14 Ottobre 2024 - 12:49:33
di Redazione
Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta sulla questione dei lavori al Traforo del Gran Sasso che hanno preso il via questa mattina.
La lettera è a firma dell’ingegnere Giorgio Morelli, ex consulente della procura nella vicenda degli sversamenti di inizi anni Duemila.
L’argomento di questa lettera riguarda un problema molto complesso che in questi giorni è tornato alla ribalta della cronaca. Parlo del Gran Sasso d’Italia e del suo imponente acquifero, risorsa naturale dell’intera Italia centrale.
Sono Giorgio Morelli, ingegnere, già dirigente del Corpo forestale dello Stato; sono stato responsabile delle indagini nel 2002/2003, delegate dalla Procura di Teramo, per i reati connessi allo sversamento di trimetilbenzene dai Laboratori Nazionali del Gran Sasso, in tale occasione ho svolto anche il compito di coordinatore del pool di consulenti tecnici incaricati dalla stessa Procura.
Le notizie di questi giorni sono di lavori di carotaggi per indagini geognostiche, svolte per conto del Commissario Straordinario preposto alla soluzione delle criticità della circolazione dell’acqua del Gran Sasso, oggi a rischio per la salute umana.
I lavori comporteranno un grave svantaggio per l’economia dell’intera zona oltre a rischi, paventati dai gestori dell’acquedotto, di intorbidimento dell’acqua.
Ma a cosa servono questi sondaggi? Il Commissario è prima criptico poi contraddittorio. Al riguardo sono state rilasciate dal Commissario dichiarazioni molto laconiche ed in parte contraddittorie prima negando l’idea di nuove captazioni per poi accennare a nuove e diverse captazioni.
Può essere utile rifarsi alle conoscenze attuali che, evidentemente, le prospezioni vogliono confermare o confutare. Copiosa è la letteratura scientifica e decisive le prove tecniche effettuate durante le prime indagini del 2002/2003.
L’elemento preponderante di queste conoscenze è che l’acquifero del Gran Sasso, sicuramente compartimentato, con velocità di spostamento dell’acqua variabile in funzione delle fratturazioni e discontinuità primarie e secondarie dell’ammasso roccioso, è in stretta e continua connessione idraulica.
Ne fu prova già l’abbassamento di portata delle sorgenti al momento dell’iniziale emungimento (estrazione di acqua) degli scavi, ma questa connessione è stata ulteriormente dimostrata dal tracciante cromatico utilizzato durante le indagini del 2002 e 2003; questo, immesso negli scarichi all’interno delle sale dei Laboratori, nel versante Teramano, si disperse nella falda e fu da questa catturato e si ritrovò a 7 chilometri, nell’altro versante della montagna, nelle vasca di accumulo dell’acquedotto dell’Aquila, si ritrovò, altresì, in due sorgenti, nel Teramano, esterne ai tunnel ed ai Laboratori Dunque allo stato attuale delle conoscenze qualsiasi contaminante si dovesse disperdere sotto il Gran Sasso la falda lo potrebbe diffondere e restituire ovunque! Non esiste una distanza di sicurezza dove attingere l’acqua da bere.
Diviene allora obbligatorio separare e rendere stagni gli usi delle tre Strutture sotterranee.
Sono passati 21 anni di Commissariamento e ad oggi ancora non si conosce l’indirizzo progettuale che si vuole seguire? Se si perché non si dichiara e si sottopone al prescritto dibattito pubblico? Orbene dalle dichiarazioni rilasciate alla stampa dal Commissario si è saputo che una Società è stata incaricata della redazione del progetto di fattibilità tecnico economica, poi si è saputo, sempre dalle sue dichiarazioni, che i sondaggi imminenti servirebbero per il documento di fattibilità delle alternative progettuali. Ebbene il codice degli appalti prevede una diversa scansione: il primo atto è il documento di fattibilità delle alternative progettuali (DOCFAP) in esso si devono confrontare le scelte alternative del futuro progetto. In successione il codice, per questo tipo di lavori, prevede il Dibattito Pubblico Obbligatorio necessario per la scelta definitiva delle linee progettuali proposte dal documento precedente; a seguire si redige il Documento d’indirizzo progettuale (DIP), solo dopo con il Progetto di Fattibilità Tecnico Economica (PFTE) si inizia il lavoro utile alla prima fase di progettazione che, quando completata, sarà posta come base per la gara d’appalto. Delle due una: i sondaggi a cosa servono? Al progetto di fattibilità? Alla ricerca delle alternative progettuali? La differenza è sostanziale! Se ancora non si sa l’uso dei risultati dei sondaggi perché farli?
Una cosa è certa, i sondaggi, in genere, esplorano punti ben individuati secondo uno schema di progressione che intende confermare o meno delle ipotesi di lavoro già definite piuttosto che ricercare un confronto tra soluzioni anche diametralmente opposte. Peraltro le dichiarazioni commissariali, sebbene laconiche, rendono evidente la finalità di separare i percorsi dell’acqua pescando quella per gli acquedotti, in nuove e diverse captazioni lontano e al sicuro dall’eventuali contaminazioni in punti dell’acquifero sotterraneo separato dalle attuali captazioni e che fornisca una portata costante quantomeno equivalente a quella attuale. Ne consegue la fondata supposizione che i sondaggi servano appunto a trovare una tale vena di acqua!
Ma, considerato che le conoscenze attuali già ci indicano che la garanzia che si possa trovare acqua non collegata idraulicamente, quindi sicura, è molto labile; considerato inoltre che questo nuovi e diversi punti di captazione andrebbero ad aumentare, se non raddoppiare, l’emungimento della falda, compromettendo il sistema idrogeologico della montagna già fortemente alterato dai lavori autostradali e dalle sale dei Laboratori; non sarebbe il caso di evitare sondaggi conoscitivi in mancanza di un’idea già vagliata dalle alternative progettuali e condivisa nel dibattito pubblico?
Quale sede migliore del dibattito pubblico obbligatorio previsto dalla, una volta tanto benedetta, burocrazia per trovare una soluzione condivisa?