12 Maggio 2025 - 10:20:40
di Redazione
Sei attivisti No Snam sono stati denunciati alla Procura della Repubblica di Sulmona per aver violato il divieto del questore di L’Aquila, Fabrizio Mancini, il 17 aprile scorso, in occasione del presidio davanti al cantiere della centrale Snam in costruzione in località Case Pente.
I sei attivisti sono Mario Pizzola, Daniela Frittella, Lorenzo Pagliaro, Alba Silvani, Emilio Secchiatti e Giorgia Vitullo.
«l questore aveva emanato un decreto con il quale disponeva che il presidio si sarebbe dovuto svolgere lontano dall’entrata del cantiere; ciò al fine di ‘non intralciare il traffico dei mezzi di cantiere e non arrecare disturbo ai lavoratori’. Il decreto specificava che, in caso di violazione, i trasgressori sarebbero incorsi in responsabilità penali in base all’art.18 delle Leggi di Polizia del 1931 che, nel caso specifico, prevedono il carcere fino ad un anno», scrivono gli attivisti in una nota.
Gli ambientalisti, a fronte del divieto, avevano deciso di effettuare ugualmente l’azione di protesta, definita di «obbedienza civile nonviolenta» per evidenziare che, se la legge è uguale per tutti, questo deve valere anche per la Snam.
Nell’assumersi consapevolmente la responsabilità della loro azione i sei attivisti avevano fatto presente che anche la Snam deve rispondere delle sue illegalità: «La Snam ha violato il Decreto VIA del 7 marzo 2011 che, come condizione fondamentale per l’apertura del cantiere, stabilisce l’adempimento di numerose prescrizioni ante operam. Ciò non è avvenuto. Inoltre, la Snam continua i lavori nonostante che l’autorizzazione a costruire sia decaduta. Sono due anni che abbiamo presentato esposti alla Procura della Repubblica di Sulmona ma non sappiamo che fine hanno fatto, perché nessun provvedimento è stato adottato fino ad oggi. Sempre la Snam con le sue ruspe ha distrutto testimonianze storiche di eccezionale valore, ovvero le tracce di un villaggio esistente a Case Pente 4200 anni fa, in età protostorica. Altra illegalità compiuta dalla multinazionale del gas è quella dell’abbattimento di 317 alberi di ulivo che invece, in base alla normativa vigente, andavano espiantati e ricollocati».
«Noi non ci sottraiamo al processo e alla conseguente condanna – dichiarano i sei attivisti – ma in uno Stato di diritto nessuno può ritenersi al di sopra della legge. Dobbiamo constatare con rammarico che chi distrugge l’ambiente, avvelena l’aria che respiriamo, aggrava irresponsabilmente il cambiamento climatico, spesso continua a farla franca; mentre chi si batte in modo pacifico per la tutela dei beni comuni è colpito con misure repressive che aggravano persino le norme di Polizia ereditate dal fascismo, come dimostra il ‘decreto sicurezza’ varato recentemente dal governo. E’ questa l’Italia democratica voluta dai nostri padri costituenti?».