04 Ottobre 2025 - 05:52:21

di Martina Colabianchi

«Cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, inferno non è, e farlo durare, e dargli spazio».

Lo scriveva Calvino, e così inizia con due citazioni letterarie questo editoriale, perché per raccontare sentimenti universali si ha bisogno di parole universali.

Ora che la Global Sumud Flotilla è stata abbordata dai soldati israeliani, si potrebbe pensare, e qualcuno lo ha fatto, che sia fallita una missione umanitaria che, agli occhi di molti cittadini che sentono addosso il peso dell’impotenza, ha smosso mare e coscienze. Ma non è stato così, e lo dimostrano le piazze riempitesi spontaneamente di persone di ogni età e di ogni credo politico, di chi non era mai sceso in strada con una bandiera in mano.

Perché quando il male è troppo forte, quando è così evidente, il bene reagisce e non va a comando, non ha bisogno di istruzioni. Gaza è diventata per molti il simbolo dell’ingiustizia, del male contro il bene perché male e bene esistono e si può scegliere da che parte stare. Se qualcuno non lo avesse capito, guardando la Striscia ridotta ad un cumulo di macerie e bambini, uomini e donne morire sotto quelle bombe che cercavano i terroristi di Hamas, basta guardare e, se non basta, riguardare ancora le immagini di quelle imbarcazioni abbordate da soldati armati fino ai denti, contro dei civili che portavano cibo agli affamati. Riconoscere ciò che inferno non è, perché non tutto è uguale.

Neanche nell’era dell’appiattimento di tutto, quando da uno smartphone tutto ci appare equidistante e, per molti versi, vorrebbero farci credere che è così. Che basta scrollare con il pollice della mano e l’immagine di un bambino che muore di fame scompare, e si passa oltre, ad una ricetta, ad uno sketch comico. Che manifestare non serve, che chi sciopera vuole farsi il “weekend lungo”, che bisogna attendere i governi e non provocare, che in fondo il Medio Oriente è lontano e non ci riguarda.

Ma se l’umano esiste, se esiste un senso del “tutto” e non solo del “mio”, allora è capace ancora di sentire e di scandalizzarsi per un sopruso, di aprire gli occhi davanti alla ciclicità della storia che torna, come mai avremmo pensato, con tutta la sua brutalità.

E allora la Flotilla ci ha dimostrato che quelle coste sono vicine, che un altro modo di fare politica, vera, è possibile. Lo ha fatto con una mobilitazione che ha visto coinvolti 44 Paesi diversi, anche se chi l’ha spesso attaccata l’ha fatto definendola un “dispetto” per chi governa il nostro, di Paese. Un Paese che non ha mai scelto, realmente, con la nettezza che un popolo pretende dai propri governanti, da che parte stare. Ma il bene è netto, spudorato e senza vie di mezzo, come il male. E si può scegliere da che parte stare. E se il mondo è concentrato su un piano di pace che non nomina, neppure per un momento, l’esistenza di uno Stato di Palestina, se il nostro governo non ha ancora il coraggio di riconoscere simbolicamente il diritto di un popolo ad essere visto, allora quella bandiera sventolerà in tutta l’Italia, in tutto il mondo, e a portarla saranno le persone comuni, gli oppressi, i ragazzi, chi non vuole essere complice di ciò che oggi ci è concesso di conoscere tramite lo schermo dei nostri device, quando ai giornalisti è permesso di fare il loro lavoro, e molti sono stati uccisi per questo.

Le persone in piazza sono l’equipaggio di terra di quella Flotilla che concretamente ha scelto una rotta e l’ha seguita, senza chiedere il permesso. Il bene contro il male.

Sì, questo è un uomo.