20 Giugno 2025 - 09:33:00

di Redazione

Coprogettare una nuova governance delle aree interne, coinvolgendo istituzioni, ma anche coloro che le abitano. Se ne è parlato ieri pomeriggio, alle Cancelle dell’Aquila, nel corso dell’incontro pubblico “Un mondo a parte da custodire”, promosso dall’associazione Aree interne-territori liberi che lavora per la valorizzazione, la tutela e lo sviluppo dei territori dell’entroterra abruzzese e per la connessione tra le persone che li abitano.

Il dibattito, che è stato moderato dalla presidente dell’associazione Agata Tiberi, ha visto la presenza di Andrea Membretti, sociologo professore e ricercatore universitario di Sociologia del territorio all’Università di Pavia, oltre che tra i fondatori di Riabitare l’Italia e Antonio Di Santo e del sindaco di Opi dove è stata girata la pellicola “Un mondo a parte”di Riccardo Milani.

La Tiberi ha spiegato che «l’obiettivo delle aree interne è quello di riaffermare la loro diversità e la loro libertà di esistere e quindi di essere scelte anche attraverso la cosiddetta ‘restanza’, un un concetto dell’antropologo, professore dell’università della Calabria Vito Teti che esprime proprio il prendersi cura delle aree, anche le più svantaggiate nelle quali si nasce. L’idea è di coprogettare una nuova governance delle aree interne, iniziando a coinvolgere coloro che le abitano e che quindi ne permettono l’esistenza e la resistenza e che, al tempo stesso possono essere anche il motore della loro riaffermazione nel rispetto delle peculiarità che le contraddistinguono».

Le aree interne coprono il 60% circa della superficie nazionale, sono abitate da circa 13,4 milioni di persone e sono rappresentate da 4000 comuni. Negli ultimi 20 anni hanno affrontato spopolamento, invecchiamento e carenza di servizi essenziali che sono le principali sfide che affrontano oggi.

«La volontà è quella di generare un nuovo senso dei luoghi attraverso la ‘restanza’ – ha aggiunto la Tiberi –  andando ad attrarre e a far restare soprattutto i giovani tra i 18 e i 39 anni, quindi quella fascia di età che lascia e abbandona le aree interne e che invece non deve essere costretta a partire».

Il professor Membretti si è quindi soffermato sui temi della ‘restanza’ e delle ‘migrazioni verticali’: «Rispetto alla ‘restanza’ abbiamo condotto con l’associazione Riabitare l’Italia una ricerca sul desiderio dei giovani di rimanere a vivere nelle aree interne, in relazione ad alcuni fattori che rendono questi territori per molti giovani attrattivi: la qualità dell’ambiente, la qualità della vita, le relazioni comunitarie ma anche il costo inferiore degli immobili, a fronte del fatto, però delle difficoltà di collegamento di questi territori con i maggiori centri e di gestire non solo la mobilità quotidiana, ma anche le occasioni lavorative e formative, rimanendo in questi territori. Abbiamo riscontrato un grande capitale di motivazione nei giovani che rimangono a vivere in aree interne, di investire nei propri territori in particolar modo le donne e le giovani hanno mostrato questa attitudine. Alcune motivazioni della restanza, legate alla qualità dell’ambiente e delle relazioni comunitarie sono le stesse che muovono nuovi abitanti delle aree interne montane che guardano alla montagna e alle aree rurali, come luoghi di migliore qualità di vita». 

«A questo – ha concluso – si collega il tema delle migrazioni verticali: abbiamo, al riguardo, condotto una ricerca sulla propensione delle persone a muoversi dalle grandi città alle aree montane, innanzitutto come forma di adattamento ai cambiamenti climatici, cercando nella montagna una forma di vita più sostenibile, un ambiente meno contaminato e soprattutto un clima meno surriscaldato e inquinato. Quello che abbiamo visto attraverso questa ricerca in tutto il nord Italia è che c’è una forte propensione a questa mobilità verso le montagne. Il 30% dei nostri intervistati, campione rappresentativo delle principali città della pianura padana, guarda alle montagne come un rifugio climatico. Parlare di restanza e migrazioni verticali, quindi, vuol dire guardare alla montagna e alle aree interne come dei luoghi che a macchia di leopardo stanno tornando a ripopolarsi, stanno attirando nuove fasce di persone. Tutto  sommato abbiamo segnali incoraggianti rispetto al riconsiderare questi luoghi non come marginalizzati ma come luoghi che cominciano a rientrare in dinamiche di interconnessione».

All’incontro erano presenti il sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi, il vicepresidente della Giunta regionale e assessore all’Agricoltura Emanuele Imprudente, il sindaco di Montereale Massimiliano Giorgi, l’assessore al Bilancio del comune di Avezzano Alessandro Pierleoni, il presidente del Parco Velino Sirente Francesco D’Amore, l’architetto Roberta Scarizza dell’Ufficio speciale per la ricostruzione dei Comuni del Cratere, i consiglieri comunali dell’Aquila Paolo Romano e Alessandro Tomassoni, il consigliere del Comune Sant’ Angelo di Bagno  Franco Fulgenzi e il sindaco di Bugnara Domenico Taglieri.