14 Giugno 2025 - 11:11:54
di Tommaso Cotellessa
Il movimento No Snam è tornato a scendere in strada per ribadire il suo fermo contrasto alla realizzazione del metanodotto Snam, l’opera che da Sulmona arriverebbe a Foligno attraversando la dorsale appenninica inserendosi nella cosiddetta “linea adriatica” Massafra-Minerbio.
Sede della protesta sono state due aree ricomprese all’interno del tracciato sul quale dovrebbe sorgere il metanodotto.
La manifestazione ha, infatti preso il via nell’area del santuario della Madonna D’Appari a Paganica, frazione del Comune dell’Aquila, per poi proseguire nella zona San Pietro Casale Federici, un altro sito interessato dal tracciato.
La posizione degli attivisti è chiara: il metanodotto Snam rappresenta un’opera inutile, dannosa e costosa, che per giunta va ad inserirsi in una zona ad altissimo rischio sismico anche andando a danneggiare il patrimonio paesaggistico del territorio.

La manifestazione, oltre che afferire ad una tematica di urgente rilevanza sul piano locale, si inserisce nella più ampia campagna nazionale “Stop Fossili, Start Rinnovabili”, lanciata in occasione del recente Youth Climate Meeting di Paestum (SA), l’annuale raduno nazionale delle e degli under 35 di Legambiente, e insieme alla Rete “Per il Clima, Fuori dal Fossile” .
Ad entrare nel merito delle ragioni della protesta – ai microfoni di Laqtv – è il presidente dell’Asbuc di Paganica e San Gregorio Ferdinando Galletti.
La posizione dell’Asbuc è netta: «l’amministrazione separata non firmerà mai l’autorizzazione ad entrare sul nostro territorio» lo chiarisce in maniera inequivocabile Galletti, il quale ricorda gli importanti investimenti profusi per il rilancio dell’area che invece verrebbe stravolta dalla realizzazione del metanodotto.
Da Galletti dure critiche anche rispetto alla gestione da parte dell’azienda stessa, la quale – a detta del presidente dell’Asbuc – ha dimostrato un atteggiamento prepotente rifiutando di incontrare il movimento pubblicamente ed ogni tipo di confronto.
Gli interrogativi posti dai manifestanti sono perciò fondamentali: «Perché fare un’opera così grande? all’Italia non serve».
I manifestanti mettono infatti in discussione l’effettiva utilità dell’opera, lanciando un grido dall’arme che suona come un fermo e chiaro “No”, per ora rimasto inascoltato.
La mobilitazione, portata avanti da anni, non accenna ad arrestarsi, ma anzi si fa sempre più sentita.