28 Ottobre 2025 - 17:15:05

di Vanni Biordi

La questione Dogane accende lo scontro politico all’Aquila. La recente e burrascosa sessione del Consiglio Comunale aquilano ha lasciato dietro di sé una scia di velenose recriminazioni incrociate tra il blocco di maggioranza e le forze di minoranza.

La causa scatenante è stata la controversia seguita allo scontro relativo al futuro dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli in città. L’episodio ha fatto emergere profonde fratture politiche e istituzionali, culminate nel rinvio della seduta per mancanza del numero legale.

Durante una conferenza stampa che si è tenuta, questa mattina, a Palazzo Margherita il giorno successivo al Consiglio comunale, gli esponenti della minoranza hanno aperto le ostilità, riferendo che la maggioranza avrebbe bollato il loro atteggiamento come irrispettoso. Il fulcro della contesa resta il paventato declassamento della sede aquilana dell’Agenzia delle Dogane, che dal 1° novembre è destinata a perdere il suo status dirigenziale per diventare una semplice sezione territoriale, subordinata alla sede regionale di Pescara. Un destino che farebbe dell’Aquila, unica in Italia tra i capoluoghi di regione, una città penalizzata da una riorganizzazione ministeriale del marzo 2024.

I consiglieri di opposizione hanno ribadito la legittimità della loro protesta, sottolineando come essa trovi fondamento nello stato di agitazione proclamato dai sindacati in difesa dei lavoratori dell’Agenzia. Ciò confermerebbe il significato del drappo di protesta esposto nell’aula consiliare e successivamente rimosso. Il silenzio da parte del governo locale su questa grave marginalizzazione è stato definito «assurdo».

La minoranza ha poi mosso precise contestazioni sulle dinamiche consiliari. Hanno raccontato di come la maggioranza fosse inizialmente assente, costringendo il presidente Santangelo a cercare affannosamente i numeri per avviare la seduta. La polemica si è intensificata quando il consigliere Romano ha interpellato direttamente il primo cittadino: invece di fornire risposte concrete sul destino dell’Agenzia delle Dogane, il sindaco avrebbe tenuto un monologo dai toni accesi, criticando gli assenti e non fornendo chiarimenti.

La consigliera Stefania Pezzopane ha espresso un forte sospetto, ipotizzando che la reticenza del sindaco nasconda una tacita intesa politica tra L’Aquila e Pescara a danno del capoluogo. Ha inoltre ricordato che, anche in presenza di un «governo amico», la sua precedente amministrazione non avrebbe esitato a manifestare il dissenso, a differenza dell’attuale immobilismo.

Il consigliere Paolo Romano ha enunciato le richieste esplicite delle opposizioni: una proroga all’entrata in vigore della riforma (prevista per il 1° novembre) e, successivamente, un impegno congiunto di tutte le forze politiche per mitigare gli effetti del declassamento e risolvere una situazione che aggrava la condizione di un territorio ancora in fase di ripresa post-sisma. Un ulteriore arretramento istituzionale, infatti, mina le prospettive di rilancio economico dell’area.

La Pezzopane ha lanciato un monito: se il sindaco Biondi non si attiverà immediatamente chiedendo un decreto d’urgenza al Presidente del Consiglio Meloni, sarà ritenuto direttamente responsabile del pregiudizio arrecato alla città.

Di contro, le dichiarazioni dei vertici della maggioranza delineano una prospettiva diametralmente opposta. Già in precedenza, avevano rilasciato una nota per stigmatizzare il comportamento a loro dire irrispettoso e di disturbo della minoranza, accusandola di aver reiteratamente interrotto e insultato il primo cittadino.

Leonardo Scimia, capogruppo di Fratelli d’Italia, ha voluto chiarire che il successivo abbandono dell’aula da parte della maggioranza, che ha fatto saltare il numero legale, non è stato dovuto a una carenza di presenze, bensì a un gesto di protesta esplicita contro l’atteggiamento ritenuto inaccettabile delle opposizioni.

Il gruppo di minoranza in Consiglio comunale è dominato dalla preoccupazione per la perdita di un presidio istituzionale e di competenze dirigenziali. Il declassamento dell’ufficio a semplice sezione territoriale, con dipendenza da Pescara, viene percepito dall’opposizione come un ennesimo arretramento istituzionale ed economico per l’Aquila, l’unico capoluogo di regione in Italia a subire tale sorte. Questa marginalizzazione è vista in netto contrasto con le necessità di rilancio post-terremoto della città.

La polemica va oltre la questione amministrativa e si trasforma in un aspro scontro tra maggioranza e opposizione. L’opposizione accusa il sindaco e la maggioranza di centrodestra, in linea con il Governo nazionale, di inerzia o, peggio, di connivenza-scambio politico con il sospetto dell’accordo L’Aquila-Pescara, mettendo in discussione la sua capacità di difendere gli interessi del capoluogo.
La vertenza sindacale dei lavoratori con lo stato di agitazione fornisce una legittimazione esterna e popolare alla protesta politica dell’opposizione, trasformando la loro azione in aula da semplice ostruzionismo a difesa di una battaglia sociale e territoriale “profondamente giusta”.

Tutto questo evidenzia una profonda rottura delle relazioni istituzionali, con accuse di irrispetto reciproco, assenze strategiche, secondo le opposizioni, come la mancanza del numero legale, la fuga della maggioranza e il mancato confronto, con il Sindaco criticato per aver fatto un “comizio” anziché fornire risposte.

La vicinanza della data del 1° novembre, che rende effettiva la riforma, impone un’azione immediata con la minoranza che propone la richiesta di proroga o decreto. Questo fattore tempo accresce la tensione e spinge l’opposizione a polarizzare lo scontro.