27 Gennaio 2025 - 10:35:35

di Martina Colabianchi

Misure alternative ai detenuti attraverso la produzione di certificazioni false. È quanto emerso nel carcere di Rebibbia a seguito di una maxi indagine dei carabinieri coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma che ha toccato anche le province abruzzesi di L’Aquila e Teramo.

Dalle prime luci dell’alba, circa 300 carabinieri del Nucleo investigativo del Gruppo di Frascati e dei Comandi locali di altre province, stanno dando esecuzione alle misure cautelari emesse dal Gip del Tribunale Ordinario di Roma.

Alla testa del sistema, uno psicologo del Servizio per le Dipendenze (Ser.D.) dell’Asl Roma 2 che opera nel carcere, finito ai domiciliari. In tutto sono quattro le persone nei guai, delle quali due ai domiciliari e due sospese dal servizio per un anno.

I documenti prodotti, in particolare, erano basati sulla redazione di false certificazioni attestanti un abuso di stupefacenti o comunque precarie condizioni psicologiche, che consentivano il collocamento di alcuni detenuti in comunità terapeutiche.

Le attività investigative erano state avviate nel giugno 2017, con una prima fase conclusasi nel novembre 2020. In questo periodo, in un’occasione è stato anche registrato un episodio di corruzione, consistito nel pagamento allo psicologo della somma di 1000€ da parte di un detenuto, in cambio della redazione di un’apposita relazione psicologica per poter godere dei benefici penitenziari.

Lo psicologo inoltre, stando a quanto ipotizzato, intratteneva rapporti con alcuni detenuti con l’obiettivo di rintracciare “nuovi” carcerati da agevolare, così da ottenere maggiori compensi in denaro dall’Azienda Sanitaria. Ad essere retribuite erano le ore lavorative prestate per il contenimento del rischio suicidi nei detenuti.

Sempre lo stesso psicologo avrebbe inoltre, stando agli indizi raccolti dagli investigatori del NIC, spinto per la costituzione di un’associazione volta a rispondere ad un bando della Regione Lazio, denominato “Progetto Sportello”, per l’assegnazione di circa 100mila euro di fondi pubblici. Fortunatamente, a seguito del riscontro di alcune anomalie da parte della commissione giudicatrice, i fondi non sono mai stati erogati.

La maxi indagine ha portato anche all’emissione di misure cautelari per 28 persone per detenzione e associazione finalizzata al traffico di droga.

L’indagine parallela ha preso avvio dal monitoraggio di un detenuto, un personaggio di spicco del narcotraffico romano che, si ipotizza, fosse in contatto proprio con lo psicologo del Ser.D. È stato accertato che il narcotrafficante, anche se in cella, grazie al determinante contributo di due avvocati (solo uno dei due arrestato), incaricati di trasmettere messaggi e direttive all’esterno, abbia continuato a promuovere un’associazione di spaccio nel quadrante sud-est della Capitale.

I successivi approfondimenti investigativi, svolti dai carabinieri tramite pedinamenti, osservazione e intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, hanno consentito di scovare due distinte associazioni di spaccio. Una con a capo il narcotrafficante già citato, che ha visto la partecipazione, peraltro con ruolo apicale, anche di un altro importante narcotrafficante romano recentemente morto suicida, e l’altra che la riforniva, anche con canali di approvvigionamento esteri (Olanda), con al vertice un esponente di prim’ordine del panorama del narcotraffico capitolino, poi divenuto collaboratore di giustizia.

È nel corso di questa attività che tre persone sono state arrestate in Abruzzo, più precisamente all’Aquila, ad Avezzano e a Corropoli (Teramo). Il primo è accusato di spaccio nell’Aquilano e a Roma, il secondo aveva a disposizione un’ ingente quantità di droga, stoccato in un paese della Marsica, mentre il terzo, un cittadino albanese che si trovava in paese per far visita a conoscenti, ma non risulta abbia commesso reati in Abruzzo.