21 Gennaio 2025 - 11:15:38

di Tommaso Cotellessa

Nell’ambito della Stagione Teatrale Aquilana, organizzata dal Teatro Stabile d’Abruzzo, va in scena uno spettacolo che affronta con profondità e sensibilità le tematiche dell’identità di genere e del rapporto genitore-figlio. La Madre di Eva, tratto dall’omonimo romanzo di Silvia Ferreri, sarà presentato al Ridotto del Teatro Comunale giovedì 23 gennaio alle ore 21:00 e venerdì 24 gennaio con doppia replica alle ore 17:30 e 21:00.

Con l’adattamento e la regia di Stefania Rocca, lo spettacolo è una produzione Stage Entertainment, Enfi Teatro e Oraone Production. Sul palco Stefania Rocca, accompagnata da Bryan Ceotto e Simon Sisti Ajmone, darà vita a una storia potente e attuale, con musiche originali di Luca Maria Baldini e la consulenza artistica di Luciano Melchionna.

La Madre di Eva racconta la vicenda di una madre che si trova accanto a sua figlia in una clinica di Belgrado, in attesa di un intervento che permetterà alla giovane di completare il suo percorso di transizione di genere. La figlia, Alessandro, è nato uomo, e quel momento rappresenta il coronamento del suo desiderio di essere pienamente se stesso prima del compimento dei diciotto anni. Attraverso un dialogo immaginario e surreale, la madre ripercorre la loro vita, esplorando i conflitti, le paure, i sensi di colpa, ma anche l’amore e la speranza che hanno segnato il loro rapporto.

Con questo spettacolo – spiega  Stefania Rocca voglio raccontare il forte contrasto generazionale e le tematiche transgender dal punto di vista di chi ne è fisicamente coinvolto ed anche di chi, in quanto genitore, sente il dovere di proteggere “la sua creatura”, con il timore delle discriminazioni che la società spesso riserva a coloro che perseguono un percorso di transizione. Per Alessandro la transizione è un percorso che modifica il corpo, non l’identità. Lui è nato uomo. Non c’è un prima e un dopo. Per la madre, condizionata da un pregiudizio ancestrale, la transizione è un calvario ingiustificato oltre a essere un insulto al “frutto del suo seno”. Non è una donna bigotta ma ha paura. Paura che sua figlia soffra troppo, paura che venga giudicata, paura che la vita per lei possa essere più difficile. L’amore e l’ansia di essere una madre perfetta, la portano a guardare da un’unica prospettiva, la sua, fino a quando lei stessa non sarà in grado di comprendere e abbattere quel muro di solitudine che le ha divise, fino al momento in cui entrambe rinasceranno. Attraverso lei, vorrei si aprisse per il pubblico una finestra in più sull’identità di genere, che porti lo spettatore ad immedesimarsi emotivamente in entrambi i personaggi. Penso che tanti genitori e tant* figl* che stanno affrontando un percorso analogo, grazie alla visione di questo spettacolo potranno sentirsi meno soli”.