche aree specifiche, per le quali sarebbero necessari studi più approfonditi. Inoltre, nella Relazione si evidenzia come i dati economici relativi ai danni siano incompleti: vengono forniti solo gli importi stimati e non quelli effettivamente erogati, rendendo difficile una stima precisa dell’impatto economico della fauna selvatica.

Anche per quanto riguarda il rischio di incidenti stradali, l’analisi risulta confusa e imprecisa. La stessa D.R.E.Am. ammette che non sempre i danni stradali sono imputabili ai cervi, ma più genericamente agli ungulati, e che altri fattori, come la tipologia di strada e la velocità media dei veicoli, influenzano significativamente la probabilità di impatto. Questo indebolisce ulteriormente l’argomento secondo cui l’abbattimento dei cervi ridurrebbe significativamente il numero di incidenti.

Le associazioni propongono, come alternativa al prelievo venatorio, l’utilizzo di metodi preventivi per ridurre i danni all’agricoltura e i rischi stradali. Recinzioni idonee, dissuasori acustici, visivi e olfattivi sono strumenti già sperimentati con successo in altre regioni e che potrebbero essere implementati anche in Abruzzo, nelle zone più problematiche. Si ricorda, inoltre, come la caccia non abbia risolto problemi simili per altre specie, come il cinghiale, il cui numero continua a crescere nonostante le intense attività di abbattimento.

Le associazioni chiedono dunque la sospensione della delibera regionale e l’apertura di un tavolo di confronto con esperti e istituzioni per individuare soluzioni realmente efficaci e sostenibili. L’accusa rivolta alla Regione Abruzzo è di non aver trattato il problema con la dovuta attenzione scientifica e trasparenza. Si richiede un maggiore coinvolgimento delle competenze presenti sul territorio per approfondire le dinamiche di coesistenza tra la fauna selvatica e le attività umane.

La fauna abruzzese, sottolineano infine le associazioni, merita soluzioni più consapevoli e rispettose, che tengano conto dell’importanza della biodiversità e dell’ecosistema locale, evitando decisioni prese a vantaggio di interessi di parte.