14 Gennaio 2025 - 10:47:41

di Martina Colabianchi

Accanto ai conflitti più noti, ce ne sono altri che spesso restano nell’ombra. È il caso di quanto sta accadendo in Congo da dove è recentemente tornato il professore dell’Università dell’Aquila Francesco Barone, presidente di ‘Help Senza Confini’ onlus, reduce da una delle sue oltre 60 missioni in Africa.

Barone torna in Italia, come sempre, con un carico di esperienze estremamente tragiche vissute sul campo e in mezzo alle popolazioni stremate, ma anche e soprattutto con l’obiettivo della sensibilizzazione affinché anche qui si aprano gli occhi il più possibile su quanto sta accadendo soprattutto nel nord Kivu.

Il mio obiettivo è quello di sensibilizzare il più possibile rispetto a questo tema. Durante la mia missione umanitaria a Goma ho incontrato il sindaco della città, mi ha pregato di sensibilizzare per mettere in evidenza quello che sta accadendo a Goma e nel nord Kivu“, spiega il professore ai microfoni di LaQtv.

Come è ormai noto, quell’area del Congo è attualmente in atto una vera e propria guerra, un conflitto pericoloso fra due eserciti. Da una parte dello schieramento ci sono i militari del governo congolese, e dall’altra le truppe del gruppo ribelle M23. Gruppo che, spesso, costringe le persone a fuggire dalle proprie abitazioni a causa di violenze e soprusi. Le ragioni, spiega Barone, sono sempre le stesse: l’accaparramento di risorse quali coltan, cobalto, oro e diamanti. Lo stesso docente era stato costretto, ad aprile, a rientrare anticipatamente in Italia a causa delle tensioni nello Stato africano.

La situazione è davvero drammatica, con tante persone fuori dalla città di Goma che vivono in campi profughi – racconta Barone -. Ci sono circa 2 milioni di persone rifugiate che non hanno cibo, non hanno acqua, non hanno nessun sostentamento, Necessita intervenire il più presto possibile affinché si ponga fine a questa situazione. Queste persone hanno bisogno di tutto. Hanno bisogno di cibo, di medicine, di acqua potabile, di coperte. Vivono in capanne fatte con sacchi e la situazione è veramente drammatica. Ho visto violenze sulle donne, bambini sfruttati nelle miniere, ho visto addirittura donne alle quali sono stati tagliati i capezzoli per evitare che potessero allattare i propri figli“.

Noi stiamo facendo tante cose sul posto. Stiamo costruendo delle scuole, stiamo sostenendo le strutture sanitarie, stiamo sostenendo gli orfanotrofi“, spiega il professore. È tanto, tantissimo, ma adesso occorre un intervento delle istituzioni.

Ho cercato di contattare la segreteria del presidente del Consiglio regionale Lorenzo Sospiri, sto attendendo la risposta per incontrarlo – conclude il docente Univaq -. Comunque, è stata già avviata anche una lettera di sensibilizzazione al presidente della Camera dei Deputati, e continuerò con questa azione affinché si conosca la reale situazione che stanno vivendo milioni di persone nel nord Kivu“.