06 Marzo 2025 - 19:05:17
di Martina Colabianchi
Sono stati condannati a 19 anni e 4 mesi e a 16 anni di reclusione i due ragazzi, all’epoca sedicenni, accusati di aver ucciso il coetaneo Christopher Thomas Luciani, “Crox” per gli amici, colpendolo con 25 coltellate il 23 giugno 2024 nel parco “Baden Powell” di Pescara.
La PM della Procura della Repubblica per i minorenni dell’Aquila, Angela D’Egidio, aveva chiesto 20 e 17 anni. L’accusa, per entrambi, era di omicidio volontario, con le aggravanti della crudeltà e dei futili motivi.
Il processo, con rito abbreviato, si è svolto a porte chiuse all’Aquila, nel Tribunale per i minorenni dell’Abruzzo blindato.
«Pena abbastanza giusta: l’ergastolo l’ho avuto io quel 23 giugno, l’ergastolo del dolore. Loro vedranno la luce del sole, il mio Crox non più. Mi spiace anche per loro perché sono ragazzi ma devono capire che chi sbaglia paga». Questo il commento della nonna di Thomas, Olga Cipriano, commentando a caldo la sentenza.
I due adolescenti, coetanei della vittima all’epoca dei fatti, erano comparsi in aula davanti al GUP Cecilia Angrisano lo scorso 17 febbraio, in un’udienza nel corso della quale era stata illustrata la perizia psichiatrica nei confronti di uno di loro, quello che ha sferrato le prime dieci coltellate, perizia che i difensori Massimo Galasso e Roberto Mariani avevano chiesto in virtù di un gesto autolesionistico
compiuto in passato dal ragazzo. La perizia, affidata a Stefano Ferracuti dell’Università La Sapienza di Roma e a Giovanni Camerini dell’Università di Bologna, ha restituito l’immagine di una personalità anaffettiva e manipolativa, ma comunque di un soggetto in grado di affrontare un processo.
I due hanno potuto seguire la discussione in collegamento video, uno dal carcere minorile di Bari, l’altro dall’Istituto penale per i minori di Roma.
Secondo la ricostruzione, i due giovani, insieme ad altri amici, avrebbero attirato Crox nel parco. Appartatosi con lui in una zona con fitta vegetazione lontano dalla vista degli altri, il primo aggressore, figlio di un’avvocata, lo avrebbe colpito con dieci coltellate alla schiena, passando poi il coltello all’amico,
figlio di un carabiniere, che ha infierito con altre 15 coltellate; rappresentato dagli avvocati Marco Di Giulio e Vincenzo Di Girolamo, il ragazzo ha rivelato di aver agito nel timore di essere ucciso anche lui. Dopo l’omicidio, i due sedicenni, con il resto del gruppo consapevole di quanto accaduto, sono andati al mare dove hanno fatto sparire l’arma del delitto. Uno degli amici, però, non ha retto e, a sera inoltrata, ha raccontato tutto al padre.