14 Settembre 2025 - 12:00:59
di Tommaso Cotellessa
«Settembre andiamo. È tempo di migrare». Il celebre verso del Vate abruzzese ben si addice al ritorno alla normalità dopo l’estate: i Cantieri dell’Immaginario, la Perdonanza Celestiniana, il Jazz sono ormai alle spalle; le scuole hanno riaperto nei Musp, i moduli scolastici provvisori divenuti ormai permanenti; e il ciclo ricomincia. Un altro capodanno, un altro carnevale, un altro ferragosto, ancora un altro Natale. Ma al con il riprendere delle attività il settembre, mese del ripensamento, invita a pensare, ripensare e strapensare.
Archiviate poesie e canzoni, cerchiamo ora di venire al sodo. Siamo al settembre 2025: tra circa due anni L’Aquila tornerà alle urne per scegliere il nuovo sindaco. Sarà un passaggio cruciale, perché segnerà la fine dell’“epoca Biondi”: dieci anni di governo con un sindaco tra i primi di un capoluogo di regione targato Fratelli d’Italia, eletto nel 2017 quando sembrava destinato alla sconfitta contro Americo Di Benedetto. Una parabola politica che, partita in salita, si è trasformata in una scalata dentro la scuderia di Giorgia Meloni, con prospettive di carriera nazionale.
Ma lasciamo da parte i destini personali: l’interesse vero è per la città. Che cos’è oggi L’Aquila? Qual è la sua identità politica?
Il primo sguardo dice che sì, L’Aquila è una città di destra. Un fortino di FdI da cui è partito un processo politico capace di allargarsi al piano regionale, al punto che Giorgia Meloni scelse proprio qui il suo collegio per le elezioni politiche del 2022. Un dato innegabile.
Eppure i numeri raccontano anche altro. Alle regionali del 2024, dentro i confini comunali, lo scarto tra centrodestra e centrosinistra è stato di appena cinque punti percentuali: 52,74% contro 47,26%, pari a soli 1.938 voti di differenza. Un margine ridotto, che mostra come il “fortino” sia in realtà contendibile.
Questo significa che, sebbene L’Aquila possa essere definita “città di destra”, lo è meno di quanto sembri. E non è affatto detto che la partita futura sia già scritta: tutto dipenderà da progetti, nomi e volti che scenderanno in campo, tenendo presente che le elezioni, si sa, sono come la vecchiaia: arrivano in un attimo.
Un’ultima precisazione: se L’Aquila non è del tutto una città di destra, non è nemmeno una città moderata. Lo ricorda bene la storia recente dei suoi sindaci: dal compianto Antonio Centi, eletto con il Partito Comunista Italiano, a Biagio Tempesta militante del Msi, da Massimo Cialente, anche lui con radici comuniste, fino a Pierluigi Biondi, esponente di Fratelli d’Italia con un percorso politico tutt’altro che moderato.
Consapevoli dell’identità dell’Aquila e della sua storia la palla ora passa alla politica. Se davvero la città è contendibile, chiunque voglia governarla dovrà offrire il meglio di sé, superando appartenenze e calcoli di parte, con una visione capace di parlare al passato, al presente e soprattutto al futuro dell’Aquila. È tutta una questione politica.