14 Luglio 2025 - 10:10:10
di Beatrice Tomassi
Come ogni anno, Legambiente torna sul tema della criminalità ambientale con il consueto rapporto dedicato al fenomeno dell’ecomafia, sempre più diffuso in tutta Italia.
Basti pensare che nel 2024 è stata superata la soglia dei 40mila reati contro l’ambiente, +14,4% rispetto al 2023 (anno in cui già si registrava un’impennata). La media è di 111,2 reati al giorno, 4,6 ogni ora.
A livello nazionale, circa un terzo degli illeciti si riscontra nella filiera del cemento, dall’abusivismo edilizio alle cave illegali fino ai reati connessi agli appalti per opere pubbliche. In questo contesto, l’Abruzzo, pur posizionandosi scendendo di due scalini la classifica regionale dei reati (passando dal 12esimo al 14esimo posto), continua a mostra segnali di vulnerabilità. Sul territorio si registrano, infatti, oltre 1.341 denunce e 1.359 reati.
In percentuale, l’Abruzzo rappresenta il 3,5% del totale dei reati in Italia. Scendendo nel dettaglio, il maggior numero di illeciti si registra nella provincia di Chieti (388), seguono Pescara (354), L’Aquila (271) e Teramo (119). Numeri che fanno tristemente entrare il territorio teatino nella top 30 nazionale.
Anche in Abruzzo, così come in Italia, a preoccupare è in particolar modo la filiera del cemento (+409 reati rispetto al 2023), a causa di una crescente pervasività delle mafie e della corruzione negli appalti pubblici.
«Nella lotta alla criminalità ambientale – commenta Gianluca Casciato, presidente di Legambiente Abruzzo – l’Italia deve accelerare il passo e può farlo con l’approvazione di una riforma fondamentale molto attesa, ossia il recepimento della direttiva europea sulla tutela penale dell’ambiente entro il 21 maggio 2026. In questa legislatura si parla tanto di semplificazioni, poco di contrappesi in grado di fermare i furbi o i criminali che fanno concorrenza sleale alle imprese serie. Solo con il completamento di quella riforma di civiltà che abbiamo inaugurato nel 2015 con l’approvazione della legge sugli ecoreati si otterrà quel livello di sicurezza nazionale che invochiamo da più di 30 anni. Nessuna legge e nessun decreto ha fino ad oggi voluto raggiungere in modo concreto questo obiettivo”.
Contestualmente alla presentazione del rapporto, che si è svolta ieri a Roma, Legambiente ha illustrato le sue 12 proposte:
- Recepire quanto prima la direttiva europea per la tutela penale dell’ambiente;
- Inserire nel titolo IX bis del Codice penale, “Dei delitti contro gli animali”, i delitti contro la fauna e le specie protette, dal bracconaggio ai traffici illeciti, come prevede la direttiva europea per la tutela penale dell’ambiente;
- Approvare il disegno di legge che introduce nel Codice penale i delitti contro il patrimonio agroalimentare, inserendo un reato specifico con sanzioni adeguate per chi produce, commercia e utilizza pesticidi illegali.
- Adottare un piano adottare un Piano nazionale di lotta all’abusivismo edilizio, che preveda l’aumento delle risorse per gli abbattimenti degli immobili costruiti illegalmente, da destinare a Comuni, autorità giudiziaria e Prefetture; l’estensione del potere sostitutivo delle Prefetture (art.10-bis, legge 120/2020) alle ordinanze di demolizione emanate e non eseguite dai Comuni prima dell’approvazione della norma; sanzioni penali adeguate per i dirigenti comunali che omettono di adottare i provvedimenti previsti nei casi di abusivismo edilizio e per i funzionari delle aziende erogatrici di servizi che stipulano contratti, in violazione della normativa vigente, con proprietari di immobili costruiti illegalmente.
- Avviare da parte della Commissione parlamentare antimafia un’indagine conoscitiva sul fenomeno dell’abusivismo edilizio e sulle connessioni
- Rivedere il meccanismo del cosiddetto subappalto “a cascata”
- Inasprire le sanzioni relative alla gestione illecita dei rifiuti, trasformando in delitti gli attuali reati di natura contravvenzionale e innalzare le pene reclusive previste per il delitto di traffico organizzato di rifiuti (art. 452-quaterdecies del Codice penale), da 3 a 8.
- Inserire tra i cosiddetti reati presupposto per cui scatta l’applicazione della legge 231/2001 sulle responsabilità amministrative/penali delle persone giuridiche (enti e imprese), l’art. 452-terdecies del Codice penale (omessa bonifica), come già avviene per tutti gli altri delitti ambientali previsti dalla legge 68/2015
- Estendere le pene previste per il reato di incendio boschivo dall’art. 423 bis del Codice penale a qualunque incendio di vegetazione (non solo i boschi e i pascoli) all’interno delle aree di maggiore importanza per la biodiversità (siti Natura 2000, parchi, riserve e aree sottoposte a vincolo paesaggistico) e aggravare la fattispecie colposa, per consentire l’arresto in flagranza, oggi non obbligatorio;
- Introdurre l’associazione a delinquere (art. 416 del Codice penale) e i delitti contro l’ambiente (Titolo VI-bis), tra quelli per cui non è previsto l’interrogatorio preventivo (art. 291, comma 1-quater del Codice di procedura penale) e inserire gli stessi delitti ambientali, insieme a quello di incendio boschivo (423-bis del Codice penale), considerata la loro gravità e complessità, tra quelli per cui non scatta alcun automatismo in materia di improcedibilità;
- Rimuovere la clausola dell’invarianza dei costi per la spesa pubblica prevista nella legge che ha istituito il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, destinare al potenziamento delle attività di controllo delle Agenzie regionali e provinciali tutte le somme riscosse dalle Agenzie grazie alla parte VI bis del Testo unico ambientale (D.Lgs 152/2006) e provvedere all’emanazione del decreto ministeriale sui nuovi importi a carico del contravventore per le attività di prescrizione ed asseverazione tecnica;
- Garantire l’accesso gratuito alla giustizia da parte delle associazioni, come Legambiente, iscritte nel registro unico nazionale del Terzo settore e impegnate di fronte a qualsiasi autorità giudiziaria in qualsiasi grado di giudizio nel perseguimento dei propri fini statutari, recependo le indicazioni contenute nell’art. 15 della direttiva europea sulla tutela penale dell’ambiente.