09 Ottobre 2024 - 17:38:51

di Martina Colabianchi

In Abruzzo il 9,2% delle famiglie, circa 120 mila persone, ha rinunciato a curarsi nel 2023, con un aumento rispetto al 2022 del +1,6%, quando a rinunciare alle cure era il 7,6% delle famiglie abruzzesi.

Questi i dati forniti dall’ultimo rapporto Gimbe sul sistema sanitario nazionale, che colloca la nostra regione al quinto posto in classifica per rinuncia alle cure.

Ma non è questo l’unico dato preoccupante. L’Abruzzo risulta “inadempiente” per quanto concerne i LEA, cioè i Livelli essenziali di assistenza che il sistema sanitario deve ai cittadini. A preoccupare è soprattutto il dato sulla prevenzione, settore per cui la nostra regione registra nel 2022 un punteggio di 49,31 su un minimo di 60 per rientrare nelle “adempienti”.

Nello specifico, la nostra regione si classifica 17^ per la prevenzione, 14^ per l’area distrettuale e 16^ per l’area ospedaliera.

Brutto e preoccupante il dato sulla povertà che emerge dal rapporto Gimbe 2024 sul sistema sanitario nazionale e che condiziona il diritto alla salute: l’Abruzzo ha il 9,2 per cento di famiglie che rinunciano alle cure, contro il 7,6 del Paese, un triste primato, perché in percentuale siamo la quarta regione d’Italia per pazienti che per ragioni economiche decidono di non curarsi, tradotto in cifre sono oltre 120.000 persone che restano fuori da prestazioni e servizi e che la Regione non recupera in nessun modo. Veniamo ai Livelli essenziali di assistenza che confermano questo trend. Il trionfalismo imbarazzante di Marsilio rispetto a inaugurazioni di mura senza servizi è stato punito dai dati: la regione è in fondo alla classifica degli adempimenti LEA, dato più che confermato dallo scorso anno con il -30,86 del nuovo rapporto. Significa che restiamo fra le sei zone rosse nazionali dei tre parametri (area prevenzione, area distrettuale e area ospedaliera), rispettivamente con il 49,31 su prevenzione, 62,18 su area distrettuale e 73,10 su area ospedaliera: il punteggio totale è di 184,59 che ci considera come “regione inadempiente” secondo il nuovo sistema di garanzia“, così il capogruppo Pd in Consiglio regionale Silvio Paolucci.

Non basta. Chi invece decide di curarsi lo fa sempre più fuori dall’Abruzzo, come conferma il saldo negativo della mobilità passiva interregionale, che ci vede al sestultimo posto, con oltre 100 milioni di euro di oneri. E chi fugge, va sempre di più verso la sanità privata: l’Abruzzo è al 43,6 per cento di ricoveri e prestazioni specialistiche erogate da strutture non pubbliche e per ricoveri ordinari e day hospital e specialistica ambulatoriale addirittura supera di ben 10 punti il pubblico con una percentuale pari al 45,1 per cento contro il 35,9  – rimarca Paolucci – . L’autonomia differenziata sarà la ciliegina su una torta già indigesta per l’Abruzzo, perché metterà le regioni in competizione, acuendo le difficoltà di quelle già in affanno come la nostra. Il rapporto della Fondazione Gimbe scrive a chiare lettere che il Sistema sanitario nazionale è a rischio, a causa di politiche sbagliate a livello governativo e con pesanti criticità a livello regionale, che condurranno a ulteriori tagli, come dimostra l’andamento della spesa sanitaria rispetto al PIL. Per queste ragioni con la legge per il “Riordino della disciplina in materia sanitaria che il centrodestra ha bocciato, avevamo proposto un ancoraggio, mirando a un adeguamento della spesa sanitaria attraverso la modifica l’articolo 1 del decreto vigente, affinché l’importo delle risorse finanziarie destinate al servizio sanitario nazionale venisse determinato in misura non inferiore al 7,5 per cento del PIL dell’anno precedente. Se la proposta fosse passata, l’indice di spesa già sceso al 6,6 sul Pil l’anno scorso, non sarebbe all’attuale 6,2 con la prospettiva di scendere ancora con il governo di destra“.

In sostanza – conclude il capogruppo Pd – i dati confermano tutti gli allarmi che lanciammo mesi fa sullo stato della sanità territoriale: dalla messa il rischio del diritto alla salute che proprio il sistema regionale dovrebbe assicurare, alla rinuncia alle cure per la crescente povertà delle famiglie, passando per la pesante incidenza che avrà su un quadro già così penalizzante per l’Abruzzo anche l’entrata in vigore dell’autonomia differenziata, nonché l’inefficacia di una governance territoriale Regione/Asl alle prese con disavanzi in pesante crescita. Segni tutti, questi, di un fallimento di cui sono artefici il Governo nazionale a guida Meloni e quello regionale a guida Marsilio: chi governa è rimasto fermo sugli investimenti e sulle soluzioni a vantaggio della comunità, proprio come dimostra il rapporto e come racconta bene anche la realtà regionale con il deficit delle Asl, le liste di attesa e la caduta di prestazioni e servizi: è il fallimento totale dell’era Marsilio che ci porterà verso un nuovo commissariamento del comparto“.  

