11 Maggio 2025 - 09:25:31
di Vanni Biordi
Un divario profondo divide l’Italia sul fronte del lavoro.
Secondo un’analisi dell’Ufficio studi della Cgia, un lavoratore dipendente del Nord timbra in media 255 giorni l’anno, contro i soli 228 dei colleghi del Sud. Ben 27 giorni di differenza, un intero mese lavorativo in più.
Ma quali sono le ragioni di questa disparità? Lungi da facili generalizzazioni sulla presunta pigrizia meridionale, lo studio individua cause strutturali ben precise. In primo luogo, al Sud è più diffusa l’economia sommersa, con ore di lavoro irregolari che sfuggono alle statistiche ufficiali. In secondo luogo, il mercato del lavoro meridionale è caratterizzato da maggiore precarietà, da un elevato tasso di part-time involontario, soprattutto nel settore dei servizi, e da una forte presenza di lavoratori stagionali nell’ambito turistico e agricolo, elementi che abbassano significativamente la media delle ore lavorate.
E l’Abruzzo? Analizzando i dati provinciali, emerge una situazione variegata all’interno della nostra regione. La provincia dove si lavora in media di più è Chieti, con 240,7 giorni retribuiti nel 2023. Segue Pescara con 235,2 giorni, L’Aquila e Teramo, con 228,3 giorni.
Questo divario nel numero di giorni lavorati si riflette inevitabilmente sulle retribuzioni. A livello nazionale, la retribuzione media giornaliera lorda nel 2023 al Nord era di 104 euro, contro i 77 euro del Sud, con una differenza del 35%.
Parallelamente, la produttività settentrionale superava del 34% quella meridionale.
Per colmare questo gap, si dovrebbe proseguire con il taglio dell’Irpef e incentivare la contrattazione decentrata, premiando la produttività e coinvolgendo maggiormente i lavoratori negli accordi aziendali. Un approccio che potrebbe contribuire a ridurre le disuguaglianze e a dare una risposta concreta alle esigenze dei lavoratori di tutti.