04 Marzo 2025 - 12:59:40

di Redazione

Il Collettivo Fuori genere in presidio all’ospedale San Salvatore dell’Aquila per chiedere una sanità pubblica, accessibile, adeguata alle richieste del territorio, e per un diritto all’aborto sicuro e gratuito.

Il sit-in di stamattina anticipa lo sciopero globale transfemminista del prossimo 8 marzo, ha precisato Lorenza Ludovico del Collettivo Fuori Genere sottolineando «la sempre minore presenza di medici non obiettori» al reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale aquilano, nonostante sia stato da poco riattivato il servizio di somministrazione della pillola abortiva RU486.

Per alcuni mesi, infatti, il servizio di somministrazione della pillola abortiva era stato sospeso, con conseguenze sulle pazienti, costrette e rivolgersi ad altre strutture ospedaliere.

Per questo il Collettivo Fuori genere era sceso in piazza con proteste e manifestazioni, scrivendo anche una lettera al primario di Ostetricia e Ginecologia per chiedere di riattivare un servizio fondamentale.

«Vogliamo che insieme a noi in piazza scendano anche le operatrici e gli operatori del servizio sanitario perché è proprio qui che si dibatte su un problema importante che è quello della salute che è un diritto – ha detto – Siamo partite dal presidio fatto qualche mese fa per la reintroduzione della RU 486 che sappiamo sia stata riattivata nelle ultime settimane».

«Il problema più grande, che non è soltanto legato a questa Asl ma è una questione nazionale, è quello dell’obiezione di coscienza – ha aggiunto la Ludovico- Nel momento in cui si riattiva un servizio e un diritto per le cittadine, si deve tener conto che le poche ginecologhe e le poche operatrici che poi sono non obiettrici, si vedono caricate di un plus lavoro. Abbiamo l’obiezione di coscienza da una parte che riguarda ovviamente il reparto di Ginecologia, dall’altra il diritto delle donne e poi invece più in generale, la questione del sottorganico che è invece un problema strutturale sistemico della Asl aquilana, quindi capire come si fa a sfruttare lavoratori sanitari, non solo a scapito della pelle dei pazienti, ma anche dei lavoratori stessi».