12 Agosto 2025 - 09:34:13

di Vanni Biordi

L’immagine delle carceri italiane che emerge dal monitoraggio del 31 luglio 2025 del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria è quella di un sistema al collasso. Con un sovraffollamento medio nazionale del 22%, la pressione sugli istituti è costante, ma è l’analisi dei dati regionali e dei singoli penitenziari a svelare un’emergenza silenziosa, dove il dato nazionale rischia di nascondere situazioni localmente insostenibili.

Mentre l’attenzione mediatica si concentra sulle regioni con il sovraffollamento più elevato, come il Friuli Venezia Giulia (+51,3%) e la Puglia (+49,9%), o sugli istituti simbolo come Roma Regina Coeli e Bologna, i numeri ci raccontano una realtà in cui anche territori meno sotto i riflettori, come l’Abruzzo, sono in una situazione critica.

La situazione in Abruzzo è una realtà che preoccupa.

Se si osserva la classifica degli istituti più sovraffollati d’Italia, l’Abruzzo emerge con due penitenziari tra i primi dieci a livello nazionale. La casa circondariale di Chieti, con un sovraffollamento del +79,7%, e quella di Teramo, con il +79,2%, si posizionano rispettivamente al nono e al decimo posto. Questi numeri mostrano una tensione operativa e una gestione quotidiana che rasenta l’impossibile per il personale di Polizia Penitenziaria, costretto a lavorare in condizioni di estrema difficoltà.

Paradossalmente, all’interno della stessa regione, l’istituto di Vasto si trova ampiamente sotto capienza, con un tasso di sovraffollamento negativo del -48,7%. Questa dicotomia evidenzia una gestione poco omogenea e una mancata ottimizzazione delle risorse disponibili. Il penitenziario di Vasto, insieme ad altre strutture come quello di Alba in Piemonte e Mamone in Sardegna, potrebbe agire da “valvola di sfogo”, alleviando la pressione sulle carceri più sature.

Nel quadro fornito, spicca l’assenza di dati specifici sulla situazione carceraria dell’Aquila. La città abruzzese, che ospita una delle strutture di massima sicurezza più importanti d’Italia, la casa circondariale di L’Aquila, meriterebbe un’analisi approfondita. Nonostante non figuri nella lista degli istituti più sovraffollati o sotto capienza, il suo ruolo strategico e la tipologia di detenuti che ospita, spesso appartenenti a circuiti di alta sicurezza, la rendono un punto focale per comprendere appieno la dinamica del sistema penitenziario abruzzese e nazionale.

Il silenzio statistico su una realtà così complessa come quella aquilana, con il suo forte impatto sulla comunità e la gestione della sicurezza, rischia di creare una lacuna nel quadro complessivo. L’emergenza non è solo nei numeri del sovraffollamento, ma anche nella mancanza di trasparenza e nella difficoltà di ottenere un quadro completo e dettagliato.

Il dato sul sovraffollamento carcerario non è un semplice numero, ma la spia di un malfunzionamento sistemico. In Abruzzo, l’emergenza di Chieti e Teramo non può più essere ignorata. La presenza di un istituto come Vasto con una capienza inutilizzata offre l’opportunità per una riflessione critica: perché non si trasferiscono i detenuti dalle strutture più sature a quelle con spazi disponibili?

Questa situazione ci impone una riflessione più ampia: il sovraffollamento non riguarda solo il numero di detenuti, ma anche la qualità della vita all’interno delle carceri, le condizioni di lavoro per la Polizia Penitenziaria e, in ultima analisi, l’efficacia del percorso rieducativo. Un sistema che non riesce a garantire spazi dignitosi e sicuri è un sistema che fallisce nel suo obiettivo di reintegrare i detenuti nella società.

È arrivato il momento di un piano organico di gestione che vada oltre l’emergenza, sfruttando al meglio le risorse che già ci sono e garantendo che ogni detenuto e ogni agente di polizia penitenziaria operi in condizioni quantomeno accettabili.