25 Aprile 2025 - 08:19:34

di Tommaso Cotellessa

Uno degli infiniti pregi di una trasmissione tanto utile quanto illuminante come Un giorno in pretura è quello di averci consegnato uno dei meme più iconici dei nostri tempi: quello in cui l’imputato Alberto Biggiogero, nel corso del suo intervento in aula, alla domanda dell’accusa se ai tempi dei fatti per cui era indagato fosse ubriaco, si definì dignitosamente brillo.

Questa è la scena che mi è apparsa nella mente come un’epifania, nel sentire la richiesta avanzata dal Ministro Nello Musumeci di festeggiare il 25 aprile con sobrietà, in segno di rispetto per il lutto nazionale proclamato in omaggio alla scomparsa di Papa Francesco.

Parole che non possono che suscitare ilarità, al pari del meme appena citato. In questa vicenda, infatti, sono molteplici gli elementi che fanno riflettere, indugiare e un pochino anche sorridere.

La prima cosa che colpisce è la proclamazione di un numero così elevato di giorni di lutto nazionale – una reazione spropositata se paragonata a quelle per la scomparsa dei precedenti pontefici. Ma, d’altra parte, ci si sta ormai abituando all’atteggiamento passivo-aggressivo con cui il governo tratta i delicati temi legati al fascismo e l’antifascismo.
In secondo luogo, viene da chiedersi cosa intenda Musumeci per “sobrietà”.
Se con essa si riferisce a rispetto, dignità e stile, allora possiamo dire con certezza che questa festa non ne è mai stata priva.
Se invece si riferisce a timidezza, ce n’è già fin troppa in giro per il paese .
E se allude alla moderazione, sarà davvero difficile da ottenere.

Un bravo giornalista che stimo, proprio qualche giorno fa, mi diceva: “I numeri contano, sono fondamentali.” e possiamo dire che il numero 80 , ovvero gli anni passati da quel 25 aprile 1945, conti in maniera particolarmente pesante.
Davanti agli 80 anni dalla Liberazione, non si può perciò non rendere l’omaggio che questo anniversario merita.

Non è una ricorrenza da accantonare o da scimmiottare.
È l’anniversario che ha dato sostanza alla nostra democrazia.
È la radice da cui possiamo attingere ogni volta che affrontiamo ingiustizie e sopraffazioni.
È la festa nazionale che ha reso possibile ogni altra cosa che porti l’aggettivo “nazionale”. Compreso il lutto per Papa Francesco.

È per questo che si celebra la Resistenza: per fare memoria del coraggio e del sacrificio, della fermezza e della capacità di costruire nuovi spazi.
Lo faremo come sempre: con rispetto, con dignità, con orgoglio.
Con una sobrietà entusiasta e commossa.

E in quelle piazze, come ha detto qualcuno, per Papa Francesco non ci saranno che lacrime e applausi.
Del resto, lui stesso ha più volte ricordato che in politica ciò che conta non è occupare posti, ma aprire processi.
E allora no, non è questo il momento di fermare il processo prodigioso e vitale che è stato aperto 80 anni fa.

Un processo che non possiamo far altro che continuare a far camminare, con le nostre gambe resistendo contro ogni ingiustizia, sognando un futuro giusto per tutte e tutti, aspirando ad una libertà non solo personale ma che pervada ogni oppresso, continuando a sognare sogni grandi come un intero paese.