26 Settembre 2025 - 18:04:33
di Vanni Biordi
“Gaza ci riguarda. Non guardiamo altrove“. È con questo slogan perentorio che diversi cittadini aquilani, attivisti, sindacalisti e rappresentanti politici si sono dati appuntamento oggi pomeriggio, alla villa comunale.
Una manifestazione che non è solo un grido di solidarietà, ma un atto di resistenza simbolica contro l’indifferenza globale di fronte al dramma umanitario in corso nella Striscia di Gaza. In un’Italia spesso divisa su temi internazionali, L’Aquila sceglie di alzare la voce per la Global Sumud Flotilla, la missione umanitaria che sfida il blocco navale israeliano, recentemente bersaglio di attacchi con droni.
La mobilitazione, promossa dalla Cgil dell’Aquila e sostenuta da un’ampia coalizione di associazioni e partiti, arriva in un momento di acuta tensione nel Mediterraneo. La Flottiglia Sumud , un consorzio di circa 50 imbarcazioni civili partite da vari porti europei, è partita con l’obiettivo di rompere l’assedio imposto da Israele su Gaza, portando aiuti umanitari e testimoniando le atrocità del conflitto. Nata a luglio 2025 in risposta al protrarsi del “genocidio” nella Striscia, come lo definiscono gli attivisti, la missione ha già subito aggressioni: mercoledì scorso, droni israeliani hanno colpito 11 barche, inclusa una italiana, con granate stordenti e polvere pruriginosa, in un’escalation che sa di provocazione bellica. “L’unico obiettivo sembra essere quello di ridurre il numero delle barche o rallentarne la navigazione”, denunciano gli organizzatori locali, citando i rapporti dalla flotta che naviga a 533 miglia nautiche da Gaza, con un arrivo previsto tra 5 e 8 giorni.
Da oltre un anno, il conflitto israelo-palestinese ha assunto proporzioni catastrofiche: migliaia di civili uccisi, infrastrutture distrutte e un assedio che impedisce l’ingresso di cibo, medicine e carburante. La Global Sumud Flotilla emerge proprio da questa spirale, consolidando movimenti come la Freedom Flotilla Coalition in un fronte unito per la “sumud”, la resilienza palestinese. Non si tratta di un’avventura impulsiva, ma di un’azione non violenta coordinata, con a bordo avvocati, parlamentari e semplici cittadini, tra cui italiani che rischiano la vita per un principio umanitario.
Criticamente, però, questa missione solleva interrogativi spinosi. Israele ha promesso di non permettere alcuna breccia nel blocco navale, definendolo essenziale per la sicurezza. Ma chi protegge i civili da questi “interventi preventivi”? Gli attacchi con droni, filmati e diffusi sui social, non solo mettono a rischio vite innocenti, ma evocano un precedente pericoloso: l’uso della tecnologia bellica contro operazioni civili, in un’era in cui il diritto internazionale sembra sempre più fragile. E l’Italia? Da un lato, il governo ha dispiegato navi militari per scortare la flotta, un gesto di compromesso lodato da Reuters come “diplomatico”. Dall’altro, persiste un’ambiguità: Roma esorta a un “compromesso” mentre a Gaza si muore di fame. Il lettore potrebbe domandarsi: solidarietà vera o semplice facciata per placare le proteste interne?
Tornando al cuore della manifestazione aquilana, è qui che emerge lo spirito critico dell’iniziativa. Non si tratta di un evento isolato, ma di un tassello in una rete di mobilitazioni abruzzesi che, da mesi, gridano “Stop al genocidio! Palestina libera!”. La CGIL, con il suo radicamento operaio, unisce la lotta per i diritti locali a quella per i diritti umani globali, ricordando che “la solidarietà non si arresta, nemmeno in Abruzzo”. Adesioni come quelle del Partito Democratico e di Sinistra Italiana sottolineano il messaggio: anche la politica locale deve interrogarsi sul proprio ruolo. “Aderiamo convintamente”, affermano i democrat aquilani, “perché Gaza è una ferita aperta per l’umanità intera”.
Ma guardiamo oltre il coro unanime: è sufficiente marciare o manifestare in piazza per cambiare le cose? La critica non può fermarsi alla condanna. I media italiani, ad esempio, dedicano spazio esiguo a questi eventi rispetto al clamore per altri fronti geopolitici. E mentre la flotta Sumud affronta droni e minacce, quanti abruzzesi o italiani sanno che una loro connazionale è tra le imbarcazioni colpite? Questa manifestazione ci interroga: la nostra “preoccupazione” è autentica?
Mentre la gente si raduna con striscioni che echeggiano “Palestina libera”, l’appello è chiaro: Gaza ci riguarda perché è lo specchio delle nostre ipocrisie. La Flottiglia Sumud non è solo barche nel mare, ma un ponte tra il Nord e il Sud del mondo, tra chi ha il privilegio di protestare e chi lotta per sopravvivere. Criticamente, questa mobilitazione ci spinge a chiederci: quanto siamo disposti a pagare per la giustizia? L’Italia, con le sue navi in mare, ha un’opportunità unica per guidare un cambio di rotta. Ma senza pressione dal basso, rischia di affondare nell’immobilismo.
Oggi, alla villa comunale, L’Aquila ha scelto di non distogliere lo sguardo. Che sia l’inizio di un movimento più ampio, capace di trasformare l’indignazione in politica reale. Perché, come recita lo slogan, Gaza ci riguarda. E ignorarla significa tradire noi stessi.