07 Novembre 2025 - 19:06:02
di Redazione
Pubblichiamo di seguito il contributo della Professoressa di Restauro dell’architettura, presso il Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile-Architettura e Ambientale (DICEAA) dell’Università degli Studi dell’Aquila, Carla Bartolomucci
Qualche anno fa è stato pubblicato, come esito di un accordo di collaborazione con il Comune dell’Aquila, Settore Ricostruzione Pubblica, un libro dal titolo “Giardini di pietre. Il Cimitero monumentale dell’Aquila” sulla storia del cimitero monumentale, sulle architetture che lo caratterizzano e la relazione con il paesaggio urbano.
Curato da chi scrive insieme a Simonetta Ciranna, edito da Textus Edizioni (2021), il libro intendeva promuovere la conoscenza di un sito monumentale tuttora trascurato, attraverso esperienze didattiche svolte nei laboratori progettuali di Storia dell’Architettura e di Restauro Architettonico nel Corso di Laurea magistrale in Ingegneria edile-Architettura dell’Università dell’Aquila.
Di cimiteri si parla, generalmente, solo a novembre ma in realtà lo scopo di quel lavoro era quello di “saper vedere” quel luogo in modo diverso e inusuale (al di là della sua funzione pratica), riconoscerne i valori e le potenzialità per la città di oggi, leggerne le relazioni con il contesto e lo sviluppo urbano, condividere nuove proposte per la città attuale.
Le complesse vicende legate alla sua costruzione, i progetti, le realizzazioni, i cambiamenti nel tempo, i problemi di conservazione delle architetture e del luogo stesso – che stenta ad essere percepito per i suoi molteplici valori culturali e ambientali – sono state occasione preziosa per ragionare sul significato della conservazione, sui modi in cui questa può realizzarsi, sul senso del tempo (che è irreversibile e non può essere cancellato), sulla necessità di conoscere per “valorizzare” (che significa, prima di tutto, comunicare i valori).
Inoltre, quello studio evidenzia le trasformazioni della città, che era contenuta entro le mura quando il cimitero veniva realizzato (a una distanza stabilita per legge), ma che oggi è circondato e incluso nell’abitato, così da poter essere considerato un parco urbano (come in molte città europee), se si avesse la sensibilità per vederlo come un’eredità culturale e un giardino storico.
Oggi si parla molto di patrimonio culturale e del valore che questo ha per la società contemporanea, tanto da affermare la responsabilità collettiva per la sua difesa e il diritto di beneficiarne nella Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società (nota come Convenzione di Faro).
Questa responsabilità e questo diritto non possono essere esercitati nell’ignoranza, cioè senza conoscere cos’è il patrimonio e perché lo consideriamo tale. La mancata conoscenza produce danni, sia materiali che immateriali, spesso in modo inconsapevole.
L’attuale soppressione del tracciato urbano che conduceva al complesso di Santa Maria del Soccorso ne è un esempio; il tracciato rettilineo che raggiungeva quell’importante chiesa quattrocentesca è ben evidente nelle carte storiche, come la planimetria del 1858 (dettaglio riportato sopra).
Essa mostra la città con gli spazi verdi entro le mura e il territorio intorno, insieme alle strade e i percorsi allora esistenti. La strada diritta, poi evidenziata dai filari alberati di cipressi, è proprio quella su cui è poi sorta la caserma Rossi (via Giovanni Parrozzani); questo percorso oggi è annientato dalla nuova rotatoria in corso di realizzazione.

Il raccordo curvilineo con la strada che conduce a Porta Castello (oggi viale Tagliacozzo) corrisponde all’inizio dell’attuale viale Alcide de Gasperi, quasi in prossimità del Torrione. Dunque, la via che oggi porta al cimitero è nella parte iniziale una deviazione dal tracciato storico rettilineo poi ripreso più avanti (vedi foto aerea da Google Earth, in cui è evidenziato il percorso rettilineo della cartografia storica).
Quell’antico tracciato – ancora visibile fino a poco tempo fa, lungo la via che costeggiava la caserma (peraltro isolato dal traffico, protetto e ombreggiato da una fitta alberatura) – oggi è stato cancellato, insieme a una significativa parte degli alberi stessi.
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