07 Aprile 2025 - 12:14:06

di Martina Colabianchi

Dopo una lunga fase di restauro, la grande Croce di Remo Brindisi, simulacro della processione del Venerdì Santo, è tornata al suo antico splendore.

I lavori di restauro sono stati portati a compimento dalle sapienti mani dell’Accademia di Belle arti dell’Aquila, in particolare dallo studente Daniele Muggia, che ne ha fatto anche il tema della sua tesi di laurea, con supervisione della professoressa Grazia De Cesare, docente del corso di Restauro dei manufatti in materiali sintetici lavorati, assemblati e/o dipinti.

La croce sarà riportata all’interno della Basilica di San Bernardino e tornerà in processione finalmente restaurata. Si tratta del primo simbolo ad essere stato realizzato nell’inverno del 1954 dal maestro del realismo Brindisi, coadiuvato dal falegname Amedeo Cicchitti, e rappresenta il Calvario.

La Grande Croce, delle dimensioni di 225 x 150 x 4,5 cm (esclusi il piedistallo e il basamento per il trasporto a spalla), è realizzata in legno, preparato a gesso e colla, ed è ricoperta da una pellicola di smalto, mentre sui bordi laterali è emerso l’uso di foglie d’argento.

Si tratta di un manufatto che coniuga tecniche e materiali sia tradizionali sia contemporanei.

Poiché la parte più di critica del suo stato di conservazione riguarda il sollevamento e la caduta del colore, l’intervento si è focalizzato sulla reintegrazione delle parti mancanti e, attraverso studi comparativi, sulla sperimentazione di materiali protettivi dagli agenti atmosferici, al fine di rendere l’opera nuovamente utilizzabile all’esterno e pienamente fruibile dalla collettività.

«L’interesse di questo studio è stata proprio la ricerca dei materiali originali che sono stati utilizzati, quindi come un artista moderno come Remo Brindisi abbia delegato altre persone, e quindi poi tutte le maestranze messe insieme del territorio dell’Aquila, per fare l’opera e la collezione delle opere che vanno in processione il Venerdì Santo con un progetto del tutto avveniristico, moderno, nuovo dove non si guarda all’estetica del pezzo, ma al significato simbolico», spiega la professoressa De Cesare.

La restauratrice entra poi nei dettagli del lavoro svolto sull’opera.

«È stato interessante per noi fare delle analisi scientifiche di caratterizzazione dei leganti e scoprire che è stata utilizzata una pittura alchidica, materiale con scarsissima capacità di deformazione, che sta bene su un supporto rigido ma questo sarebbe stato più utile che fosse stato un multistrato, perché meno sensibile a variazioni termoigrometriche. Invece, hanno usato un legno massello che si muove, si deforma con l’umidità, con una pittura incapace di deformarsi ed ecco perché la pittura si stacca. Nel passato hanno risarcito con manutenzioni continue questa superficie, perché solo la superficie si danneggia, ridipingendola. Quindi, questo restauro non è stato solo consolidare l’originale che ancora era presente massicciamente, ma anche eliminare le parti di ritocco e rimettere tutto insieme con un consolidamento, una stuccatura di tintura e verniciatura fino alla fine. Quello che resta è che un’opera di questo tipo rimane fragile per costituzione materica e perché ormai vive da 50 anni ed è stata restaurata più volte».

Le opere di arte contemporanea di Brindisi, realizzate negli anni ’50 del ‘900, fanno del corteo del Cristo Morto aquilano, un unicum in Italia e per questo il suo valore simbolico e culturale rimane importantissimo.

«Deve continuare ad uscire in processione – ha sottolineato la professoressa De Cesare –, ma uscire mentre fa freddo o piove stresserà tantissimo il manufatto che si danneggerà ogni volta, per cui sarà necessaria un’immediata manutenzione e andrà conservato nel migliore dei modi per 364 giorni fino alla sua uscita memorabile, che è imprescindibile».