Mentre la destra distribuisce fondi a pioggia e litiga per le poltrone, la Fondazione Gimbe mette impietosamente a nudo il disastro della sanità regionale. Da un rapporto sul diritto alla salute degli italiani presentato due giorni fa a Roma, emerge che il 9,2% delle famiglie abruzzesi rinuncia a curarsi, a fronte di una media nazionale del 7,6%: significa che nel 2023 ben 120.704 persone non hanno potuto usufruire delle prestazioni sanitarie per questioni economiche“.

Così, in una nota, il segretario regionale del Pd Daniele Marinelli.

Non solo: chi può va a curarsi fuori regione, e questo fa sì che la mobilità passiva costi alle casse regionali oltre 100 milioni di euro e ci veda sestultimi in Italia. Su tutto aleggia il gigantesco deficit nei bilanci delle Asl, che sfiora i 200 milioni“.

Il quadro delineato dal rapporto Gimbe – che si basa su dati Istat – si presenta gravissimo: è questa la sanità modello che Marsilio andava vantando fino a qualche tempo fa? È ora di smetterla di fare propaganda sulla pelle delle persone. Oltre alla disastrosa gestione regionale, c’è a monte un tema nazionale di risorse, come anche Marsilio sostiene? Sì. Ma la destra sia conseguente. Firmi con noi la proposta di legge alle Camere per dare più soldi alla sanità pubblica e smetta di difendere l’autonomia differenziata, che affosserebbe definitivamente il sistema sanitario regionale“, conclude Marinelli.

Fra tutti i dati relativi alla catastrofica situazione della sanità nazionale e regionale messi nero su bianco sull’ultimo rapporto della Fondazione Gimbe ufficializzato nei giorni scorsi, quello forse più impressionante è il numero degli abruzzesi che rinunciano alle cure, una percentuale del 9,2 per cento che, tradotto in numeri, significa almeno 120.704 abruzzesi che, per ragioni economiche, l’anno scorso non sono riusciti a intraprendere un percorso né di prevenzione, ma soprattutto di cure. È un numero imponente che non può restare una statistica, perché parliamo del diritto alla salute e alla cura di ognuno che non può restare inevaso. Per questa ragione mi farò promotore di una risoluzione indirizzata al presidente Marsilio e all’esecutivo regionale per sapere se esistono azioni volte alla riduzione di tale numero e, se no, cosa intende fare la Regione per intervenire. Non possiamo restare con le mani in mano”, così il consigliere regionale Pd Antonio Di Marco annunciando l’iniziativa.

I 120.000 abruzzesi costretti dalle proprie condizioni economiche a non curarsi, sono parte dei quasi 4,5 milioni di connazionali che hanno rinunciato alle cure – illustra Di Marco – questo perché in un solo anno è aumentata di più del 10,3 per cento la spesa che gli italiani sostengono di tasca propria (out of pocket) per le prestazioni sanitarie di cui hanno bisogno. In pratica nel solo 2023, si legge nel rapporto, si registra un’impennata significativa della spesa sanitaria nazionale a carico dei cittadini pari a 3.806 milioni di euro rispetto al 2022. l’incremento più rilevante riguarda la spesa per assistenza sanitaria per cura e riabilitazione (+ 2.760 milioni di euro) e quella per prodotti farmaceutici e altri apparecchi terapeutici (+2.503 milioni di euro), seppur con andamenti differenti. Tutto questo, unito alla crescente difficoltà economica derivante da crisi, perdita del lavoro, di contratti e varie altre cause, ci ha portato ad essere la quarta regione del Paese per persone che rinunciano alle cure, con una percentuale del 9,2, alta poco meno di due punti rispetto alla media nazionale, ma che si traduce in una cifra totale impressionante. È come se un’intera città abruzzese di 120.000 abitanti, ad esempio, per numerosità, Pescara, non avesse la possibilità di curarsi e rinunciasse a farlo, con tutte le conseguenze che ciò comporta in termini di peggioramento della qualità della vita, premorienza, dolore e disagio e l’aspettativa di vita dell’83 per cento, che ci colloca di poco sotto alla media nazionale che è all’83,1 per cento. Il trend si è affermato in modo deciso negli ultimi anni, quelli di governo del centrodestra, per questo è importante sapere cosa la Regione abbia messo in campo per evitare quello che è di fatto un fallimento per la governance della sanità pubblica ed è anche un’onta a livello europeo, oltre che nazionale, perché purtroppo ci sono luoghi italiani dove il fenomeno è contenuto (il rapporto conferma che la maggiore percentuale di rinunce è nel centro Italia, che ha l’8,8 per cento di famiglie che abbandonano)“.

Tutto ciò è inaccettabile e lo è decisamente per una regione che si era detta “modello” per la sanità, salvo poi scoprire debiti, conti in rosso e crollo di prestazioni e servizi come si è rivelato l’Abruzzo. Ma in particolar modo lo è per una comunità che costituzionalmente deve poter avere accesso e vedersi assicurato dalle istituzioni uno dei diritti più importanti, quello alla salute“, conclude Antonio Di Marco.