28 Luglio 2025 - 11:30:32
di Tommaso Cotellessa
Un pomeriggio denso di storia e, soprattutto, di politica. È quello che si è vissuto ieri a Castel del Monte in occasione dell’inaugurazione della Casa del Popolo, un’iniziativa tutt’altro che frutto di una nostalgia fuori dal tempo, ma anzi intrisa di una concreta consapevolezza del presente, carica del desiderio di futuro e per questo motivo orientata alla costruzione di nuove prospettive sociali e civili.
L’iniziativa, promossa dall’associazione Castrum Montis, presieduta da Mario Basile, in collaborazione con la Fondazione Abruzzo Riforme, attuale detentrice dell’eredità immobiliare del Partito Comunista Italiano, vuole offrire alla cittadinanza del borgo montano un luogo aperto, plurale e partecipato, dove sviluppare idee, elaborare progetti e valorizzare i territori delle aree interne, troppo spesso dimenticate dalla politica nazionale. Non una “cattedrale nel deserto”, ma un presidio vivo, radicato e al servizio della comunità.

La struttura, situata nella piazza principale del borgo, è impregnata in ogni suo angolo di una storia fatta di spirito di servizio e simbolo di una radicata passione per il bene comune. L’immobile fu infatti acquistato nel 1978 da Franco Di Battista, grazie all’impegno e al sacrificio di tanti militanti del Partito Comunista che, raccogliendo sottoscrizioni popolari, impegnando dunque i propri stipendi e le proprie pensioni, riuscirono a raccogliere i 23 milioni di lire necessari per ottenere uno spazio comune, un presidio da chiamare casa, sì, ma casa di tutti.
Le mura della Casa del Popolo, infatti, trasudano di storia e testimonianze di impegno civile. Voci che sembra di poter sentire ancora, non come in un museo polveroso, ma come in uno spazio vivo e dinamico, dove cultura, memoria e futuro si intrecciano. Proprio al fine di consentire questo incontro fra passato e presente è stata allestita, all’interno degli spazi inaugurati, una mostra permanente che celebra le vicende politiche e sociali che hanno attraversato quel luogo, con l’intento non solo di ricordare, ma di ispirare all’azione e alla responsabilità verso la cosa pubblica.

Non a caso la Casa del Popolo è stata dedicata a Enrico Berlinguer, figura simbolica di una politica collettiva, etica e incentrata sul bene comune. Una scelta che richiama il suo pensiero ancora straordinariamente attuale.
All’inaugurazione ha partecipato anche Nicola Zingaretti, capodelegazione del Partito Democratico al Parlamento Europeo, che ha preso parte a un intenso dibattito partito dalla figura di Berlinguer fino ad arrivare all’attualità politica, sia nazionale che internazionale.
«Riattivare una Casa del Popolo – ha affermato Zingaretti – significa ricordare che la democrazia non è solo votare, ma costruire spazi in cui le persone possano confrontarsi, immaginare e partecipare».
Le parole dell’ex segretario del Partito Democratico sono apparse, all’interno del dibattito, tutt’altro che di circostanza, ma anzi profondamente calate nella realtà. Egli stesso ha infatti evidenziato come sia stata questa “ossessione dell’io” ha provocare la disfatta elettorale del centrosinistra nel 2022, con la conseguente vittoria di Giorgia Meloni.

Precedendo in tal senso, secondo quel binario che riconnette il passato al presente, Zingaretti ha anche indicato proprio nella sua visione collettiva e unitaria, la modernità della figura di Enrico Berlinguer, una modernità che probabilmente oggi verrebbe fischiata ma non per questo anacronistica. Zingaretti ha infatti sottolineato come sia necessario ricostruire una coscienza politica che sia in grado di costruire prospettive comuni, tornando proprio alla necessità di declinarsi al plurale, di pensare insieme e di pensarci insieme: come un Noi e non come tanti io.
La serata si è conclusa con la proiezione del documentario “Un compagno di nome Enrico”, diretto dal regista Andrea Sangiovanni, realizzato con il contributo di sceneggiatori di diverse generazioni. Il film racconta, attraverso una ricostruzione di finzione, l’esperienza di Berlinguer come capolista in Abruzzo, dando voce a coloro che hanno incrociato quella storia. Un’opera meticolosa che restituisce il senso di un impegno collettivo e di un’epoca in cui essere attivisti significava spesso esporsi personalmente, ma anche sentirsi parte di un progetto più grande di sé.

Oggi la Casa del Popolo di Castel del Monte torna a vivere, come laboratorio di idee, come spazio culturale, come luogo di aggregazione e partecipazione, rivolto in particolare alle giovani generazioni e alle associazioni del territorio. Uno spazio in cui riattivare quelle passioni che troppo spesso sembrano sopite, e riscoprire la forza del “noi” in un tempo segnato dall’individualismo. Un posto privilegiato in cui, dalla sommità del meraviglioso borgo di Castel del Monte, osservare il mondo dall’altro e magari guardare oltre le montagne per scorgere l’avvenire.