14 Luglio 2025 - 10:13:01
di Tommaso Cotellessa
La lettera inviata, nei giorni scorsi, dal Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, all’Unione Europea ha rappresentato un vero e proprio scossone per il mondo del commercio del vecchio continente. Un affondo che colpisce a pieno la regione Abruzzo, che dinanzi alla minaccia dei dazi non può affatto dormire sonni tranquilli.
Dopo il chiaro avvertimento del presidente di Cna Abruzzo, Bernardo Sofia, che, citando uno studio di Bankitalia, ha mostrato come l’Abruzzo sia la seconda regione più vulnerabile in Italia allo scacco dei dazi, a tornare sul tema è il presidente del Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo, Alessandro Nicodemi.
«Se non si troverà una soluzione, sarà un grosso danno per l’economia regionale» scrive con nettezza il presidente, il quale afferma di aver letto con stupore la lettera del Presidente Trump, con la quale sono venute a mancare tutte le rassicurazioni profuse negli scorsi mesi, con le quali si assicurava che, grazie alle interlocuzioni tra il Governo italiano e quello statunitense, i dazi non avrebbero di certo superato il 15%.
Caratterizzata da incredulità e sconcerto è stata dunque la reazione del presidente del consorzio dinanzi al venire a conoscenza dell’imposizione di un dazio al 30%, oltre il doppio di quanto previsto. Una scelta che per Nicodemi più che frutto di una politica protezionistica, sembra essere «un vero e proprio embargo».
«Una tassazione così alta – analizza Nicodemi – rappresenterebbe un incremento di costo ingiustificato e metterebbe fuori gioco tutta la denominazione. Gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato nelle esportazioni del vino d’Abruzzo. Il giro d’affari è troppo vasto, quindi sarebbe impossibile rimpiazzarlo con qualunque altro tipo di mercato, anche gli emergenti che dimostrano interesse verso il Montepulciano d’Abruzzo».
A peggiorare il quadro secondo il presidente del Consorzio, c’è anche “l’invito” di Trump a delocalizzare le produzioni negli Usa, per avere in cambio una rivisitazione dei dazi. «Siamo disarmati – sottolinea – perché il settore agroalimentare che produce seguendo i disciplinari Dop e Igp è ovvio che non può spostare le produzioni altrove. Trump ci sta chiedendo di delocalizzare la terra che è la matrice dei nostri prodotti».
Alla base di questa richiesta per Nicodemi, «c’è una lettura completamente errata da parte degli Stati Uniti dei disciplinari come di un metodo protezionistico. Non è così, i disciplinari sono la garanzia del prodotto di eccellenza che parte dalla terra e arriva fino alla tavola e non mi riferisco solo al vino ma anche al Parmigiano Reggiano, ai Pomodori Pachino o al Prosciutto di Parma, per citarne alcuni».
Secondo Nicodemi ora la strada da seguire è quella del dialogo e non c’è tempo da perdere. «Mi aspetto che si trovi subito una soluzione perché la posta in gioco è troppo alta. Penso che in questo momento fare muro contro muro sia controproducente. Confido nel ministro Francesco Lollobrigida e nella presidente Giorgia Meloni, insieme al governo europeo, affinché facciano capire che se sulla bilancia commerciale oltre ai beni inseriamo anche i servizi, allora il peso non è più così squilibrato, come gli Usa vogliono far credere, verso l’Europa. Il quadro cambierebbe completamente e allora anche i dazi potrebbero essere riportati a livelli più accettabili».