10 Dicembre 2024 - 10:33:56
di Martina Colabianchi
“Non è escluso che a Natale avremo per regalo la definitiva conclusione a capo piazza dei lavori relativi alla struttura di uscita del tunnel proveniente dal terminal. Un “regalo” di cui avremmo fatto volentieri a meno e la cui totale inadeguatezza in questo contesto è già da tempo apprezzabile in tutta la sua evidenza“.
Inizia così la lettera che la sezione locale dell’associazione Italia Nostra dedica alla pesante struttura metallica posta all’inizio di piazza Duomo in corrispondenza del sottopassaggio del terminal e su cui, già da tempo, si è scatenata l’ironia dei cittadini aquilani. Una “ciliegina sulla torta“, la definisce Italia Nostra, rispetto al danno già compiuto con la scelta delle pavimentazioni di corso e piazze, anche in vista dell’afflusso turistico che la città attende nel 2026 quando sarà la Capitale italiana della Cultura.
Di seguito il testo completo della lettera, cui l’associazione spera possa seguire un necessario dibattito.
“Non è escluso che a Natale avremo per regalo la definitiva conclusione a capo piazza dei lavori relativi alla struttura di uscita del tunnel proveniente dal terminal. Un “regalo” di cui avremmo fatto volentieri a meno e la cui totale inadeguatezza in questo contesto è già da tempo apprezzabile in tutta la sua evidenza.
La scrivente Associazione ha evitato di prendere continuativamente posizione su quanto finora fatto in tema di arredo urbano. Sarebbe servito a poco quando non era più possibile intervenire per provare a modificare scelte ormai fatte e finanziate senza coinvolgere l’opinione pubblica. Ribadiamo comunque, anche in questa sede, la nostra critica alla scelta delle pavimentazioni, più adatte al lungomare di una città balneare che alle vie centrali di una città storica.
Ma ora ci è impossibile tacere al cospetto di questa “ciliegina sulla torta” che snatura definitivamente quella che in fondo è la piazza principale della nostra città, se non altro per grandezza. Un manufatto per il quale è fin troppo facile trovare similitudini: un viadotto autostradale, una pista per slittini o una palestra per arrampicate su ghiaccio… anzi, potremmo fin da ora invitare tutti a un ideale concorso per trovare il paragone più calzante per stigmatizzare una tale inqualificabile presenza.
Tuttavia non è solo questione di discutibilissime scelte estetiche. Alla scelta di un tale ingombrante manufatto si accompagna la volontà di ripetere, aggravandolo, un errore già fatto in passato.
È possibile, ci chiediamo, che nessuno, allora, quando fu costruita la prima pensilina, ed oggi in questa ancora peggiore recidiva, si sia posto il problema di non interrompere visivamente l’approccio percettivo di chi giunge in piazza da Collemaggio, e da Porta Bazzano, percorrendo un percorso storicamente determinato come quello di Costa Masciarelli e Via Cimino? A qualcuno, persone e istituzioni, manca forse quel minimo di sensibilità necessario per rendersi conto che non è concepibile avvicinarsi al cuore di una città trovandosi di fronte un casello autostradale che interrompe visivamente la visione della facciata della Cattedrale?
Ed oggi, anche se non fosse stato possibile spostare l’uscita del terminal, perché economicamente troppo oneroso, la scelta corretta sarebbe stata quella di “alleggerirne” la presenza, non certo quella di rafforzarla con strutture metalliche sovradimensionate e una struttura degna, come detto, di un viadotto. Bel biglietto di presentazione per la “Città della cultura 2026”!
Siamo al cospetto dell’ennesima e ancor più grave conseguenza della scelta di un rinnovamento in senso “modernista” del volto della città. Peccato per chi l’ha voluto, e per chi l’ha concretizzato, che armonizzare il moderno con l’antico è cosa non necessariamente da condannarsi, ma difficilissima e non alla portata di tutti. Certamente non di coloro che ci hanno fatto questo “regalo”.
In un passo del suo libro “Sillabario del nuovo millennio” il filosofo Stefano Zecchi ha scritto: «“Kitsch” può essere anche l’edificio moderno progettato da un grande architetto e inserito senza gusto in uno spazio classico».
Se sostituiamo il termine “classico” con “antico” o “storico”, azione legittima in quel contesto, e se prendiamo atto che quanto qui stiamo criticando non è stata certamente opera di un “grande” architetto… cosa dobbiamo concludere? Lasciamo la scontata risposta a chi legge”.