23 Ottobre 2025 - 11:15:09

di Vanni Biordi

Si è svolta a L’Aquila, nella simbolica sala conferenze di Palazzo Margherita d’Austria, un evento che ha unito la memoria della lotta alla mafia con la stringente attualità del disagio giovanile.

La conferenza di presentazione dell’iniziativa “Sbullizziamoci, scegli il coraggio, scegli il rispetto“, si inserisce nel contesto della XXXIII edizione del prestigioso Premio nazionale Paolo Borsellino. La scelta della sede, Palazzo Margherita, storica “Casa degli aquilani” e simbolo di rinascita dopo il sisma del 2009, sottolinea la centralità delle istituzioni e della città come fulcro di dibattito civico e morale.

Associare il nome di Paolo Borsellino, icona dell’impegno civile e della legalità, al fenomeno del bullismo e del cyberbullismo non è affatto casuale. Gli organizzatori hanno inquadrato la lotta alla prevaricazione giovanile non solo come una questione educativa, ma come una moderna declinazione della battaglia per la giustizia e contro ogni forma di sopraffazione. Il bullismo, secondo gli esperti, è ormai una vera e propria questione di legalità, rispetto e responsabilità civica, che deve essere affrontata con la stessa serietà dell’antimafia.

Il titolo stesso dell’evento, “Sbullizziamoci, scegli il coraggio, scegli il rispetto”, è un manifesto etico. “Sbullizziamoci” è un neologismo che trasforma l’azione negativa in un imperativo positivo di liberazione. “Scegli il coraggio” è un appello rivolto a tutti: alle vittime, incoraggiate a parlare; ai testimoni, invitati a rompere l’omertà sociale; e ai bulli stessi, affinché trovino la forza di cambiare rotta. “Scegli il rispetto” è, infine, il fondamento di ogni convivenza civile, la bussola etica riaffermata nel contesto scolastico e digitale. L’uso di un linguaggio diretto mira a coinvolgere attivamente le nuove generazioni, rendendo i concetti di legalità e antimafia pertinenti alle loro sfide quotidiane.

«Coraggio e rispetto sono due dei valori fondamentali dell’Arma dei Carabinieri, che da sempre sono vicini ai cittadini e in particolar modo alle cosiddette fasce deboli, tra cui i ragazzi vittime di cyberbullismo – dichiara Luigi Vaglio, Tenente Colonnello del Comando provinciale dei Carabinieri dell’Aquila –. L’Arma dei Carabinieri è in prima linea per la loro tutela, ed è al fianco dei cittadini per favorire la cultura della legalità sia in un’ottica preventiva, come in questi incontri, sia in ottica repressiva quando i cittadini si rivolgono a noi nelle oltre 60 caserme presenti in provincia dell’Aquila».

L’iniziativa ha offerto una prospettiva a più livelli, grazie agli interventi di figure istituzionali e tecniche. L’assessore Ersilia Lancia, presente, ha garantito l’appoggio istituzionale, legando il tema al tessuto civico e alla responsabilità delle amministrazioni locali. Un elemento cruciale e moderno è stato l’intervento dell’informatico Giammaria De Paulis. L’esperto ha posto il focus sul cyberbullismo e sui rischi della rete, proponendo strategie di prevenzione e intervento tecnico per affrontare un problema che oggi si amplifica soprattutto attraverso social media e piattaforme digitali. L’abbinamento delle due figure ha voluto testimoniare la necessità di un approccio che sia al contempo etico-civico e tecnico-pragmatico.

«Il cyberbullismo si combatte innanzitutto usando la testa, che è fondamentale – dichiara De Paulis -. Qualsiasi azione che facciamo con gli strumenti digitali, ma anche nel mondo reale, è sempre in funzione di quello che il nostro cervello ci stimola a fare. Quindi, bisogna creare una grande cultura del rispetto nei confronti di se stessi e degli altri, e in particolar modo nei confronti dell’utilizzo degli strumenti digitali i quali, a volte, tendono a nascondere che dietro il monitor ci sono delle persone. Bisogna aiutare l’intera comunità ad intervenire, dai genitori, ai docenti e alle scuole, deve essere una società intera che si muove perché quello che sta facendo l’informatica non sta cambiando solo un modo di lavorare e studiare, ma un’intera società».

Un momento particolarmente significativo è stato l’intervento di Don Antonio Coluccia, prete vocazionista e garante del Premio Borsellino. Noto per la sua dedizione al recupero dei giovani e alla promozione della legalità, Don Antonio opera da anni in quelle che definisce le periferie romane più “calde” e nelle piazze di spaccio, dal Quarticciolo a Tor Bella Monaca, territori dove il diritto di scelta è minato. Nonostante minacce e aggressioni subite, frutto del suo impegno senza sconti, Don Coluccia non si tira indietro, spiegando il suo credo con una frase semplice e potente: «Non c’è rischio senza Vangelo, né Vangelo senza rischio».

Il suo obiettivo è intercettare il grido d’aiuto dei ragazzi, spesso tramite le madri, offrendo loro una via d’uscita. Per avvicinare i più giovani, il sacerdote usa un approccio diretto e concreto, portando con sé un pallone per giocare con loro, esortandoli a cambiare vita.

In buona sostanza, la conferenza a Palazzo Margherita d’Austria si è configurata come un’iniziativa che ha saputo unire memoria storica e impegno contemporaneo, usando i valori della legalità e del coraggio civico come strumenti per educare al rispetto nell’era digitale. Un messaggio forte, che parte da L’Aquila e si proietta sul futuro delle nuove generazioni.